Le vere e ‘scomode’ ragioni della migrazione Africa-Europa

Con stipendi che – rispetto agli standard europei – sono da povertà assoluta, come fanno i migranti dall’Africa nera e dal Medio Oriente a venire in Italia, pagando migliaia di euro per i loro viaggi?

In Costa d’Avorio, uno dei Paesi africani da cui i migranti partono alla volta dell’Italia, lo stipendio medio è meno di 200 euro al mese; secondo un articolo di euractiv.com, il costo per il viaggio sarebbe di circa 2 mila 300 euro: l’equivalente di due anni di stipendio.
In Somalia lo stipendio medio è tra i 250 e i 300 euro, e il viaggio – ricostruisce il quotidiano britannico Guardian – costa 2 mila 850 euro.
Costa d’Avorio e Somalia sono due nazioni tra loro molto diverse: la Costa d’Avorio è un Paese florido, per gli standard sudafricani; mentre la Somalia è luogo infernale: considerato il Paese più corrotto al mondo, è dilaniato da una guerra civile lunga 27 anni ed è teatro di crimini e violazioni dei diritti umani che non risparmiano nemmeno donne e bambini.

Nei dibattiti politici italiani, di solito prevale l’idea che i migranti vengano in Italia o in Europa per fuggire dalla guerra, o per non morire di fame.
Ma la fuga dalla guerra o da un Paese disastrato è una realtà se si parla, ad esempio, di Siria e Afghanistan. In questi casi un migrante può essere disposto a tutto: vendere la casa, o lavorare, essere sfruttato dai trafficanti durante il viaggio. Ma la verità è che, la quasi totalità dei migranti abbandona il Paese d’origine semplicemente per migliorare la propria condizione economica.

A onor del vero, sebbene ormai la parola ‘migranti’ faccia pensare a barconi malsicuri, oggi la maggior parte delle persone che emigrano in Italia provengono da Romania, Albania e Cina e viaggiano comodamente. Proprio come gli italiani che si trasferiscono in Germania, per avere migliori possibilità di lavoro: è un Paese vicino, di cultura non troppo differente, e più prospero. Lo stesso vale per l’Italia, dal punto di vista degli albanesi o dei rumeni.
La differenza culturale con la Cina, invece, è maggiore, e il discorso più complesso: l’economia cinese non è affatto meno sviluppata della nostra ma ha un Pil pro capite notevolmente inferiore. Inoltre i cinesi trovano facilmente lavoro in Italia, considerato che i loro ristoranti sono ‘apprezzati’ e convenienti. E, non ultimo, spesso i proprietari sono disposti anche a dormici dentro, insieme ai dipendenti.

Ma gli africani, sebbene non costretti da guerre o povertà assoluta, non arrivano in Italia in comodi aerei. Spesso sono i migranti, appunto, della Costa d’Avorio e della Somalia.
Gli esperti spiegano che queste persone che sbarcano in Italia partendo dai Paesi dell’Africa Nera, appartengono ai ceti medio e alto. La ragione per cui vengono in Italia o in Europa, è il desiderio di migliorare la propria istruzione o situazione finanziaria. E dal loro punto di vista, non ci stanno affatto invadendo: in Africa solo il 2,5 percento della popolazione migra, e di questi, i due terzi lo fanno da un Paese dell’Africa all’altro.
Il terzo rimanente non viene certamente tutto in Italia. Non si può dire quindi che, per gli africani, la fuga in Italia o in Europa costituisca un fatto da prima pagina dei giornali. Anzi, è un fenomeno di ‘nicchia’. Un po’ come la Germania, che non è invasa da italiani disperati: piuttosto, sono gli italiani che hanno un minimo di mezzi economici e culturali quelli che decidono di trasferirsi all’estero.

Inoltre, secondo la docente di Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università di Torino, Anna Bono – intervistata da Libero – gli africani non sarebbero ben informati sulla pericolosità dei viaggi, né avrebbero idea del fatto che in Italia non sia per nulla semplice ottenere lavoro.
In Africa, infatti, c’è «una percentuale di popolazione giovane, convinta che l’Occidente sia talmente ricco che basti arrivarci per fare fortuna». E, paradossalmente, questa falsa idea rischia di potenziarsi, se l’Europa aiuta economicamente l’Africa.

Anche numerosi degli studiosi che a ottobre 2017 hanno partecipato a una conferenza per presentare il nuovo rapporto dell’Ipsi sull’immigrazione, hanno fatto notare che la strategia di ‘aiutarli a casa loro’ rischia persino di far aumentare gli sbarchi.
Infatti, le persone tendono a migrare, non quando sono all’apice della disperazione economica, ma quando raggiungono un certo benessere, quando, cioè, hanno mezzi economici e culturali sufficienti per sognare di migliorare la propria condizione: «L’inizio di un nuovo ciclo di sviluppo provoca nuove migrazioni – ha spiegato infatti Maurizio Ambrosini, consulente di Ipsi, durante la discussione – perché le aspirazioni si muovono più in fretta delle possibilità concrete».

Di conseguenza diventa ovviamente cruciale che gli africani vengano in qualche modo informati della situazione economico-sociale tutt’altro che idilliaca dell’Europa. E delle condizioni terribili dei cosiddetti viaggi della speranza. In proposito, la professoressa Bono non usa mezzi termini: «Non so quanto sia chiara in Africa la consapevolezza di questi rischi. E in effetti un modo per diradare il flusso di partenze, sarebbe promuovere campagne informative in loco sui pericoli e i costi del viaggio, e su cosa ci si deve aspettare una volta arrivati in Europa, in termini di disoccupazione giovanile e reali opportunità d’ impiego […] Lo scorso settembre è partita dal Gambia una ragazzina di 19 anni: era il portiere della nazionale femminile di calcio. È annegata nel Mediterraneo. Chi la conosceva era sconvolto: quella giovane donna aveva realizzato in patria il sogno di molte ragazzine, eppure se ne era andata lo stesso, senza dir niente a nessuno. Sempre dal Gambia a novembre, è partito un famoso wrestler. Anche lui è morto in mare. Eppure guadagnava bene, e aveva ammiratori anche fuori confine, in Senegal. Si vede che qualcuno gli avrà messo in testa che, se in Gambia era famoso, in Europa sarebbe diventato milionario».

 
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