Le ambasciate in Cina dovrebbero occuparsi dei prigionieri di coscienza, secondo un’ass. diritti umani

Di Frank Fang; Eva Fu

I diplomatici che si trovano presso le ambasciate degli Stati membri delle Nazioni Unite in Cina dovrebbero visitare i prigionieri di coscienza del regime comunista, in particolare gli aderenti al Falun Gong, secondo un’organizzazione per i diritti con sede in Germania.

La Società per i Popoli Minacciati (Stp) ha presentato una dichiarazione scritta al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (Unhrc) alla fine del mese scorso, prima dell’inizio della 55a sessione regolare dell’organismo delle Nazioni Unite, cominciata il 26 febbraio e che si concluderà il 5 aprile. La dichiarazione si è concentrata sulla persecuzione in corso da parte del regime cinese nei confronti dei praticanti del Falun Gong e sulle preoccupazioni già espresse dai governi e dal Parlamento europeo.

L’organizzazione ha chiesto all’Unhrc di condannare pubblicamente la persecuzione del Falun Gong e di sollecitare il Partito Comunista Cinese (Pcc) a porre fine alla persecuzione di tutti i prigionieri di coscienza, compresi tibetani, uiguri e attivisti per i diritti umani.

Ha inoltre invitato le ambasciate a collaborare alle indagini sul prelievo forzato di organi da parte del regime cinese nei confronti dei prigionieri di coscienza.

L’organizzazione ha sottolineato che da quando il Pcc ha preso il potere nel 1949, il Partito «ha cercato di controllare i pensieri del popolo cinese, portando avanti una campagna dopo l’altra per eliminare la diversità ideologica».

Secondo quanto scritto dalla Stp, dato il suo desiderio di controllo ideologico, il Pcc ha iniziato a prendere di mira gli aderenti al Falun Gong per sradicarli nel luglio 1999, nonostante la pratica spirituale si incentri sul «miglioramento del carattere dell’individuo e non sull’attivismo per dei cambiamenti sociali».

La Stp ha spiegato la necessità che l’Unhrc prenda provvedimenti immediati, visto che le atrocità sui diritti umani di cui sono vittime i praticanti del Falun Gong «sono continuate senza sosta» fino ad oggi.

«Nel 2023, il numero di morti di praticanti del Falun Gong documentate da fonti del Falun Gong ha superato i 5.000, ma si ritiene che questo numero sia solo la punta dell’iceberg», ha scritto la Stp. «Una risposta coordinata e globale alla campagna cinese contro i praticanti del Falun Gong è attesa da tempo».

Il Falun Gong, noto anche come Falun Dafa, è una disciplina spirituale che incoraggia i suoi aderenti a vivere secondo i principi di verità, compassione e tolleranza. Nel 1999, la pratica era diventata enormemente popolare in Cina, con 70-100 milioni di persone che l’avevano intrapresa, secondo le stime ufficiali.

L’allora leader del Pcc Jiang Zemin ha lanciato la persecuzione nel luglio di quell’anno, emanando un ordine che i funzionari del Pcc hanno seguito da allora: «Rovinare la loro reputazione, mandarli in bancarotta finanziariamente e distruggerli fisicamente».

Persecuzione capillare

Da allora, il Pcc ha inviato con la forza centinaia di migliaia di praticanti del Falun Gong in centri di detenzione, prigioni, reparti psichiatrici e altre strutture, sottoponendoli a lavori forzati, torture, lavaggio del cervello e altri trattamenti inumani. Molti sono diventati vittime del prelievo forzato di organi, trattati come una «banca di organi» vivente che permette agli ospedali cinesi di offrire tempi di attesa brevi per abbinare gli organi ai pazienti.

La Stp ha identificato un praticante del Falun Gong attualmente incarcerato in Cina, Ding Yuande, e ha detto che l’Unhrc dovrebbe chiedere il suo «rilascio immediato e incondizionato».

Il signor Ding, un agricoltore di tè, è stato arrestato con sua moglie e almeno altri 70 praticanti del Falun Gong nella provincia cinese dello Shandong nel maggio 2023. A dicembre è stato condannato a tre anni per la sua fede.

A gennaio, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che chiede il rilascio del signor Ding e di tutti i praticanti del Falun Gong in Cina. La risoluzione esortava inoltre l’Unione Europea e i suoi Stati membri a imporre sanzioni contro i responsabili degli abusi sui trapianti di organi in Cina.

«Questa risoluzione è di vitale importanza perché non solo illustra chiaramente gli orrori della brutale campagna del Partito Comunista Cinese contro il Falun Gong, ma chiede anche misure decisive per indagare su queste atrocità e punire i responsabili», ha dichiarato il 19 gennaio il portavoce del Falun Dafa Information Center, Zhang Erping.

«E fa tutto questo sfidando la coercizione politica del Pcc e i tentativi di diffondere la disinformazione sul Falun Gong».

Il figlio del signor Ding, Ding Lebin, che attualmente vive a Berlino, ha dichiarato a Epoch Times il 1° marzo che spera che il Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani Volker Turk e l’Unhrc si esprimano contro i crimini del Pcc, seguendo l’esempio del Parlamento europeo.

«Il Pcc ha cercato di coprire e dissimulare i suoi crimini contro l’umanità (il prelievo forzato di organi su larga scala contro i praticanti del Falun Gong) attraverso il Consiglio per i diritti umani dell’Onu», ha dichiarato il giovane Ding.

«I Paesi democratici occidentali ora vedono chiaramente che l’esistenza stessa del Pcc è una grande minaccia per l’umanità, la libertà e lo Stato di diritto».

All’inizio di quest’anno, diversi membri dell’Unhrc, tra cui la Cina, sono stati sottoposti a un processo di revisione tra pari, chiamato revisione periodica universale. Secondo la Stp, il regime cinese, nel rapporto che ha presentato per la revisione, «non ha menzionato la sua persecuzione del Falun Gong e ha continuato a minimizzare i suoi abusi contro gli uiguri e i tibetani, fatti passare per mezzi legittimi per contrastare il terrorismo o mantenere la stabilità politica».

Nella sua dichiarazione, la Stp raccomanda anche che l’Unhrc «condanni pubblicamente gli abusi sui trapianti di organi in Cina, nomini un relatore speciale sul prelievo forzato di organi di prigionieri di coscienza viventi in Cina e istituisca un tribunale penale internazionale per il prelievo forzato di organi in Cina».

 

Articolo in lingua inglese: Foreign Embassies in China Should Reach Out to Prisoners of Conscience: Rights Group

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