Il Canto di natale di Charles Dickens

Nonostante oggi sia considerato un gigante della letteratura dell’epoca Vittoriana, verso la fine del 1843 il trentunenne Charles Dickens era molto preoccupato per il suo futuro: il suo ultimo romanzo non vendeva bene, era senza soldi e la moglie era incinta del quinto figlio.
Dickens aveva da poco visitato la città industriale di Manchester, un’esperienza che lo aveva toccato profondamente per le orrbili condizioni in cui vivevano i poveri: sapeva bene, e per esperienza personale, perché da piccolo aveva subito l’umiliazione dell’incarceramento per debiti del padre.

In un primo momento, intendendo dare voce ai poveri in qualità di scrittore, Dickens scrisse una storia sul riscatto di un vecchio avaro, credendo che avrebbe raccolto maggior attenzione e approvazione dal pubblico.
Oggi quella storia – Il Canto di Natale (A Christmas Carol) – è diventata probabilmente la più famosa tra quelle di Dickens, ha avuto numerosi adattamenti e non è mai andata fuori stampa.

La storia inizia alla Vigilia di natale. “L’avido, pidocchioso, esoso, vecchio avaro peccatore” Ebenezer Srooge sta lavorando nel suo ufficio; ha appena cacciato via due volontari che chiedevano elemosina per i poveri, ha respinto malamente l’invito di suo nipote alla cena di natale e rimprovera il suo sottopagato contabile, Bob Cratchit, per avergli chiesto un giorno di ferie retribuite per natale.

La sera a casa, Scrooge riceve la visita del fantasma del suo vecchio socio, Jacob Marley, morto esattamente sette anni prima alla Vigilia di natale. Marley, che è ora ridotto a girovagare per il mondo trascinandosi dietro le pesanti catene generate dalla sua stessa avidità, mette in guardia Scrooge del fatto che lo attende la stessa sorte se non ascolta i tre spiriti che verranno a fargli visita nel corso della notte.

Il primo è il Fantasma dei natali passati, e portando indietro Scrooge a situazioni vissute all’inizio della sua vita, gli ricorda che una volta era una persona più gentile e a modo.
Alla sua vecchia scuola, rivive cosa significhi passare le feste da solo finché non viene recuperato dalla sorella. Poi visita la festa di natale del suo datore di lavoro, il sig. Fezziwig, che a dispetto dei propri mezzi limitati vive in pieno il senso della celebrazione.
Poi vede se stesso giovane con la sua fidanzata di allora, Belle, cui si era dichiarato devoto per il resto della sua vita, prima di diventare preda dell’amore per il denaro. Belle alla fine rompe il fidanzamento e sposa un altro, alla cui riunione di famiglia natalizia il fantasma porta Scrooge.

Il fantasma del natale presente porta velocemente Scrooge attraverso diverse celebrazioni del natale, per arrivare poi a casa di Fred, che difende strenuamente lo zio dalle critiche generali, preferendo la comprensione alla condanna.
Scrooge si ritrova alla modesta cena natalizia della famiglia Cratchit, dove conosce il Piccolo Tim, il figlio più piccolo che è gravemente malato, e scopre che se non succede qualcosa questo sarà l’ultimo natale del bambino.
Infine il fantasma mostra a Scrooge due fantasmi: Ignoranza e Bramosia, che scimmiottano Scrooge quando poco prima diceva preoccupato «non ci sono le prigioni? Non ci sono gli ospizi?»

Il Fantasma del natale futuro mostra a Scrooge il natale dell’anno successivo, dove vede diverse persone che commentano la morte di un «miserabile»: un uomo d’affari dichiara che parteciperà al funerale solo se ci sarà da mangiare, mentre diverse persone vendono degli oggetti rubati dalla casa dell’uomo. Le uniche persone che mostrano un emozione sono i debitori, che ora hanno più tempo per saldare. Poi torna a casa Cratchit, dove la famiglia si dispera perché il piccolo Tim è morto, e infine arriva davanti a una tomba abbandonata, su cui con grande orrore vede il nome di Ebenezer Scrooge.

Svegliatosi la mattina di natale, Scrooge capisce che c’è ancora tempo di fare qualcosa: manda un tacchino come premio ai Cratchit, concede un aumento a Bob e diventa un secondo padre per il Piccolo Tim.
Quello che una volta era un vecchio e miserabile avaro dal cui cuore non era mai uscito un gesto benevolente, diventa un buon amico, un buon capo, un buon uomo apprezzato in tutta la città.

Alcuni lo deridono per il cambiamento avvenuto, ma lui è felice di lasciarli ridere. E, da quel momento in poi “si disse che se esisteva un uomo capace di onorare il natale, quello era lui. Che lo stesso possa valere per tutti noi nessuno escluso e che – come disse il Piccolo Tim – che Dio benedica ognuno di noi!”

Un Canto di Natale è una favola di redenzione. Scrooge viene benedetto da una serie di visitazioni spirituali che lo mettono in condizione – attraverso diverse angolazioni spazio-temporali – di obbedire al dettame socratico ‘Conosci te stesso’.
Avendo preso visione in un lampo del corso di tutta la propria vita, Scrooge diventa capace – per la prima volta – di percepirne la vera direzione; prende coscienza del fatto che, nonostante la sua ricchezza aumenti, la sua avidità lo sta alienando da tutte le persone attorno, rendendolo buono per nessuno e una disgrazia per molti. E, nell’estremo tentativo di scrivere un diverso capitolo finale, Scrooge intraprende una nuova vita.

 

 
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