La decisione dell’Australia di affidare al Giappone la costruzione di undici fregate multiruolo, del valore di circa dieci miliardi di dollari, rappresenta un segnale rilevante sul piano della strategia militare e delle alleanze internazionali nella regione indo-pacifica. Si tratta della prima volta che Canberra sceglie un equipaggiamento militare prodotto da Tokyo, e la seconda in cui Tokyo esporta sistemi d’arma all’estero. Una svolta che riflette l’evoluzione delle dinamiche geopolitiche nell’area e la crescente importanza della cooperazione trilaterale tra Australia, Giappone e Stati Uniti.
La fregata scelta è la Mogami, progettata dalla Mitsubishi Heavy Industries, che ha superato la concorrenza tedesca, forte di una lunga esperienza nelle esportazioni. Secondo quanto dichiarato, la scelta è ricaduta sulla proposta giapponese in quanto ritenuta la più adatta a soddisfare rapidamente i requisiti operativi e le priorità strategiche delle Forze armate australiane, anche grazie alla capacità produttiva della Mitsubishi, in grado di costruire due unità all’anno, elemento cruciale per l’Australia. Un dato importante nella valutazione australiana riguarda inoltre la compatibilità delle nuove navi con i sistemi statunitensi, un’esigenza che si inserisce nella più ampia strategia di cooperazione tra alleati. L’attenzione verso l’efficienza operativa ha avuto un peso determinante, così come la possibilità di integrare nel tempo armamenti già in uso in Australia.
Il modello offerto prevede infatti una versione potenziata della Mogami con un dislocamento massimo di seimila 200 tonnellate (contro le cinquemila 500 della versione attuale). La nave è progettata per compiti che spaziano dalla sorveglianza al dragaggio di mine, ed è equipaggiata con sistemi avanzati per la guerra elettronica e sensori di ultima generazione. Dispone inoltre di un’autonomia fino a diecimila miglia nautiche, un sistema verticale di lancio da 32 celle e armamenti comprendenti missili superficie-aria e antinave.
Già in passato, tra il 2013 e il 2015, l’allora primo ministro Tony Abbott aveva avviato un piano per l’acquisto di sottomarini giapponesi con consegne previste a partire dalla metà degli anni 2020. Il progetto è stato interrotto alla fine del suo mandato, poiché il Giappone non aveva ancora avviato l’export di sistemi militari, e solo in seguito ha fornito apparecchiature radar alle Filippine. Il progetto sui sottomarini aveva inoltre ricevuto un sostegno politico meno forte rispetto all’attuale offerta della Mitsubishi.
Le prime tre unità verranno costruite nei cantieri Mitsubishi in Giappone, mentre le restanti saranno assemblate presso lo stabilimento di Henderson, nell’Australia Occidentale. Il programma consentirà di varare la prima nave australiana nel 2029, in tempi più rapidi rispetto alle fregate di progettazione britannica, la cui entrata in servizio è prevista intorno al 2032. Il nuovo progetto è concepito per garantire piena integrazione con le tecnologie impiegate dalle forze armate statunitensi, favorendo l’interoperabilità tra le marine di Australia, Giappone e Stati Uniti. È previsto un equipaggio di novanta persone, metà rispetto a quello richiesto dalle attuali fregate australiane. L’autonomia operativa stimata è pari a quarant’anni, con una conseguente riduzione dei costi di gestione sull’intero ciclo di vita, a compensazione di un prezzo iniziale più elevato, superiore del venti per cento rispetto all’offerta tedesca.
La competizione tra le due proposte è stata particolarmente serrata: la Germania ha cercato di valorizzare la propria esperienza nel settore, organizzando visite per la stampa presso i propri cantieri e criticando la limitata esperienza giapponese nel mercato internazionale della difesa. La settimana scorsa, a Canberra, il presidente della Mitsubishi, Seiji Izumisawa, ha presentato l’offerta finale alle autorità australiane, esprimendo l’interesse a rafforzare la cooperazione nei settori della difesa e dello spazio. In occasione di un ricevimento all’ambasciata giapponese, Izumisawa ha affermato: «Giappone e Australia sono Paesi che condividono valori comuni e possono contribuire in modo significativo alla prosperità della regione e del mondo attraverso una cooperazione più stretta in numerosi ambiti».
La scelta di Canberra appare dunque orientata non solo dalla necessità di sostituire una flotta obsoleta, ma anche da considerazioni di lungo periodo, legate alla stabilità dell’Indo-Pacifico e al rafforzamento di un’architettura di sicurezza condivisa con partner regionali. L’intesa con il Giappone rafforzerebbe un’alleanza già solida, confermando il ruolo crescente del Paese asiatico come attore strategico nella difesa regionale.
Takeshi Ishikawa, commissario dell’Agenzia per gli Appalti, la Tecnologia e la Logistica del ministero della Difesa giapponese, ha sottolineato che il rafforzamento della cooperazione trilaterale tra Giappone, Stati Uniti e Australia rappresenta oggi un elemento chiave per la stabilità della regione indo-pacifica. Un’evoluzione che segna anche un mutamento nell’approccio giapponese all’export militare, tradizionalmente limitato, ma oggi sostenuto da un contesto internazionale in rapido cambiamento.