Il ruolo dell’Iran nella partita a scacchi di Trump con la Cina

di Alex Wu/Giovanni Donato
20 Giugno 2025 9:08 Aggiornato: 4 Luglio 2025 14:27

La guerra tra Israele e Iran spaventa il regime cinese. L’escalation del conflitto sta infatti mettendo a rischio la fornitura alla Cina di petrolio iraniano a basso costo (da cui Pechino è fortemente dipendente) e l’accordo da 400 miliardi di dollari stipulato con Teheran. Un collasso del regime iraniano non solo infliggerebbe un duro colpo economico al regime comunista cinese, ma comprometterebbe anche la sua strategia imperialistica anti-occidentale, che vede nel Medio Oriente un avamposto fondamentale.

Attualmente, oltre il 90% delle esportazioni petrolifere iraniane è destinato alla Cina, che è il principale importatore di petrolio al mondo. Le esportazioni di greggio iraniano sono soggette a sanzioni internazionali, ma una miriade di piccole raffinerie cinesi continua a comprare petrolio iraniano sotto il prezzo di mercato. La Cina è praticamente l’unico acquirente del petrolio iraniano, il che pone Teheran in una posizione di totale impotenza nella determinazione del prezzo, al punto che un alto funzionario della Camera di Commercio iraniana ha definito il rapporto commerciale tra Cina e Iran «una trappola coloniale ottocentesca», sottolineando come Pechino non solo imponga i prezzi, ma detti anche le modalità di pagamento. Il petrolio iraniano viene infatti pagato in yuan anziché in dollari, costringendo quindi l’Iran a acquistare grandi quantità di merci cinesi e alimentando così una simbiosi economica sempre più marcata.

Negli ultimi giorni, Israele ha bombardato diverse infrastrutture petrolifere iraniane senza però causarne l’interruzione delle esportazioni. Ma se questo avvenisse, le raffinerie cinesi sarebbero costrette a comprare il petrolio altrove. E a prezzi di mercato. È evidente come questo sarebbe un duro colpo per la già malandata economia cinese, ormai abituata a anni di pacchia di petrolio a basso costo.

Ma il conflitto tra Israele e Iran potrebbe avere un impatto devastante anche perché il Partito comunista cinese negli ultimi anni ha investito molto in Iran, che ora deve alla Cina ingenti somme di denaro. «Metà del petrolio iraniano viene dato alla Cina per saldare i debiti, mentre l’altra metà è venduta a prezzi bassissimi», ha dichiarato a Epoch Times Usa il professor Zheng Qinmo, direttore del dipartimento di Diplomazia e Relazioni internazionali dell’Università Tamkang di Taiwan. In forza di questo, chiosa il professor Zheng, ormai l’Iran è una nazione di fatto controllata dal Partito comunista cinese.
Ma Pechino controlla l’Iran anche e soprattutto attraverso la Nuova via della Seta: il modello di accordo economico con cui il regime cinese presta sistematicamente soldi “a strozzo” a nazioni in difficoltà, per poi appropriarsi dei loro asset nell’attimo in cui queste non riescono a onorare i debiti.
Su Tzu-yun, ricercatore presso l’Istituto di Ricerca sulla Difesa e la Sicurezza nazionale di Taiwan, ha confermato, parlando con Epoch Times Usa, che il regime cinese esercita da tempo un saldo controllo sull’Iran, soprattutto attraverso il commercio: «L’Iran esporta energia verso la Cina, mentre il regime cinese ha accesso al mercato iraniano e investe in progetti infrastrutturali nel Paese […] La Cina, poi, vende all’Iran armi ed equipaggiamenti, rafforzando la cooperazione diplomatica tra Pechino e Teheran. Un legame che sembrava granitico, ma l’esplosione del conflitto ha cambiato lo scenario».

Ad ora, Israele ha già eliminato quasi l’intero stato maggiore delle forze armate – e dell’intelligence – iraniane, con l’evidente appoggio del presidente degli Stati Uniti. Ma un crollo del regime iraniano comporterebbe la fine dell’accordo da 400 miliardi di dollari tra Cina e Iran. Pechino ha incluso Teheran nella sua Nuova via della Seta nel 2021, con un accordo che ha valenze tanto economiche quanto politiche, considerato che copre settori quali finanza, infrastrutture, sanità e difesa. Secondo il piano, la Cina si impegna a investire appunto 400 miliardi di dollari in Iran, nell’arco di 25 anni, istituendo una zona di libero scambio e ottenendo petrolio a prezzi vantaggiosi (o meglio stracciati, come si è visto). In cambio, l’Iran consente alla Cina di partecipare a progetti nei settori bancario, delle telecomunicazioni e infrastrutturali. Ma, come spiega il professor Zheng, quell’accordo mira anche a «utilizzare l’Iran come base per l’espansione cinese in Medio Oriente, trasformandolo in un avamposto del Partito comunista». E ora che la sopravvivenza del regime iraniano è in pericolo, ovviamente gli investimenti infrastrutturali già effettuati dalla Cina in Iran corrono il serio rischio di finire in fumo.

Alla luce di tutto questo, diventa chiaro il senso dell’improvviso “amore” per la libertà e il diritto all’autodeterminazione dell’Iran, esternato dalla Repubblica Popolare Cinese nel commentare l’escalation in Medio Oriente. Diritti che evidentemente il Partito comunista cinese riconosce a se stesso e al regime di Teheran ma non al popolo iraniano, nè tantomeno a quello cinese. Per non parlare del diritto all’autodeterminazione di Taiwan, per citare solo l’esempio più eclatante di (maldestro) doppiopesismo sistematicamente usato a Pechino (ma non solo).

Le cose, insomma, si mettono sempre peggio per l’espansionismo cinese in Medio Oriente: il regime siriano di Bashar al-Assad, sostenuto da Cina e Russia, è già caduto, e ora il regime iraniano è in serio pericolo. Con il supporto esterno del Partito comunista cinese, organizzazioni come Hezbollah, Hamas e gli Houthi – tutti appoggiati dall’Iran – per lungo tempo hanno agito quasi indisturbati in Medio Oriente. Ma ora, dice il professor Zheng, l’aria è cambiata, e «sarà molto difficile per il Partito comunista cinese espandere la propria influenza in Medio Oriente in futuro» dove al momento a dominare la scena sono gli Stati Uniti d’America. Qui si intravede quello che probabilmente è il disegno geopolitico dell’amministrazione Trump: secondo l’esperto di affari cinesi Su Tzu-yun, con quello che sta succedendo all’Iran, il regime cinese ha subito un duro colpo e «dopo che l’amministrazione Trump e Israele avranno eliminato l’influenza di Cina e Russia in Medio Oriente, gli Stati Uniti potrebbero concentrarsi sulla minaccia rappresentata dal Partito comunista cinese nell’area dell’Indo-Pacifico».