Il “miracolo” di Trump, Netanyahu accetta lo Stato palestinese e si scusa col Qatar

di Artemio Romano
30 Settembre 2025 8:59 Aggiornato: 30 Settembre 2025 9:32

Donald Trump e Benjamin Netanyahu hanno raggiunto un accordo  sul piano di pace per Gaza: ok allo Stato palestinese ma Hamas deve arrendersi. E senza il consenso di Hamas la guerra continuerà. Netanyahu – che con l’intervento di Trump ha fatto un passo indietro – ha già detto che Israele «finirà il lavoro da solo» a Gaza se Hamas rifiuterà la proposta. E Donald Trump, di rimando, ha garantito il pieno sostegno degli Stati Uniti a Israele in caso di rifiuto di Hamas.
Dopo l’accettazione pubblica dell’accordo da parte di Israele, il presidente americano ha concesso a Hamas 72 ore per rilasciare tutti gli ostaggi (vivi e non) catturati durante l’attacco del 7 ottobre 2023 contro Israele.

L’amministrazione Trump aveva condiviso il piano di pace per Gaza, presentandolo ai leader arabi a margine dell’Assemblea Generale dell’Onu. E Trump ha anche precisato che i capi di Stato di Qatar, Giordania, Turchia, Indonesia, Pakistan, Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti hanno già tutti espresso il proprio appoggio al piano di pace: in una dichiarazione congiunta, i rispettivi ministri degli Esteri hanno affermato di «accogliere con favore la guida del presidente Donald J. Trump e i suoi sinceri sforzi per porre fine alla guerra a Gaza, e di affermare la loro fiducia nella sua capacità di trovare un cammino verso la pace».
Le principali nazioni arabe hanno poi sottolineato che la proposta di “pace globale” prevede la fine della guerra, la ricostruzione di Gaza e la prevenzione dello spopolamento della Striscia, nonché l’impegno a «non consentire l’annessione della Cisgiordania».

Adesso, tutti gli occhi sono puntati su Hamas. E sugli Stati arabi, che dovrebbero intervenire per fare pressione sull’organizzazione terroristica affinché accetti la proposta.

Alla vigilia dell’incontro alla Casa Bianca con Trump, Netanyahu aveva dichiarato a Fox News che Israele non si era ancora impegnato ad accettare il piano americano, ma che aveva collaborato strettamente alla sua definizione. Il capo del governo Israeliano aveva indicato diversi punti critici, tra cui un eventuale ruolo di governo dell’Autorità palestinese a Gaza, che aveva definito «una linea rossa» invalicabile. Sulla questione dell’amnistia ai terroristi di Hamas, Netanyahu aveva precisato che sarà possibile unicamente se accetteranno di lasciare Gaza. Dichiarazioni che suggerivano che un accordo fosse ancora lontano. Ma, dopo quasi tre ore di colloqui con Donald Trump, Netanyahu ha accettato l’accordo.

COSA PREVEDE LA PROPOSTA DI ACCORDO

Il patto prevede il ritiro di Israele con modalità concordate, la sospensione di tutte le operazioni militari a Gaza e il rilascio di 250 criminali di Hamas condannati da Israele all’ergastolo, insieme a 1.700 abitanti di Gaza incarcerati dopo le stragi del 7 ottobre 2023, col divieto per Israele di occupare e tantomeno annettere Gaza. Una volta completato il programma di riforme dell’Autorità palestinese, il piano proposto concede che si preparino le condizioni per «un percorso credibile verso l’autodeterminazione palestinese e la creazione di uno Stato». E questo è, naturalmente, il rospo che Donald Trump sembra sia riuscito a far ingoiare a Benjamin Netanyahu.

«Questo è […] un giorno meraviglioso» forse «uno dei più grandi nella Storia della civiltà» ha dichiarato, con toni comprensibilmente trionfanti, il presidente americano aprendo la conferenza stampa con Netanyahu alla Casa Bianca. Donald Trump ha poi ringraziato i capi di Stato e di governo arabi e europei per il sostegno alla proposta e, soprattutto, ha ringraziato Netanyahu per averla accettata.
Altro fatto “storico”, ieri Netanyahu ha anche telefonato al primo ministro qatariota Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, per scusarsi della violazione della sovranità commessa da Israele nel portare i suoi attacchi contro la dirigenza di Hamas rifugiata a Doha.

Donald Trump sarà il presidente di un nuovo organismo internazionale, denominato Consiglio per la Pace, che supervisionerà la ricostruzione di Gaza, sempre secondo il piano di pace della Casa Bianca, che si spera Hamas accetti. Il Consiglio gestirà «un comitato palestinese tecnico e apolitico, responsabile della gestione quotidiana dei servizi pubblici e dei comuni per la popolazione di Gaza», e sarà composto da personalità di rilievo tra cui l’ex primo ministro britannico Tony Blair – che ha svolto un ruolo attivo nella pianificazione del recupero post-bellico di Gaza – e supervisionerà inoltre i finanziamenti per la riqualificazione di Gaza fino a quando l’Autorità palestinese non completerà un proprio programma di riforme e sarà pronta finalmente a prendere il controllo di Gaza. Questa volta senza finire ostaggio di un’organizzazione terroristica.
Il Consiglio per la Pace «applicherà i migliori standard internazionali per creare una governance moderna e efficiente, che serva la popolazione di Gaza e favorisca gli investimenti» dice anche il piano. La Striscia di Gaza riceverà aiuti completi una volta cessate le ostilità.

Ma l’aspetto centrale è senz’altro la “deradicalizzazione” di Gaza: la sua trasformazione in un’area finalmente libera dal terrorismo. E questo è il rospo che devono ingoiare Hamas e i suoi sponsor. Sia Trump che Netanyahu hanno chiarito che Hamas non avrà alcun ruolo nel governo di Gaza. «Tutte le infrastrutture militari, terroristiche e offensive, inclusi tunnel e impianti di produzione di armi, saranno distrutte e non ricostruite – dice il piano – Nessuno sarà costretto a lasciare Gaza, e chi desideri andarsene sarà libero di farlo e di tornare».

Una missione militare mista occidentale-araba capitanata dagli Stati Uniti creerà una Forza di stabilizzazione internazionale temporanea, che sarà immediatamente dispiegata a Gaza, che rappresenterà «la soluzione di sicurezza interna a lungo termine», fornendo supporto e addestramento per la creazione di forze di polizia palestinesi composte da personale  «verificato», per evitare nuove infiltrazioni dei terroristi. «In collaborazione con la nuova autorità transitoria a Gaza, tutte le parti concorderanno su un calendario per il ritiro graduale delle forze israeliane», che si attuerà in più fasi, ha spiegato Trump durante la conferenza stampa.

In conclusione, ora la palla è ora ad Hamas. Netanyahu ha già avvertito Hamas che se rifiuterà il piano o lo ostacolerà attivamente, Israele continuerà le sue operazioni militari a Gaza. E il presidente degli Stati Uniti in conferenza stampa ha dimostrato di essere d’accordo, dichiarando che Israele avrà il suo «pieno appoggio» nella eliminazione di Hamas in caso di rifiuto dell’accordo di pace. E Hamas non può più “prendersela comoda” e guadagnare tempo – come ha fatto per mesi – restando su posizioni ambigue. L’ultimatum dell’America è chiaro: se entro 72 ore dall’annuncio (di ieri) del piano di pace non arriva un sì netto e incondizionato alla proposta, la guerra continuerà, purtroppo per i civili palestinesi. Una guerra che ha l’obiettivo dichiarato di annientare totalmente (evidentemente anche a livello fisico) Hamas. Per quanto i terroristi di Hamas possano essere dei «pazzi psicopatici» (come dice Netanyahu) si spera che ora preferiscano l’umiliazione della resa, alla morte in battaglia. Per il bene della popolazione palestinese. Perché Israele, ora che ha avuto luce verde dall’America, non si fermerebbe davanti a nulla.


Iscriviti alla nostra newsletter - The Epoch Times