Nulla di fatto, ma qualche flebile speranza. Questo l’esito del lungo colloquio fra Donald Trump e Vladimir Putin a Anchorage. Dopo tre ore di discussione, i due hanno tenuto una breve conferenza stampa in cui hanno definito l’incontro produttivo, ma hanno detto ben poco sulla fine del conflitto in Ucraina. La visita di Putin in Alaska è stato il suo primo viaggio negli Stati Uniti dal 2015, e il primo faccia a faccia tra Trump e Putin dall’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022. Il vertice si è tenuto alla base interforze Elmendorf-Richardson, la più grande installazione militare dell’Alaska.
«Spero che l’intesa di oggi rappresenti il punto di partenza non solo per la risoluzione della questione ucraina, ma anche per ripristinare relazioni pragmatiche e concrete tra Russia e Stati Uniti» ha dichiarato Putin intervenendo per primo. Putin ha poi affermato di concordare con Trump sul fatto che l’Ucraina debba ottenere “garanzie di sicurezza” al termine della guerra (fatto significativo) senza specificare in che forma ma precisando: «noi siamo pronti a lavorare in questa direzione». Da anni l’Ucraina aspira a entrare nella Nato, ma Putin ha sempre opposto il suo più categorico niet.
Il presidente russo ha espresso la disponibilità del suo Paese a lavorare per la pace in Ucraina, auspicando che Kiev e le capitali europee interpretino tale apertura in modo costruttivo e non cerchino di ostacolarla. Putin ha inoltre detto che Trump, al termine dell’incontro, “ha compreso” gli interessi nazionali della Russia.
Il presidente degli Stati Uniti ha descritto il vertice come «molto produttivo» e portatore di «grandi progressi». Il presidente statunitense ha dichiarato: «Abbiamo concordato su numerosi punti. Direi sulla maggior parte di essi. «Su un paio di questioni importanti non siamo ancora arrivati a una conclusione, ma abbiamo fatto passi avanti», ma «non c’è accordo» ha però precisato Trump. Che ha poi annunciato che discuterà dell’incontro con Volodymyr Zelensky e con gli alleati della Nato. Prima di concludere la conferenza stampa, Trump ha salutato Putin dicendo «probabilmente ci rivedremo presto», Putin ha risposto «forse la prossima volta a Mosca». Putin ha anche confermato quello che Donald Trump ripete da anni sul fatto che la guerra in Ucraina non sarebbe scoppiata, se tre anni fa alla Casa Bianca ci fosse stato Trump stesso.
In un’intervista con il popolare giornalista di Fox News Sean Hannity, successivamente al vertice, Trump ha detto che presto valuterà l’imposizione di nuovi dazi sui Paesi che acquistano petrolio dalla Russia, anche se il vertice in Alaska potrebbe aver concesso un po’ di tempo ai partner commerciali di Mosca, «due o tre settimane» ha detto Trump. La settimana scorsa il governo statunitense ha innalzato al 50 per cento i dazi sulle importazioni dall’India, uno dei principali acquirenti di petrolio e gas russi, ha continuato a comprare petrolio dalla Russia nonostante i nuovi dazi, ingaggiando un pericoloso braccio di ferro con gli Stati Uniti.
Nei giorni precedenti al vertice, Trump aveva adottato un tono ottimista, affermando che sia Putin sia Zelensky fossero aperti a un cessate il fuoco. Ma Zelensky non ha mai smesso di accusare Putin di non volere affatto la pace (anzi, di «bluffare») come dimostra la nuova ondata di attacchi russi contro l’Ucraina ordinata da Putin immediatamente prima del vertice. Il ministero della Difesa russo ha smentito le accuse di Zelensky in una nota diffusa all’agenzia di stampa Ria Novosti, accusando il leader ucraino di voler sabotare il vertice in Alaska. Parlando con il conduttore di Fox News Bret Baier mentre era in viaggio verso la base in Alaska, Trump ha ipotizzato che gli attacchi russi fossero una strategia di Putin per «ottenere un accordo migliore» al tavolo delle trattative. Una dimostrazione di potenza, insomma.
Sia come sia, finora i fatti stanno dando ragione a Zelensky: da Putin – che continua a dimostrarsi sfuggente e ambiguo – non è arrivata alcuna reale proposta di cessate il fuoco, solo gran sorrisi e bei discorsi. Mentre gli attacchi contro l’Ucraina non accennano ad attenuarsi. D’altra parte, se Putin ha invaso l’Ucraina nel febbraio 2022 c’è un motivo. E ora che si sente vicino alla vittoria (forte anche dell’appoggio “illimitato” cinese), dal suo punto di vista, ovviamente non c’è alcuna ragione di fermarsi. Dopo una guerra che invece di tre settimane dura ormai da più di tre anni, per Putin fare la pace ora sarebbe ben più grave di un fallimento politico personale: sarebbe una dichiarazione di debolezza della Russia. E questo la Russia non può permetterselo.