La verità che nessuno dice sulle proteste negli Stati Uniti

Di Trevor Loudon

L’autore dell’articolo, Trevor Loudon, è uno scrittore, regista e oratore neozelandese. Per più di 30 anni ha condotto ricerche sui movimenti terroristici, marxisti e della sinistra radicale e sulla loro influenza nascosta sulla politica. È noto soprattutto per il suo libro “Enemies Within: Communists, Socialists and Progressives in the U.S. Congress” e il suo film documentario “Enemies Within”. Il suo prossimo libro, non ancora pubblico, si intitola “White House Reds: Communists, Socialists & Security Risks Running for U.S. President, 2020”.

 

Nei giorni scorsi, molte città americane hanno assistito a proteste caotiche: auto ed edifici dati alle fiamme, saccheggi dilaganti e persino il terzo distretto di polizia di Minneapolis è stato bruciato, mentre gli agenti abbandonavano l’edificio. E forse non è che l’inizio.

Le proteste sono state apparentemente scatenate dall’omicidio di George Floyd da parte della polizia di Minneapolis. Gli esperti di sinistra le riconducono al razzismo sistemico e alla brutalità della polizia.

Molti intellettuali democratici sostengono, come durante il movimento Occupy Wall Street, che le proteste siano state infiltrate da componenti violente al fine di screditare il movimento stesso.

Gli opinionisti conservatori, invece, parlano di rabbia e frustrazione e di una reazione legata alla claustrofobia accumulata nelle settimane di quarantena.

Ma nessuno di loro ha centrato veramente il bersaglio.

Le violenze scoppiate dopo la morte di George Floyd a Minneapolis sono in realtà un’insurrezione di stampo comunista; nulla di più, nulla di meno.

I Socialisti Democratici d’America

A Minneapolis, i 600 compagni della Twin Cities – branca della più grande organizzazione marxista del Paese, i Socialisti Democratici d’America (Dsa) – hanno sostenuto attivamente i rivoltosi e partecipato alle proteste.

La Dsa, che collabora assiduamente con i gruppi legati agli Antifa, ha sostenuto una risoluzione in occasione del proprio convegno nazionale di agosto per formare un «Gruppo di lavoro nazionale che guidi la collaborazione e la condivisione delle risorse in sostegno della nostra organizzazione antifascista». Lo dicono senza mezzi termini: «Un piede nelle istituzioni, un piede nelle strade».

Il 27 maggio, la Twin Cities Dsa ha lanciato un appello sui social media per chiedere ai compagni di portare «rifornimenti» allo stesso incrocio dove, più tardi quella sera, una filiale di Auto Zone è stata rasa al suolo da un incendio. Il gruppo marxista ha scritto su Facebook: «Volete aiutare i vostri compagni che protestano contro il terzo distretto di Lake e Minnehaha? Ecco una lista dei rifornimenti richiesti dalla gente sul campo».

La lista includeva forniture mediche e «pannelli di compensato da usare come scudo […] qualsiasi cosa sia utile a proteggersi dai poliziotti», come anche «racchette da tennis» e «bastoni da hockey». Ma sono state anche richieste automobili: «Sembra che ci sia anche un grande bisogno di persone che riescano a dare un passaggio a chi deve uscire dalla mischia». Stavano chiedendo ambulanze private o macchine per darsi alla fuga?

Il gruppo eco-socialista di Twin Cities Dsa ha scritto su Twitter: «Sostenete la rivolta popolare di massa in corso!»
Mentre la Twin Cities Dsa ha anche scritto: «Per favore, donate al fondo di solidarietà Tcdsa, perché la gente avrà bisogno di aiuto nei giorni e nelle settimane a venire!». Si riferivano ai soldi per le cauzioni e per gli onorari degli avvocati.

Il 28 maggio il Comitato politico nazionale della Dsa ha rilasciato una dichiarazione con una forte carica emotiva ed estremamente faziosa, in sostegno dei rivoltosi:

«Noi, il Comitato politico nazionale dei Socialisti Democratici d’America, condanniamo l’esecuzione pubblica di George Floyd per mano della polizia di Minneapolis. Il suo omicidio cade nel modello profondamente radicato di violenza, razzismo e oppressione sostenuto dalla polizia di questo Paese. […] Questo è suprematismo bianco».

«La violenza della polizia razzista non è accidentale nel sistema capitalista, è necessaria per mantenere il suo funzionamento. Sappiamo che, mentre noi lottiamo per un mondo migliore, sarà la polizia a minacciare le nostre proteste, la polizia a rompere i nostri picchetti, la polizia che esercita arbitrariamente il suo monopolio sulla violenza contro i neri e la classe operaia per proteggere coloro che hanno potere e privilegi».

«Siamo solidali e condividiamo la rabbia di tutti coloro che si fanno sentire per le strade dopo essere stati oppressi per anni dalla polizia e dalla povertà, dopo anni di saccheggi da parte delle multinazionali, dei padroni e dei miliardari».

Anche l’associazione Metro Atlanta Dsa ha svolto un ruolo nel caos scoppiato ad Atlanta. E anche la Dsa di Seattle è coinvolta. Così come i dipartimenti dei Socialisti Democratici d’America (Dsa), che hanno indetto raccolte fondi per le «insurrezioni nazionali per George Floyd».

Il Partito mondiale dei lavoratori

Il Partito mondiale dei lavoratori stalinista-trotskista (Wwp), che sostiene la Corea del Nord, la Russia, la Cina, Cuba e l’Iran, ha sedi in circa 15 città americane, ed è presente in tutte le proteste.

Monica Moorehead del Wwp ha scritto un articolo il 28 maggio intitolato ‘Contro la violenza della polizia e il capitalismo, ribellarsi è giustificato’:

«Il Wwp saluta tutti i coraggiosi manifestanti di Minneapolis, attualmente alle prese con il terrore della polizia. Salutiamo anche gli attivisti di Los Angeles, Memphis e di altre città che organizzano proteste e sfidano la pandemia per essere in strada o in carovane per mostrare solidarietà con la richiesta: Giustizia per George Floyd e per tutte le vittime della violenza della polizia».

Moorehead ha continuato citando le parole pronunciate dal fondatore della Wwp Sam Marcy in difesa dei disordini di Los Angeles del 1992, nei quali morirono 63 persone:

«Nei momenti in cui la borghesia è contro il muro, quando le masse si sono improvvisamente e inaspettatamente sollevate, la borghesia diventa più unita nell’abiura della violenza. Essa evoca ogni sorta di menzogne e di inganni citando la sregolatezza di pochi individui tra le masse, in contrasto con i molti che rispettano la legge».

«Il marxismo, anche in questo caso, fa chiarezza. La visione marxista della violenza distingue tra la violenza degli oppressori e la violenza reattiva delle masse. Il solo fatto di poterla formulare in questo modo è un gigantesco passo avanti, lontano dai disgustosi elogi borghesi per la nonviolenza. A nessuno di loro è mai capitato di constatare che le masse non hanno mai fatto un vero e proprio balzo in avanti con la teoria della nonviolenza. La timidezza non ha mai portato a nulla nella storia».

Il Partito Comunista Rivoluzionario

Il Partito Comunista Rivoluzionario Maoista sta usando la morte di George Floyd per indire «un movimento per una vera rivoluzione». Hanno pubblicato il comunicato n. 6 intitolato: «Omicidio di polizia dopo omicidio dopo omicidio […] A VOI che siete stufi della follia, e pronti a far parte di un movimento per una VERA RIVOLUZIONE».

«Se sei stufo di vedere video dopo video di questi omicidi da parte della polizia […] devi […] unirti a un movimento per una vera e propria rivoluzione, per prepararti a un momento in cui sarà possibile guidare milioni di persone a far crollare questo sistema, e sostituirlo con una nuova società basata sulla Costituzione per la Nuova Repubblica Socialista del Nord America».

Partito per il Socialismo e la Liberazione

Il Partito per il socialismo e la liberazione, di stampo marxista-leninista, favorevole a Cina, Iran, Corea del Nord, Cuba, Venezuela e Russia, ha sedi in circa 30 Stati americani. Anche loro stanno tentando di sfruttare la morte di George Floyd, definendo questo periodo storico come un «periodo assolutamente critico» per imporre la loro visione di una rivoluzione comunista:

«La polizia svolgerà sempre il suo ruolo di truppe d’assalto per la supremazia bianca e il capitalismo, finché esisterà in questo Stato razzista».

«In questo periodo assolutamente critico, rafforziamo la nostra determinazione a costruire organizzazioni capaci di condurre una lotta di classe militante contro lo Stato razzista e la loro classe dirigente. […] In mezzo alla profonda crisi, le uccisioni razziste di George Floyd, Ahmaud Arbery a Brunswick, Georgia, Breonna Taylor a Louisville, Ky. e Sean Reed a Indianapolis, rendono chiaro che le proteste e la lotta devono continuare e amplificarsi».

Una lunga e calda estate

Nonostante le prove schiaccianti e abbondanti che i gruppi comunisti sono fortemente coinvolti in queste proteste e rivolte, pochissimi giornalisti hanno rivelato questa verità.

Un’eccezione degna di nota è l’esperto di Antifa Andy Ong. Il 30 maggio, Ong ha scritto su Twitter:

«Stiamo assistendo a scorci della grande insurrezione su cui l’estrema sinistra sta lavorando da decenni. Nel giro di poche ore, cellule antifa militanti in tutto il Paese si sono mobilitate per aiutare i rivoltosi della BLM [Black Lives Matter, ndr]. La prima finestra rotta è il segnale per far entrare i saccheggiatori. Poi arrivano gli incendi».

Il giornalista ha anche aggiunto:

«I media, i politici, il pubblico – tutti noi – hanno sottovalutato la formazione, lo scopo e la capacità degli estremisti di sinistra. Ogni parte della rivolta ha uno scopo. Gli incendi distruggono l’economia. I disordini possono sopraffare la polizia e persino i militari. Tutto questo porta ad uno Stato destabilizzato se continua».

La Dsa conta attualmente 66 mila membri in tutto il Paese e può contare su un certo seguito in quasi tutti gli Stati. Altri gruppi comunisti come il Partito Comunista Usa, Liberation Road, Socialist Alternative, Workers World Party, il Partito per il Socialismo e la Liberazione, il Partito dell’Unità Socialista, il Partito Comunista Rivoluzionario e i loro alleati di Black Lives Matter e Antifa possono mobilitare decine di migliaia di militanti e organizzare i gruppi piuttosto rapidamente.

Durante i disordini di Ferguson del 2014, l’organizzazione socialista pro-Cina Freedom Road (ora Liberation Road) e i suoi alleati hanno affermato di aver portato quasi 10 mila attivisti a St. Louis, nel Missouri, per ingrossare le fila dei rivoltosi.

Senza i comunisti, ci sarebbero comunque incidenti occasionali a sfondo razziale. Tuttavia, tutte le maggiori rivolte razziali degli anni Sessanta (Newark, Detroit, Chicago, Watts e molte altre) e tutte quelle che si sono succedute da allora, sono state trasformate in qualcosa di più grande dalle forze comuniste.

La sinistra statunitense ha ora il potere di scatenare rivolte razziali in quasi tutte le principali città degli Stati Uniti.

Se non verranno contrastati con forza, questi disordini e proteste proseguiranno per tutta l’estate fino alle elezioni. Il duplice obiettivo è quello di bloccare la ripresa economica degli Stati Uniti e ostacolare seriamente il presidente Donald Trump. In verità, questi disordini non hanno nulla a che fare con la razza, si tratta piuttosto di cambiamento di regime e rivoluzione.

A meno che non si intraprenda un’azione risoluta, gli americani passeranno una lunga e calda estate.

 

Le opinioni espresse in quest’articolo sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

Articolo in inglese: Cities Burn, but None Dare Call It Communist Insurrection

 

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