Usa e Russia, tra «bullismo» e «cervello in pappa» è possibile la pace?

Continua lo scambio di battute tra America e Russia sulla Siria: entrambi sono d’accordo sulla necessità di collaborazione, ma accusano l’altro di ostruzionismo.

Nel pieno della campagna elettorale, il candidato democratico Hillary Clinton sostiene: «dobbiamo ribellarci a questo bullismo [russo, ndr]; e in particolare nella questione siriana […] è importante che la Russia sia parte della soluzione per porre fine a questo conflitto». La Russia, per la Clinton, starebbe «bombardando la gente per conto di Assad», il che è inaccettabile per gli Stati Uniti, che considerano Assad un dittatore.

Da parte sua, Putin ha dichiarato che gli Usa hanno il «cervello in pappa», riporta Ansa. Alla richiesta russa di liste di obiettivi da attaccare o da evitare, gli americani avrebbero risposto no. Il ché ha spinto il presidente russo a dubitare – almeno nelle dichiarazioni – della sanità mentale degli alleati-avversari americani.

Probabilmente gli Usa temono che la Russia faccia un utilizzo improprio di tali dati. Sebbene entrambe le nazioni si oppongano all’Isis, l’America ha nei suoi alleati alcuni oppositori armati di Assad, che il governo siriano ritiene dei terroristi.

La Russia interpreta la materia in linea con il suo alleato Assad, per cui gli Usa temono che Putin utilizzi le informazioni fornite dall’America per il fine opposto, cioè per bombardare l’opposizione ad Assad che è sostenuta dall’America. Difatti la Russia ha già bombardato quei gruppi armati anti-governativi che non sono ‘terroristi’ secondo l’interpretazione internazionale, generando le ire degli Usa. È una occasione strategica che uno Stato come la Russia coglie al volo: avendo le bombe pronte per l’Isis, perché non colpire anche gli altri avversari di Assad?

Ma se quindi tra le parole e la verità, per Putin come per gli altri, va usato il dizionario del geo-politichese, è destino che ci sia una sfiducia totale tra Occidente e Russia?

Secondo un articolo di Matteo Tacconi su l’Unità, una caratteristica di Putin è fondamentale per capirlo e per poterci collaborare: la sua sincera intenzione di preservare gli interessi nazionali della Russia. È una frase che Putin ripete spesso, e che rischia di essere interpretata come vuoto geopolitichese, quando invece forse non lo è.

Dopo la rivolta in Ucraina che ha deposto il vecchio governo filorusso instaurandone uno filoeuropeo, la Russia ha invaso parte dell’Ucraina, annettendosi la Crimea e occupando indirettamente altre parti di territorio. Per Tacconi, Putin aveva interesse a preservare l’avamposto di Sebastopoli, dove ormeggia la flotta russa. In Siria, invece, si tratterebbe di tenere in salvo il porto di Tartus, che dà alla Russia il suo unico sbocco sul Mediterraneo.

E naturalmente poi ci sono tutti i rapporti commerciali che, Ucraina o Siria che sia, diminuiscono quando questi Paesi entrano sotto l’ala protettiva dell’Europa-Usa sganciandosi da quella russa.

Quindi, se anche le mosse della Russia sono puramente offensive – è la Russia che manda i militari, è la Russia che bombarda, eccetera – sono considerabili come una difesa dei propri interessi geopolitici. Altrimenti il fiero Stato dell’est europeo finirebbe come la famosa rana messa nell’acqua tiepida. Putin non ci sta, e il colpo di coda lo dà subito.

Questo implica che la Russia non abbia necessariamente intenzioni aggressive o imperialiste. Se gli Usa – come richiede Putin – riuscissero davvero a collaborare con la Russia (che è membro Nato), tenendo in conto i suoi interessi, prima di lanciare operazioni militari in vari Paesi, forse lo sviluppo della storia mondiale contemporanea sarebbe più pacifico. Ma invece i ragionamenti che valgono oggi, sono simili a quelli dei tempi della Guerra Fredda.

Le opinioni espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non riflettono necessariamente il punto di vista di Epoch Times.

 
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