Uber vs Taxi: il dibattito continua sul web

Dopo la sentenza del Tribunale di Milano che ha bloccato l’utilizzo in tutta Italia dell’app Uberpop – che permetteva a chiunque di potersi iscrivere per diventare un autista a pagamento – l’acceso dibattito tra tassisti e driver Uber è proseguito nei social. Epoch Times ha colto qualche punto di vista interessante sull’argomento.

«Vede, quello che penso io è che non si può entrare a gamba tesa in un mercato, qualunque esso sia, in nome del progresso o del libero mercato, stravolgendo il modus operandi in essere. Vada a vedere cosa ha comportato a Prato il “mercato libero e senza regole” della concorrenza cinese», con queste parole il tassista di 45 anni Alessandro Arcangioli (intervistato su Facebook) ha cominciato il suo discorso, chiarendo subito la sua visione.

Il mercato Uber era sbarcato in Italia con una prima app – Uberblack – che permetteva ai liberi professionisti Ncc di ricevere chiamate mentre circolavano per le strade, di fatto eludendo la legge quadro per la quale il noleggiatore deve prendere la chiamata partendo da un’autorimessa. «Ma nonostante questo sconfinamento, non mi pare che i tassisti delle grandi città dove Uber è arrivato, si siano opposti più di tanto. Quello a cui si sono opposti, e non posso che dargli ragione con tutte le mie forze, è Uberpop. E non a caso il tribunale ha preso la giusta decisione».

La visione d’insieme dei tassisti è cambiata nel momento in cui non più solo i conducenti Ncc, ma anche i normali cittadini potevano diventare autisti a pagamento. Una riflessione che ha portato il tassista toscano a porsi le seguenti domande: «chiunque in nome di una app adesso può fare qualsiasi cosa? Che ne dice se domani metto su un’app per fare estrazioni dentali a domicilio? Lo faccio facendo risparmiare! Ma è questa l’unica discriminante oggi? Il risparmio? In nome del risparmio si può soprassedere alle licenze e agli albi professionali?»

Alla domanda «Uberpop potrà mai essere legale?» la risposta è un no categorico: «Nessuno può offrire un servizio più vantaggioso economicamente, eludendo dei centri di costo a cui i veri professionisti devono sottostare. Lo stato non può permettere che sia regolare offrire un servizio, oltretutto pubblico, affidandolo al libero arbitrio e sottoponendo l’utenza a gravi rischi e pericoli».

E mentre il tassista evidenzia la mancanza di legalità e affidabilità nelle modalità di azione dell’applicazione californiana, il driver Uber – in questo caso il signor Ernesto Arbitraggio, 52 anni – rifiuta ogni possibilità di critica all’aspetto sicurezza: «non so cosa dire se non delle mie esperienze notturne milanesi con tipi e tipe del tutto normali, con i quali si fa una chiacchierata e si finisce per accompagnarli a casa come buoni amici. Le ragazze, anche in piena notte e sole, salgono a bordo sul sedile passeggero con tranquillità e naturalezza, con la consapevolezza che l’autista di Uber è serio, e sapendo che dalla centrale operativa dell’applicazione Uber sanno che ‘Marina’ in quel momento della notte è con il driver ‘Davide’ e il percorso dalla partenza all’arrivo che il veicolo sta affrontando… siamo tracciati nei pagamenti come nelle corse che facciamo, non si scappa».

Per quanto riguarda le assicurazioni in caso d’incidente «Uber ha sempre detto che siamo coperti da una loro assicurazione supplementare aggiuntiva e dubiterei se non ci fosse… una fandonia sarebbe un grave danno d’immagine. La mia impressione generale è quella di far parte in maniera marginale di una organizzazione con ampie risorse finanziarie che, insomma, si può permettere di pagare avvocati e assicurazioni supplementari» soprattutto quando una parte delle risorse finanziarie della società derivano da una pubblicità gratuita come quella «dei mass media dopo le proteste dei tassisti».

Rimane il fatto che il driver milanese si dice edotto di ciò che questo comporta: «sono consapevole di essere in un limbo normativo ambiguo, ma quelli di Uber ci hanno sempre spiegato che facciamo trasporto in una cerchia privata e non pubblica. Rispetterò, ad ogni modo, la sentenza del giudice Marangoni se Uber non vincerà il ricorso, ho letto tutta l’ordinanza, e anche se alcune motivazioni sono opinabili non mi sembra allo stato attuale delle cose che il giudice abbia preso una decisione parziale». Per cui in fin dei conti sembra che l’unica cosa da fare sia vedere se il ricorso di Uber avrà qualche effetto sulle decisioni dei pubblici ministeri.

 
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