Turchia: nessuno ne parla, ed è bene così

La Turchia è uno di quei Paesi su cui i riflettori vengono accesi per brevi periodi e poi subito rispenti. Adesso, per esempio, mentre le trattative per formare un nuovo governo sono ancora in corso senza una soluzione definitiva, non ne parla nessuno. E questo in realtà è un buon segno.

Dopo le elezioni del 7 giugno, che hanno visto il partito di Erdogan perdere sensibilmente consensi, pur rimanendo in testa, alcuni commentatori hanno giudicato la situazione turca abbastanza instabile e precaria.

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Ma secondo il prof. Fabio Grassi, ricercatore di Storia dell’Europa Orientale all’Università La Sapienza di Roma, in Turchia «non è avvenuto nulla di particolarmente grave», scrive in una mail.

Il quadro parlamentare, spiega Grassi, è stato trasformato dal successo del Partito Democratico dei Popoli, che ha superato la soglia di sbarramento del 10 per cento. E il grande sconfitto è naturalmente Erdogan, che si deve accontentare del 41 per cento. L’ex dominatore incontrastato della politica turca ha usato, tra l’altro, «grossolanamente» l’arma dell’appello religioso, «con l’obiettivo finale di ottenere una riforma costituzionale in senso presidenzialista». Proprio contro questa riforma si schierano le opposizioni.

I due scenari, dice Grassi, sono delle trattative difficoltose – che infatti sono in corso – o le nuove elezioni. Erdogan potrebbe approfittare di questo caos per poi rinnovare la sua immagine di salvatore della patria, proponendosi come l’unico in grado di mantenere stabile il Paese.

Quello che però soprende positivamente Grassi è il fatto che la fine del monopolio del partito Akp di Erdogan e le complesse trattative, «non hanno prodotto finora (toccando ferro) nessuna particolare tensione».

«È un altro grande passo avanti di quel Paese, una grande non-notizia», afferma l’esperto.

Non si sa se il risultato sarà un governo di transizione o un governo creato per cambiare la Costituzione e dare più potere al presidente…«intanto però la borsa non è crollata, la gente va in vacanza, chi vuole bersi il suo rak? si sente più tranquillo, chi vuole andare in moschea cinque volte al giorno non si sente meno tranquillo, l’afflusso di due milioni (fermiamoci un momento, pensando a casa nostra: due milioni) di profughi siriani ovviamente qualche problema lo produce, ma nulla che assomigli alla catastrofe e al caos». E finché di Turchia non parla nessuno, vuol dire che catastrofi e caos non ci sono di sicuro.

 
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