Paura di ritorsioni. Ecco perché le istituzioni non denunciano il prelievo forzato di organi in Cina

Di Eva Fu

La paura di ritorsioni economiche ha portato il mondo a chiudere un occhio sul regime cinese, soprattutto quando uccide innocenti e preleva con la forza i loro organi a scopo di lucro. Lo ha dichiarato un medico americano durante un recente vertice globale sui diritti umani.

Il vertice mondiale sul contrasto e la prevenzione del prelievo forzato di organi, composto da sei webinar nell’arco di due settimane, è iniziato il 17 settembre con oltre 2.000 spettatori che hanno preso parte alla diretta streaming del primo giorno.

Nel 2019, un tribunale indipendente con sede a Londra ha sancito che il prelievo forzato di organi approvato dallo Stato è ancora in corso «su ampia scala» in Cina, e che le principali vittime sono i praticanti del Falun Gong perseguitati per la loro fede dal regime comunista.

Non molto tempo dopo che il tribunale ha pubblicato il suo rapporto finale, il dottor Weldon Gilcrease, uno specialista in tumori gastrointestinali presso l’Università dello Utah, ha contattato i leader del sistema sanitario scolastico americano, sperando di poter organizzare una discussione su come rispondere a tali abusi come istituzione: «Essenzialmente mi ha detto che non c’era alcun dubbio nella sua mente che il Partito Comunista Cinese (Pcc) fosse capace di tali atrocità e che stesse davvero accadendo, ma che, se avessimo detto qualcosa, la Cina avrebbe semplicemente mandato tutti i suoi studenti via dal Texas», ha riferito Gilcrease durante una tavola rotonda virtuale di venerdì.

Gilcrease, che è il vicedirettore esecutivo di Medici Contro il Prelievo Forzato di Organi, ha dichiarato a Epoch Times di essere «un po’ sorpreso dal fatto che ci fosse una tale paura di dire qualcosa» a causa dei legami finanziari.

Un uomo passa davanti a dei praticanti del Falun Gong che mettono in atto un finto prelievo di organi come parte della loro protesta contro la persecuzione dei praticanti del Falun Gong in Cina, sulla collina del Parlamento di Ottawa, il 2 maggio 2008. (The Canadian Press/Tom Hanson)

«Sicuramente ottieni supporto a livello individuale, ma quando provi a elevarlo al livello istituzionale, è lì che diventa assordantemente silenzioso», ha dichiarato in un’intervista.

Ciò che Gilcrease ha scoperto nel corso degli anni, è che spesso i professionisti medici che ha incontrato erano riluttanti a prendere una posizione sul prelievo di organi, non perché avessero dubbi che stesse accadendo. Piuttosto, cercavano di non prendere posizione per non dare l’impressione di «fare politica».

«Questa è l’arma che usa per cercare di mantenere il silenzio», ha detto Gilcrease, riferendosi al Pcc. «Se dici qualcosa diventi ‘politico’. “Restane fuori”».

Ma Gilcrease crede che sia vero l’opposto di quanto sostenuto dal regime. Rimanere liberi dalla politica «non significa evitare di prendere posizioni scomode, ma significa che dovremmo parlare contro il Partito Comunista Cinese se vuole […] conquistare il nostro campo, i nostri esperti, i nostri medici e i nostri chirurghi».

Collaborare con «un sistema medico che è sotto il controllo di un regime malvagio è pericoloso», ha affermato, sottolineando che un certo numero di persone che hanno contribuito a costruire i centri di trapianto in Cina hanno ricevuto una formazione medica negli Stati Uniti e in altri Paesi occidentali.

Praticanti del Falun Gong partecipano a una parata in occasione del 22° anno della persecuzione del Falun Gong in Cina, a Brooklyn, Ny, il 18 luglio, 2021. (Chung I Ho/The Epoch Times)

Secondo Gilcrease, sul fronte diplomatico ed economico, una simile collaborazione tra Stati Uniti e Cina ha prodotto «risultati dannosi». Negli ultimi anni una serie di scienziati e medici americani hanno dovuto lasciare il proprio posto di lavoro per non aver rivelato adeguatamente i propri legami finanziari con il regime, tra cui tre del Md Anderson Cancer Center di Houston e altri sei del Moffitt Cancer Center di Tampa nel 2019.

Gilcrease sostiene che questa problematica va ben oltre la semplice integrità della ricerca biomedica statunitense: «Si tratta di essere legati a un sistema che ha dimostrato più e più volte di commettere crimini utilizzando il sistema medico».

I medici cinesi hanno portato avanti il prelievo forzato di organi anche durante la pandemia e hanno utilizzato i risultati di tali trapianti per crearsi credenziali nelle riviste mediche internazionali.

La rivista medica Annals of Surgery ha pubblicato nel luglio 2020 uno studio su due pazienti anziani con sintomi di Covid-19 allo stadio terminale, entrambi sottoposti a interventi di trapianto di polmone circa tre giorni dopo l’iscrizione al sistema dei trapianti cinese.

Il secondo paziente, di 70 anni, ha ricevuto un doppio trapianto di polmone l’8 marzo, tre giorni dopo che è stata condotta una valutazione completa che ha spinto i medici a registrare il paziente nel sistema per l’assegnazione degli organi.

Ray Scalettar, professore emerito al George Washington University Medical Center, ha affermato che l’articolo «ha sollevato serie preoccupazioni etiche su come sono stati ottenuti i polmoni per i riceventi» in così poco tempo, aggiungendo che negli Stati Uniti, che hanno un «bacino di donatori molto più grande» rispetto alla Cina, «l’attesa minima per questo tipo di donatore» è di 15 giorni.

Scallettar ha finito per scrivere una critica agli autori dell’articolo, ma la risposta «è stata inesistente o evasiva».

Secondo Gilcrease, la comunità medica continua a soffrire di una «drastica mancanza di consapevolezza» sul prelievo forzato di organi in Cina: solo il 5-10 per cento ne ha sentito parlare. Ma l’evidente e continuato insabbiamento della pandemia da parte del regime ha probabilmente prodotto un cambio di mentalità: «La comunità medica ora comprende meglio con chi abbiamo a che fare».

 

Articolo in inglese: US Medical Bodies Silent on China’s Organ Harvesting Over Fear of Regime Retaliation, Doctor Says

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