Gli Stati Uniti garantiscono: Assange non sarà condannato alla pena di morte. Presto l’estradizione?

Di Rex Widerstrom

Gli Stati Uniti hanno presentato le garanzie richieste dall’Alta Corte di Londra durante l’ultima udienza del caso di estradizione di Julian Assange: potrà fare affidamento sul diritto alla libertà di parola sancito dal Primo Emendamento come parte della sua difesa, non sarà «pregiudicato al processo» a causa della sua cittadinanza australiana e non ci saranno nuove accuse che potrebbero comportare la pena di morte.

La Corte aveva dichiarato che, in assenza di tali garanzie, avrebbe ascoltato ulteriori osservazioni da parte degli avvocati del fondatore di Wikileaks sui motivi per cui non dovrebbe essere estradato.

Tuttavia, avendo ottenuto tali garanzie prima della scadenza del termine, fissato al 16 aprile, sembra che siano stati esauriti tutti i possibili motivi di ricorso. È probabile che la Corte si pronunci a favore del Dipartimento di Giustizia americano.

Se trasferito negli Stati Uniti, Assange, 52 anni, dovrà rispondere di 18 accuse, tutte tranne una ai sensi della legge sullo spionaggio, per la pubblicazione da parte di WikiLeaks di documenti militari e cablogrammi diplomatici statunitensi riservati.

Le autorità statunitensi sostengono che non è perseguito per la pubblicazione dei materiali trapelati, ma piuttosto per l’atto criminale di aver cospirato con l’ex analista dell’esercito americano Chelsea Manning per ottenerli illegalmente.

Difesa del Primo Emendamento a discrezione della Corte degli Stati Uniti

Il documento, visionato da Reuters, afferma che «avrà la possibilità di sollevare e cercare di far valere al processo i diritti e le protezioni garantiti dal Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti», ma precisa che qualsiasi decisione sull’«applicabilità del Primo Emendamento è di esclusiva competenza dei tribunali statunitensi».

Il documento afferma inoltre che «non sarà richiesta né imposta una condanna a morte» e aggiunge: «Queste garanzie sono vincolanti per tutte le persone presenti o successive a cui è stata delegata l’autorità di decidere in merito».

Il 20 maggio si terrà un’altra udienza in tribunale a Londra, durante la quale è probabile che i suoi avvocati sosterranno, come hanno già fatto in precedenza, che le garanzie degli Stati Uniti non «valgono la carta su cui sono scritte», facendo eco alle critiche simili del gruppo per i diritti umani Amnesty International.

Stella, la moglie di Assange, ha dichiarato in un comunicato che le garanzie non soddisfano i timori dei sostenitori, e le ha descritte come «palesi dichiarazioni ambigue».

«Gli Stati Uniti hanno rilasciato una non-garanzia in relazione al Primo Emendamento e una garanzia standard in relazione alla pena di morte», ha dichiarato la signora Stella.

«La nota diplomatica non fa nulla per alleviare l’estrema angoscia della nostra famiglia riguardo al suo futuro: la sua triste aspettativa di trascorrere il resto della sua vita in isolamento in una prigione statunitense per aver pubblicato materiale giornalistico pluripremiato».

Un altro barlume di speranza per Assange – che ha trascorso più di 13 anni in battaglie legali nei tribunali inglesi da quando è stato arrestato per la prima volta nel novembre 2010 – è un intervento del presidente Joe Biden.

La scorsa settimana, il presidente Biden ha risposto ai giornalisti «stiamo valutando la situazione» quando è stato interrogato su una richiesta da parte del governo australiano di ritirare l’accusa.

Non è chiaro quale sia l’eventuale influenza che il presidente potrebbe esercitare su un caso penale, ma il Wall Street Journal ha riportato che sono in corso conversazioni su un potenziale accordo di patteggiamento.

 

Articolo in lingua inglese: US Guarantees Assange Will Not Face Death Penalty, Paving Way for Extradition

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