Non ancora guariti, ma già dimessi dagli ospedali. Caos coronavirus in Cina

Di Eva Fu

Era ancora sotto ossigeno quando il medico le ha detto che era pronta a tornare a casa.
Ma la paziente, una donna cinquantaseienne residente a Wuhan, epicentro del coronavirus, non riusciva a smettere di tossire. A causa del troppo liquido che le riempiva i polmoni per via dell’infezione virale, aveva dolori al petto e faticava a respirare.
Sua figlia Zhang ha pubblicato un post sui social media, implorando attenzione da parte del pubblico: «Mia mamma era cosi debole che cadeva quando andava in bagno e non riusciva a uscire dalla sua stanza».

Tuttavia, nonostante questo, i suoi test nucleici (il test standard usato per il coronavirus) sono risultati negativi, e per l’ospedale questo è stato sufficiente per dimetterla. Il 16 febbraio hanno smesso di somministrarle qualsiasi trattamento, a parte qualche medicina per la tosse. Quattro giorni dopo, hanno chiamato una macchina per riportarla a casa.

«Il governo ci aveva garantito che avrebbero ricoverato in ospedale tutti coloro che necessitavano di cure». Così diceva infatti lo slogan di una campagna governativa di controllo dell’epidemia COVID-19 nell’Hubei.
«Potreste anche averli ricoverati, ma poi dimettete quelli che non sono ancora guariti?».

Notando che la Tac della madre evidenziava «un’evidente fibrosi nel punto infetto» e un ispessimento pleurico, la ragazza si è rivolta a Epoch Times chiedendo: «Queste persone porteranno il virus con loro? E se lo diffondessero ulteriormente?».

Zhang sostiene che molti pazienti sono stati dimessi nello stesso modo, gettando ulteriori di dubbi sull’autenticità dei dati ufficiali cinesi. Alcuni di loro hanno anche contratto di nuovo il virus: «Sono molte le mezze verità sui dati del recupero».

La Commissione nazionale cinese per la salute consiglia agli ospedali di rilasciare i pazienti o di trasferirli al reparto appropriato per altre malattie, solo se tutte le seguenti condizioni sono soddisfatte: la loro temperatura è tornata alla normalità per un periodo di più di tre giorni; il paziente ha mostrato un chiaro miglioramento dei sintomi respiratori; vi è una significativa riduzione dell’infiammazione polmonare; i loro campioni respiratori sono risultati negativi al virus due volte, per un periodo di due o più giorni.

Casi nascosti

I funzionari cinesi e i media hanno evidenziato alcuni casi in cui i pazienti avevano ancora il virus, nonostante fossero stati dimessi dall’ospedale.

Il 19 febbraio, un paziente di Chengdu, capitale a sud-ovest della provincia dello Sichuan, che si pensava fosse guarito dal coronavirus, è stato nuovamente ricoverato in ospedale dopo essere risultato positivo al test. Questa persona aveva lasciato l’ospedale il 10 febbraio e da allora era rimasta a casa in auto-quarantena.

Il notiziario locale Notizie della Stella Rossa ha annunciato che Lei Xuezhong, vicedirettore del centro per le malattie infettive dell’ospedale della Cina occidentale, un esperto nell’assistenza sul controllo delle epidemie nello Sichuan, ha richiesto norme più severe per i test di laboratorio, che aumenteranno il numero di test diagnostici per paziente da due a tre, per garantire l’accuratezza. Quando gli è stato chiesto se il caso del paziente di Chengdu fosse segno di una ‘ricaduta’, Lei ha respinto tale possibilità, affermando che fosse probabilmente il risultato di una piccola quantità di virus rimanente che si è manifestata nel corpo, e che quindi non dovrebbe causare preoccupazioni per il pubblico generale.

Secondo la stampa locale, il 4 febbraio una paziente soprannominata Tang, di Hunan a sud dell’Hubei, dopo il test negativo al virus, ha lasciato l’ospedale. Tuttavia le scansioni nella Tac hanno rivelato piccole macchie sull’area polmonare. Tre giorni dopo aver lamentato febbre bassa e tosse secca, è stata nuovamente ricoverata. Le infezioni polmonari erano peggiorate e il 9 febbraio è risultata positiva al quarto test.

Una donna cinese indossa una maschera protettiva mentre cammina per strada a Pechino, in Cina, il 20 febbraio 2020. (Kevin FrayerGetty Images)

Domande sui numeri

Anche la mancanza di coerenza nei dati ufficiali cinesi è stata recentemente oggetto di studio internazionale. Il governo dell’Hubei, di cui Wuhan è il capoluogo, nelle ultime due settimane ha modificato il metodo di conteggio tre volte.

I cambiamenti hanno creato confusione; ad esempio il 20 febbraio Wuhan ha riportato 615 nuovi casi confermati, centinaia in più rispetto a quelli provinciali di 349. I funzionari hanno spiegato che tale aumento era dovuto al fatto che la Cina ha consigliato alla provincia di non tener conto del numero di pazienti clinicamente malati che sono risultati negativi ai test di laboratorio.

Si è trattato di un’inversione di tendenza rispetto alla linea guida precedente, che ha portato a un aumento di dieci volte il numero dei casi del 12 febbraio a 14.840, dei quali oltre 13.300 pazienti con diagnosi cliniche.

In occasione dell’ennesimo cambiamento di venerdì, la commissione sanitaria dell’Hubei ha annunciato che aggiungerà nuovamente i dati mancanti del giorno prima, e coloro che hanno apportato il cambiamento precedente saranno ritenuti responsabili.

Non c’è un posto dove andare

Mercoledì, un giorno prima di mandare a casa la madre di Zhang, l’ospedale di Zhongnan ha annunciato l’intenzione di aggiungere altri 2.000 posti letto.

Prima che la madre di Zhang fosse dimessa, il medico le ha suggerito di mettersi in auto-quarantena a casa ed evitare contatti ravvicinati con i familiari, ma Zhang ha affermato che nel loro minuscolo bilocale condiviso dalla famiglia di tre persone, questo fosse irrealistico.

Personale medico che cammina tra i pazienti con lievi sintomi del coronavirus COVID-19 che riposano di notte nell’ospedale temporaneo allestito in uno stadio sportivo a Wuhan, nella provincia dell’Hubei, il 18 febbraio 2020. (STRAFP tramite Getty Images)

Il suo caso rimane nel limbo: gli ospedali di fortuna, i cosiddetti fangcang, che accolgono pazienti sospetti e quelli con sintomi leggeri, si sono rifiutati di ricoverarla, affermando che le sue condizioni erano troppo gravi. Il comitato di quartiere che si occupa di organizzare il ricovero dei residenti ha sostenuto di non poter fare nulla perché l’ospedale non era sotto la loro giurisdizione, e neppure l’ospedale del loro distretto aveva spazio disponibile.

Anche la commissione sanitaria della città li ha respinti, perché non avevano la supervisione sugli ospedali provinciali come Zhongnan.

Epoch Times ha parlato con le famiglie dei pazienti che si sono lanciati dagli edifici dopo essere stati privati delle cure. Zhang ha riferito di conoscere quattro o cinque persone infette del posto, che in preda alla disperazione hanno tentato il suicidio.

In un post che poi ha eliminato, Zhang aveva scritto: «Certo, le risorse mediche sono limitate, ma non si può solo perseguire un tasso di guarigione e ignorare le esigenze dei pazienti».

 

Articolo in inglese: China’s Hospitals Are Releasing Coronavirus Patients Before They Fully Recover

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