Mattarella blocca tutto, è crisi istituzionale

Era già nell’aria. Dopo quel «sono davvero arrabbiato», pubblicato da Matteo Salvini venerdì sera sulla sua pagina Facebook, si era capito che, nella formazione del nuovo governo, qualcosa non andasse. E quel qualcosa, come tutti hanno subito immaginato, riguardava la già visibile divergenza di opinione con il capo dello Stato sul ruolo chiave del ministero dell’Economia.
Infatti, nonostante il massimo impegno profuso, a loro dire, sia dal presidente Mattarella, sia dall’ormai ex premier incaricato Conte, alla fine non si è trovata alcuna mediazione e, scartata la carta Savona, è saltato tutto il tavolo. E mentre il M5S chiede l’impeachment per il Capo dello Stato, Mattarella ha deciso di convocare per lunedì al quirinale Carlo Cottarelli, che dovrebbe ricevere il compito di formare un governo tecnico.

Quanto accaduto domenica sera 27 maggio, apre quindi nel Paese una crisi istituzionale molto grave e senza precedenti: Conte non ha sciolto la riserva e ha rimesso il mandato da premier affidatogli da Mattarella, dopo che quest’ultimo ha ritenuto opportuno, come consentito dalla Costituzione, di porre il veto sul ministro economico Paolo Savona (proposto dalla maggioranza M5S-Lega), per il timore che la sua nomina potesse portare l’Italia fuori dall’euro.

Secondo il discorso di Mattarella, infatti, «la designazione del ministro dell’Economia costituisce sempre un messaggio immediato, di fiducia o di allarme, per gli operatori economici e finanziari. Ho chiesto, per quel ministero, l’indicazione di un autorevole esponente politico della maggioranza, coerente con l’accordo di programma. Un esponente che – al di là della stima e della considerazione per la persona – non sia visto come sostenitore di una linea, più volte manifestata, che potrebbe provocare, probabilmente, o, addirittura, inevitabilmente, la fuoriuscita dell’Italia dall’euro». Savona, insomma, a certi ‘fa paura’.

«L’incertezza sulla nostra posizione nell’euro ha posto in allarme gli investitori e i risparmiatori, italiani e stranieri, che hanno investito nei nostri titoli di Stato e nelle nostre aziende. L’impennata dello spread, giorno dopo giorno, aumenta il nostro debito pubblico e riduce le possibilità di spesa dello Stato per nuovi interventi sociali. Le perdite in borsa, giorno dopo giorno, bruciano risorse e risparmi delle nostre aziende e di chi vi ha investito. E configurano rischi concreti per i risparmi dei nostri concittadini e per le famiglie italiane», ha proseguito il presidente, non considerando – evidentemente – che un tecnico delle provate capacità e statura di Paolo Savona, probabilmente una soluzione valida – per l’Italia – sarebbe in grado di trovarla.

Il supremo garante della Costituzione prosegue: «[nonostante la, ndr] sollecitazione, ho registrato – con rammarico – indisponibilità a ogni altra soluzione, e il Presidente del Consiglio incaricato ha rimesso il mandato […] Nessuno può, dunque, sostenere che io abbia ostacolato la formazione del governo che viene definito del cambiamento. Al contrario, ho accompagnato, con grande collaborazione, questo tentativo».
Quindi per il Colle non si tratterebbe di un blocco imposto dal presidente della Repubblica, ma semmai di veto posto da Di Maio e Salvini: i leader dei partiti che hanno vinto le elezioni non avrebbero accettato altre soluzioni (Mattarella avrebbe infatti proposto di nominare, al posto di Savona, l’esponente della Lega Giancarlo Giorgetti).

LA RISPOSTA DI CINQUE STELLE E LEGA

Ma Lega e M5S non ci stanno. Per Di Maio infatti, non si tratta di essersi «intestarditi su Savona, ma che tutti quelli come Savona non andavano bene, tutti quelli che nella loro vita (persone di professionalità, di spessore, accademici) avevano preso parte a considerazioni sull’Europa… chi era stato critico su questi argomenti, non va bene come ministro della Repubblica. E allora se questo è il punto, abbiamo un grande problema in Italia, che si chiama democrazia. […] Sono stato un profondo estimatore di Mattarella, ma questa scelta per me è incomprensibile».

E precisa che nel contratto di governo non si progettava un’uscita dall’euro, ma una «modifica dei trattati sull’Europa, e la rivisitazione di alcune regole europee». Non è possibile, per Di Maio, che venga rifiutato un governo, per una persona già «ministro del governo Ciampi» il cui unico «reato» è stato quello di «opinione, di scrivere un libro in cui diceva che l’Europa così concepita sta massacrando agricoltori, giovani e meno giovani italiani, e gli imprenditori».

Infine il leader politico del M5S chiosa: «In sei anni in parlamento non avevo mai visto una cosa del genere, dovete sapere che oggi ci è stato impedito di fare il governo del cambiamento». Per questa ragione, i penta-stellati, assieme a Fratelli d’Italia, stanno adesso chiedendo di valutare l’applicazione dell’articolo 90, che tratta di un delicatissimo tema: la messa in stato di accusa del capo dello Stato.

Durissimo anche il leader del Carroccio Matteo Salvini, che su Facebook scrive: «Che brutta giornata per l’Italia e per la Democrazia. Era tutto pronto, anche io ero pronto a occuparmi di immigrazione e sicurezza, ma niente, qualcuno oggi ha detto “no”. Il governo del cambiamento non poteva nascere, i Signori dello spread e delle banche, i ministri di Berlino, di Parigi e di Bruxelles non erano d’accordo».

SCENARI FUTURI

In merito a quello che potrebbe accadere adesso, si è espressa domenica a ‘Che Tempo che fa’ il presidente uscente del Senato Maria Elisabetta Casellati, che ha dichiarato: «Non penso che si andrà alle elezioni subito. Ci sono appuntamenti internazionali importanti. Se andassimo alle elezioni ora, con la stessa legge elettorale, ci ritroveremmo con le stesse difficoltà di oggi. Siamo in una situazione che si è presentata difficile e continua ad esserlo».

«Non so ipotizzare, quale potrà essere l’iniziativa che Mattarella ha prospettato: un governo neutrale o se ha in tasca un’altra soluzione che non so prefigurarmi […] Penso che prima di ottobre-dicembre le Camere non potranno essere sciolte. Si dovrà modificare la legge elettorale per non tornare alla situazione di oggi che ha dato problemi oggettivi. Che senso avrebbe?».

Il nuovo premier incaricato Cottarelli potrebbe tuttavia, molto probabilmente, non ottenere la fiducia, e questo porterebbe a delle nuove elezioni già a settembre.

 
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