L’agricoltura made in Italy nel cuore di Expo

Tra le innovazioni tecnologiche, i colori e le attrazioni dei padiglioni, sembra quasi che il tema «Nutrire il Pianeta» all’Esposizione Universale non venga trattato dovutamente. Tuttavia con una ricerca più approfondita è possibile arrivare al contatto diretto con le aziende agricole italiane.

Nella via principale del Cardo si creano dei legami tra i visitatori e i rappresentanti del settore primario italiano «perché qui si tocca con mano il prodotto – esordisce così Carlo Bresciani, presidente della Federazione Italiana Cuochi Brescia – Qui rappresentiamo tutta l’Italia con una gamma immensa che va in tutte le stagioni, dalle fragole che presentiamo in questi giorni alla frutta e verdura dal sud per poi finire di nuovo con i prodotti tipi del nord Italia». Il padiglione Coldiretti ogni settimana ospita gli agricoltori di una regione italiana, e ogni giorno ci sono prodotti e produttori differenti, che si declineranno nei sei mesi di Expo anche in base alle caratteristiche stagionali dei cibi.

Una «grandissima opportunità» che a Carlo Maria Recchia, giovane imprenditore agricolo, sta rendendo parecchio. «Questa realtà la vivo in maniera importante perché altrimenti non sarei mai potuto venire come azienda. Considera che per esporre dei prodotti in un padiglione ci vogliono tanti soldi e questo solo come esposizione, Coldiretti invece mi dà uno spazio espositivo, di degustazione, uno spazio di vendita e tutto questo assolutamente gratuito». Carlo Maria ha sfruttato le particolari qualità del mais corvino e, con una coltivazione senza pesticidi e fertilizzanti, è riuscito creare tantissimi prodotti riuscendo persino a utilizzarne gli scarti – ha infatti un accordo con un’azienda per poter riutilizzare i sottoprodotti come materiali plastici per le stampanti 3D.

«Un’innovazione che ha garantito un valore aggiunto al loro lavoro, ma soprattutto ha consentito di entrare direttamente in rapporto con i cittadini» dice Tino Arosio, direttore coldiretti Cremona, che parla di come gli agricoltori, di questi tempi, si stiano modernizzando dal punto di vista economico mantenendo però le qualità imprescindibili del prodotto italiano. Perché l’importanza data al cibo dovrebbe essere preponderante in uno stile di vita sano, soprattutto in un Paese come l’Italia che presenta 273 prodotti tradizionali di origine protetta: «Parliamo di agricoltori che esaltano le qualità territoriali e la ricchezza alimentare del nostro Paese. Qui entrano in rapporto con i consumatori, e quello che fanno costituisce la più grande risposta al vero significato di made in Italy».

Quindi le aspettative di un produttore che partecipa attivamente ad Expo sono sicuramente positive poiché «si mettono, oltre che delle basi di visibilità, anche le basi con buyers, compratori, clienti e fornitori» con il vantaggio di «migliorare dei contatti e delle referenze che già hai e creartene anche di nuove», questo il punto di vista di Norberto Nichetti, responsabile marketing della Carioni Food & Health, azienda cremonese che ha messo a disposizione la sua linea tradizionale di formaggi e che ha conservato la presentazione della nuova linea salutistica senza lattosio appositamente per Expo.

In questo modo il padiglione Coldiretti dà visibilità a tanti prodotti tipici. Un altro esempio è l’azienda Mazza che ha mostrato nelle parole di Andrea grande umiltà e spirito di sacrificio, dato che «un giorno di lavoro nei campi è molto importante, però sicuramente questa è un’occasione per farsi conoscere» e mostrare le qualità dell’asparago di Cantello che arriva da una tradizione agricola secolare in Lombardia.

Un made in Italy che tradotto significa valorizzare la tradizione, per cui concentrarsi sulle «materie prime che sono l’ideale per far riuscire i nostri prodotti di eccellenza – afferma Fabiano Gerevini, presidente Strada del Gusto Cremonese – ritornando finalmente alla territorialità. Così si arriva nei ristoranti e ci si accorge già dalla natura del menù che viene eseguita la tradizione».

Ma questa rappresentazione della realtà agricola italiana deve affrontare anche punti di vista diversi, come quelli delle grandi corporazioni internazionali, per cui il modo migliore per tutelarla è mettere al centro dell’attenzione la tracciabilità, «perché questa è la posizione da cui poter valorizzare fino in fondo i nostri prodotti. Molte persone cercano la qualità, e garantendola possiamo consentire loro di comprendere i sacrifici e il lavoro che stanno dietro ad ogni prodotto», afferma Carlo Malvezzi, consigliere regione Lombardia.

Per cui tracciabilità e rapporto diretto tra produttori e consumatori sono le parole chiave per concepire un modo sano e corretto di rapportarsi al prodotto italiano. Così la trasparenza diventa un segno di rispetto nei confronti di chi fa del duro lavoro il proprio must, e al tempo stesso aiuta ad estirpare il falso prodotto. Perché può succedere che «il consumatore americano creda che il sapore del parmigiano sia quello del parmesan» e, per Tino Arosio, «dal punto di vista dell’educazione alimentare, questo è una tragedia».

Un tema caldo di questi tempi, dato che nell’accordo internazionale del «TTIP si scontrano questi modi di concepire l’agricoltura. L’Italia infatti per le grandi multinazionali è un problema, quindi siamo certi di scontrarci con i grandi poteri, ma noi siamo qui per la distintività, perché in ogni paesino c’è veramente qualcosa di diverso, oppure vogliamo fare le fragole tutte uguali nel mondo?»

Per occasione della giornata dedicata ai prodotti cremonesi hanno partecipato due liutaie e violiniste coreane, studentesse a Cremona, che hanno dato vita ad una performance musicale.

 
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