Il buono, il brutto e il cattivo dell’economia cinese

Per la Cina ci sono una notizia buona, una brutta e una cattiva. La buona: con il rallentare dell’economia cinese e l’abbassarsi dei prezzi delle materie prime, i consumatori occidentali avranno più soldi in tasca. Per il capo economista del Lombard Street Research Diana Choyleva, infatti, «quello che accade nel mondo economico nel complesso dipende dal rapporto tra: (1) l’aumento di entrate e spese del consumatore, e (2) la dimunizione delle entrate e delle spese dei produttori».
Mentre le società di estrazione mineraria e i commercianti di materie prime sono in difficoltà, i consumatori stanno traendo vantaggio dai prezzi più bassi, specie quello della benzina.

Ma mentre i consumatori nell’Unione Europea si sono intascati in pieno il guadagno, secondo la Choyleva gli americani rimangono fermi perché una grossa fetta dei loro risparmi è vincolata al mercato azionario: «Più a lungo dura la volatilità del mercato finanziario, più è probabile che il consumatore americano continui a mettere da parte i guadagni nelle entrate e a non spenderli».

BUONO PER LA CINA

Lo stesso vale per la Cina: i soldi volano via dalle tasche dei produttori e vanno in quelle dei consumatori, e per la Choyleva una svalutazione della moneta potrebbe aiutare il processo.

«Un conto capitale aperto e una moneta più debole produrrebbero tassi di interesse interni più alti. È proprio quello di cui ha bisogno la Cina per aumentare i consumi». Dato che gran parte dei risparmi familiari cinesi risiedono in depositi soggetti a interesse nel sistema bancario, tassi più alti significano maggiori entrate e quindi maggiori consumi. La diminuzione degli investimenti da parte dei produttori cinesi e del governo, d’altra parte, permetterebbe alle aziende occidentali di aumentare i propri investimenti.

Per quanto riguarda invece l’aumento dei prezzi delle importazioni (dovuto a una moneta più debole), la Choyleva ritiene che non sia preoccupante, perché la Cina non importa molti beni di consumo, quanto piuttosto materie prime necessarie per gli investimenti.

SCENARIO CATTIVO PER LA CINA

Tuttavia sembra che le banche centrali occidentali non stiano permettendo alla Cina questa strategia: «Sarebbe stato molto meglio per loro lasciare andare la valuta tutto in una volta. Ma naturalmente sarebbe come far vedere un vestito rosso a un toro; che sia il ‘toro’ giapponese o quello americano».

La Banca del Giappone di recente ha confermato la sua posizione aggressiva nei confronti del monetary easing e ha persino consigliato alla Cina di applicare maggiori controlli del capitale per arginarne le fuoriuscite e prevenire un deprezzamento. La la Choyleva continua: «Siamo nel mezzo di una guerra valutaria. È chiaro che se tutte le maggiori banche centrali del mondo cercano di svalutare per uscire dai guai, nessuno ci riuscirà; tranne ovviamente se troviamo vita su Marte».

Evan Lorenz del Grant’s Interest Rate Observer ritiene che un’acuta svalutazione della moneta cinese avrebbe forti effetti sui programmi elettorali negli Stati Uniti quest’anno: «Sarebbe una catastrofe politica in questo momento: siamo nel mezzo delle elezioni Usa e la Cina è già diventata una questione importante nelle elezioni. Devo immaginare che il front-runner repubblicano Donald Trump porterebbe la Cina in prima pagina durante le elezioni di novembre, se dovessero svalutare del 10-15 per cento. La cosa potrebbe portare a sanzioni commerciali o altri problemi per la Cina nel complesso».

SCENARIO BRUTTO PER LA CINA

Evan Lorenz ha una visione più pessimista di tutta la storia del ribilanciamento cinese: «Sembrerebbe che la bolla dei sovrainvestimenti cinesi stia iniziando a scoppiare, con cattive ripercussioni per la Cina e il resto del mondo». Secondo Lorenz, la Cina ha un grande problema di debito (che è il 240 per cento del Pil, ufficialmente).
Un problema impossibile da risolvere senza una crescita molto più lenta; il regime, di recente, ha posto un obiettivo del 6,5-7 per cento, ma Lorenz pensa che non sia fattibile: «Non è chiaro se sarà uno 0, un 1, un 2 o persino un -1 per cento, ma mi aspetto una crescita inferiore». Il vero problema per la Cina, tuttavia, sarebbe l’eventualità della creazione di un’ulteriore bolla per contrastare la crescita lenta.

Per Diana Choyleva, «se le autorità sparano soldi sul problema, dimenticando le riforme, forse vedremo una ripresa di breve durata. Visto il ritmo allarmante dell’aumento del debito cinese, visti gli eccessi negli investimenti del passato e la mancanza di riforme strutturali in Giappone e nell’area euro, è molto difficile che possa risultare in un miglioramento sano e a lungo termine. Al contrario, la caduta libera dopo una politica del genere sarebbe ancora peggiore».

«Nel passato, quando [la Cina, ndt] ha incontrato questi ostacoli, ha cercato di lanciare un ultimo grande aumento del debito; è quello che abbiamo visto nel periodo della transizione del potere verso il capo del Pcc Xi Jinping nell’ultimo Congresso del 2012».
Sembra che la Cina stia seguendo anche nel 2016 questa politica del «grande aumento»: ha creato più di mille miliardi di euro in finanziamento con capitale di debito fino alla fine di febbraio, un nuovo record.

E non ci sarà un lieto fine, secondo la Choyleva: «La Cina non ha altri dieci anni per far scoppiare bolle, e rimandare a domani. Visto il livello attuale del rapporto debito/Pil, ha al massimo uno o due anni per sbagliare, prima che scoppi. Il lato positivo è che ci sono ancora i fondi per ripulire gli eccessi, adesso, se fa la cosa giusta». Se fa la cosa giusta.

 

Articolo in inglese: The Good, the Bad, and the Ugly Scenarios for China’s Economy

 
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