Green Pass falsi, aumentati del 257% i venditori online

Di Alessandro Starnoni

È ancora guerra ai Green Pass falsi. Dal mese di marzo alla data attuale sarebbe aumentato del 257 per cento il numero di venditori su Telegram di Green Pass contraffatti, con prezzi che sarebbero scesi dai 200 ai 100 dollari nell’ultimo mese.

Lo dicono i dati forniti da Check Point Software Technologies, società di sicurezza informatica citata da Ansa.

E di recente la Polizia italiana ha chiuso 32 di questi canali Telegram, ma ne sarebbero ancora attivi circa 2500, con una media di follower di 100 mila utenti ciascuno. Non solo Italia: anche negli Stati Uniti, Regno Unito e Germania e in molti altri Paesi appaiono gruppi con venditori di certificazioni false.

Tuttavia nella maggior parte dei casi si tratta di truffe, in quanto il codice Qr è difficilmente falsificabile.

Altri metodi di raggiro e difficoltà nei controlli

Le nuove linee guida del Viminale agli esercenti esortano questi ultimi a controllare anche le identità in caso di «manifesta incongruenza con i dati anagrafici contenuti nella certificazione», altrimenti potrebbero incorrere in sanzioni ma solo nel caso siano «riscontrabili palesi responsabilità anche a carico dell’esercente», ad esempio se non chiedesse il Green Pass o se l’esercente non prestasse attenzione appunto ad eventuali palesi incongruenze.

Questa procedura tuttavia lascia non poco spazio alle più svariate tecniche di raggiro, soprattutto da parte di ragazzi. In molti utilizzano il cellulare dell’amico col Green Pass funzionante, facendoselo passare prima di entrare a eventi o in locali al chiuso. E nei casi in cui età e sesso coincidano con quelle del proprietario del Green Pass prestato, è difficile accorgersi delle suddette ‘palesi incongruenze’ per poter passare poi alla verifica del documento.

In altri casi vengono modificati i dati anagrafici sul foglio del Green Pass, mentre il codice Qr rimanda ai dati di altre persone. Oppure possono essere modificate le date dei tamponi qualora si mostrasse il referto fornito senza il codice Qr (alcuni eventi richiedono solo il referto del tampone per poter partecipare). Tutti questi raggiri sono tuttavia punibili oltre che con multe anche con sanzioni penali.

Ci sono situazioni inoltre in cui, se l’afflusso di persone al locale è molto alto, risulta difficile per gli esercenti controllare con accuratezza e rapidità la validità delle certificazioni, in mezzo ad altro lavoro da dover sbrigare.

E vista l’apparente complessità della situazione dovuta anche forse alla novità della stessa, gli esercenti si difendono e per ora mettono le mani avanti: «Ci auguriamo che la nostra ‘richiesta’ della carta di identità avvenga soltanto laddove si ravvisi una palese contraffazione del certificato. E in quel caso, se il cliente si rifiuta di esibire il documento, chiameremmo le forze dell’ordine. Non possiamo sostituirci a un pubblico ufficiale», avverte, secondo Ansa, il direttore generale della Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe) di Confcommercio, Roberto Calugi.

 
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