Free China a Padova: «Questo film parla della libertà di credere»

Free China: Il coraggio di credere è «un film coraggioso, anche per chi lo porta al pubblico», ha dichiarato sabato Marina Buffoni, assessore del Comune di Padova, dopo la prima uscita del film nel capoluogo veneto.

L’assessore ha tenuto a precisare il sostegno del Comune all’evento: nonostante le oltre 700 proiezioni private della pellicola in tutto il mondo, compresi Parlamento Europeo e Camera dei Deputati in Italia, «ricordo che alcune amministrazioni comunali non hanno accettato la proiezione di questo film. Ritengo che Padova invece sia coraggiosa», ha detto la Buffoni.

Recente è il caso di Prato, dove l’amministrazione comunale non ha ancora appoggiato l’iniziativa, programmata per il 15 giugno al Castello dell’Imperatore, e che probabilmente slitterà. Il sindaco pratese Matteo Biffoni temerebbe interferenze e ritorsioni sul territorio – che ospita 30 mila cinesi, per lo più clandestini  – da parte del Consolato cinese, ostile al film di Michael Perlman.

Il docu-film, diretto dal regista statunitense e coprodotto da Ntd Television, racconta le storie intrecciate di un ex membro del Partito Comunista Cinese, Jennifer Zeng e di un imprenditore sino-americano, Charles Lee, arrestati e torturati per la loro fede comune nel Falun Gong, una pratica meditativa che si basa sui principi di verità, compassione e tolleranza, e che viene brutalmente perseguitata dal governo cinese fin dal 1999.

Il film illustra anche le condizioni di vita nei campi di lavoro cinesi, in cui milioni di prigionieri sono costretti a lavorare gratuitamente per produrre le merci ‘made in China’ che ogni giorno inondano i mercati occidentali.

Free China è importante perchè denuncia la violazione dei diritti fondamentali dell’uomo mentre avvengono «quasi nella totale cecità del mondo occidentale», ha spiegato la Buffoni durante la presentazione; il film responsabilizza non solo le amministrazioni e il mondo istituzionale, ma anche il singolo individuo, che decide di acquistare prodotti fabbricati in Cina «nella totale discriminazione e nella totale abnegazione del minimo dei diritti umani», e potrebbe sensibilizzare le comunità cinesi in Italia, a capire, a seguire, a rispettare le leggi, gli usi e i costumi locali, aiutandole a integrarsi.

«Vedendo questo film ho pensato: “non si può dire che qua dentro fa caldo, e che mi costa fatica scegliere un altro prodotto”. Io prendo l’impegno qui davanti a voi oggi di rifiutare i prodotti cinesi fino a quando la promessa del governo cinese di mettere al bando il prelievo di organi, (che) dovrebbe partire dal 2015, non sarà diventata realtà», ha affermato dopo la proiezione il senatore Giovanni Endrizzi del Movimento 5 Stelle, in uno dei primi pomeriggi afosi della stagione.

Anche se, come ricorda il collaboratore del senatore, Giorgio Burlini, la legge europea sul ‘Made in’ è bloccata dall’articolo 7, che prevede il consenso generale da parte del rappresentante di governo di tutti i paesi membri: Germania, Olanda, Svezia, Inghilterra non avendolo ancora dato, impediscono l’effettiva tracciabilità della provenienza dei prodotti acquistati.

La verità, uno dei valori centrali del film, è indispensabile, ha detto Endrizzi, per sperare di migliorare noi stessi e il nostro mondo. In Parlamento si cerca di evitare di parlare di verità così imbarazzanti come quello del prelievo forzato di organi, «e questo per me è la prima sconfitta», ha spiegato.

Di sicuro il prelievo forzato degli organi è l’aspetto più toccante, ma secondo il senatore, poi bisogna andare oltre, perchè è «sul piano della coscienza, sul piano della libertà che questa battaglia va condotta: questo film parla della libertà di credere».

Il senatore Franco Conte (Ncd), assente per «precedenti impegni assunti», ha inviato una nota di apprezzamento dell’iniziativa, dove ricorda la posizione della Commissione Diritti Umani del Senato, di cui è membro, che nel marzo 2014 ha approvato una risoluzione che impegna il Governo Italiano «ad assumere iniziative presso il Governo Cinese per contrastare la pratica dell’espianto coatto mediante il rilascio di tutti i prigionieri di coscienza compresi i praticanti del Falun Gong; a rivedere i programmi di formazione tra medici cinesi e italiani sulle tecniche di trapianto d’organi negli ospedali italiani; a perseguire il traffico internazionale di organi secondo le convenzioni internazionali promuovendo un inasprimento delle sanzioni per gli intermediari coinvolti».

LA STORIA SI RIPETE

Nel 1999, gli oltre 70 milioni di praticanti del Falun Gong, secondo le stime del governo cinese, sono stati «visti numericamente temibili, e hanno deciso di stroncarli, perché questa visione dell’esistenza, che è più spirituale, rischiava di sovrapporsi a quella materialistica imposta dal regime», ha dichiarato Adriana Ivanov, consigliere dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.

Adriana ha detto di essere stata molto toccata nell’animo, dalle scene del film, come quelle mentre bruciano i libri del Falun Gong, perché possono evocarle gli orrori degli anni a ridosso della seconda guerra mondiale. «Dal falò dei libri di Hitler al ricordo di Mengele mi pare che l’orrore si sia ripetuto in maniera analoga, se non addirittura peggiore perché abbiamo constatato che qui parliamo degli anni ’90, degli anni 2000 e anche 2015. Quindi chiaramente non abbiamo imparato niente dalla storia… Da quel comunismo sono scappata, non ancora coscientemente, e sono stata portata via in braccio dai miei genitori quando avevo 15 mesi… Noi italiani al confine orientale siamo gli unici ad averlo provato: oltre al fascismo e al nazismo abbiamo provato il comunismo… Ho sofferto molto per questo film, perché vedo che ancora si sta subendo la violenza e l’alienazione di quello, sono anche un insegnate in pensione, di quello che ai nostri alunni trasmettevamo come i diritti inalienabili dell’uomo, che vengono dichiarati dalla dichiarazione universale dei diritti – parliamo del ’49 – e ancora non vengono rispettati. Quindi guardare questo ci fa capire che se il fascismo e il nazismo storicamente sono archiviati, il comunismo non lo è, e che forse bisognerebbe capire che i fantasmi del passato sono passato, ma gli orrori del presente, purtroppo, continuano ancora a creare martiri innocenti».

 
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