Corea del Nord Vs Usa, non esiste alternativa alla tensione

Il Centro per il Controllo e Prevenzione delle Malattie degli Stati Uniti ha organizzato un incontro per discutere e programmare un intervento adeguato in caso di eventuale guerra nucleare; nel suo sito web ha dichiarato: «anche se una esplosione nucleare è improbabile, se dovesse verificarsi le conseguenze sarebbero devastanti e il tempo per intervenire sarebbe poco e limitato». Il Centro ha programmato il briefing per il 16 gennaio con l’immagine della nube a forma di fungo atomico e la scritta: «Preparazione e pianificazione possono diminuire morti e malattie» in caso di pioggia radioattiva, spiegando inoltre che – in caso di attacco – mettersi al riparo e non spostarsi per almeno 24 ore «è cruciale per salvare la vita e ridurre l’esposizione alle radiazioni».

L’annuncio viene dopo un anno di escalation di minacce nucleari da parte del leader della Corea del Nord Kim Jung-un, che nel messaggio di inizio anno ha affermato di avere un pulsante sempre pronto sulla sua scrivania per poter lanciare un attacco nucleare.

Il dittatore nordcoreano Kim Jong-un in una recente foto rilasciata dai media di stato.

Sebbene lo stato maggiore degli Stati Uniti ritenga un attacco improbabile, nelle Hawaii, per cautela, le autorità di gestione dell’emergenza hanno rilasciato le linee guida per la prevenzione di un attacco nucleare, stabilendo già dal 1 dicembre un controllo mensile delle sirene di allerta missili. E il sistema di allarme nelle Hawaii – come si è avuto modo di vedere ultimamente – funziona egregiamente.

Nel messaggio di capodanno diffuso dai media della Corea del Nord il leader Kim ha affermato: «L’intero territorio [degli Stati Uniti, ndr] è nel campo di un attacco nucleare e il bottone per lanciarlo è sulla mai scrivania pronto in ogni momento». Trump ha risposto martedì 2 gennaio con un Tweet: «Anche io ho un bottone nucleare sulla mia scrivania, ma è molto più grande e potente del suo e soprattutto il mio funziona davvero!».
Kim Jong-un ha anche affermato che il 2017 è stato «un anno di eroici sforzi» che ha condotto alla costruzione di «un potente Paese socialista». In proposito, gli analisti dell’intelligence statunitense ritengono che sia proprio questa ‘ideologia dello sforzo’ a rendere la pace con la Corea del Nord difficile se non impossibile: il regime della Corea del Nord crea all’interno del Paese un clima in cui a dominare è il pensiero di una guerra imminente e senza fine, che richiede in riposta uno sforzo costante.

Questa ‘tensione’ pesa in maniera pesante sul popolo nordcoreano, che lotta per sopravvivere a causa della scarsità di cibo [l’80% della popolazione è ridotta alla fame, e tutte le derrate alimentari vengono convogliate per sostenere l’esercito ndr] e per riuscire a resistere in vita ai campi di lavoro forzato, che sostengono la nazione con manodopera gratuita.

Donne soldato nordcoreane in una sfilata del 15 aprile 2017 (Pedro Ugarte/AFP/Getty Images)

Il dittatore Kim Jung-un è diventato leader del Partito Comunista Nordcoreano per diritto di nascita, non per elezione. Ed è il nipote di Kim Il Sung, il fondatore della Repubblica Democratica di Corea, che nel 1950 aveva invaso la Corea del Sud.
Al tempo gli Stati Uniti per fermarlo hanno bombardato buona parte del territorio nordcoreano; per cui da quel momento, il regime nordcoreano ha incolpato gli Stati Uniti per ogni tipo di difficoltà, giustificando il mantenimento di uno stato di guerra perenne che opprime un intero popolo sotto il controllo della dittatura militare. In Corea del Nord gli affari militari vengono infatti al primo posto, prima ancora del cibo.

Secondo gli analisti tutto questo crea una barriera enorme alle prospettive di pace. Il 4 ottobre 2017 Yong Suk Lee, vice direttore della Cia’s Korea Mission Center, ha dichiarato che per un regime come quello nordcoreano, che si basa su una perenne minaccia di guerra, ogni possibile distensione con gli Stati Uniti porterebbe alla delegittimazione della leadership: «la Corea del Nord è un regime politico che prospera con lo scontro e il conflitto. Uno dei più grandi ostacoli al dialogo è che, se si arrivasse davvero a un buon punto con le trattative di pace, il regime dovrebbe comunicare al proprio popolo: “ora siamo diventati amici degli Stati Uniti” […] ma la Corea del Nord si è retta finora su una base ideologica di opposizione agli Stati Uniti. Se le cose dovessero cambiare, dove andrebbero a finire e a cosa sarebbero serviti i 60/70 anni di sacrifici che il popolo nordcoreano ha dovuto sopportare?».

Secondo un altro analista, anche se i funzionari della Corea del Nord hanno riattivato una linea di comunicazione con la Corea del Sud che era bloccata da due anni, ogni possibile riduzione della tensione è alquanto improbabile.
Rah Jong-yi, diplomatico e capo dell’intelligence sudcoreana, crede che Kim userà ogni contatto e ogni conversazione con la Corea del Sud per spingerla a concedere aiuto e sostegno o altre concessioni, «ma la Corea del Nord non può sopravvivere in pace. Il regime di Pyongyang può solo continuare a sopravvivere sfidando e cercando il conflitto con i propri vicini. La pace farebbe cadere il dittatore».

 

Articolo in inglese: US Agency to Hold Briefing on How Public Can Prepare for Nuclear War

Traduzione di Fabio Cotroneo

 

 
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