Gli intrighi di potere dietro la ‘lettera’ a Xi Jinping

Il nemico dell’attuale leader del Pcc, Xi Jinping, si nasconderebbe dietro la lettera che puntava ad attaccare pesantemente il suo governo e a minacciare la sua famiglia. Questa conclusione è suggerita da un riesame della lealtà politica di diversi soggetti coinvolti nello sfogo nato nello Xinjang con la pubblicazione della lettera, e dopo un attento sguardo all’attuale panorama politico della Cina.

Per oltre un decennio, i capi di Partito dello Xinjiang, nell’estremo ovest della Cina, sono stati collegati a una potente fazione del Partito supervisionata dall’ex leader del regime cinese Jiang Zemin: posizionando fedeli alleati in posizioni chiave all’interno del Partito, Jiang è riuscito mantenere un’influenza rilevante nella politica cinese, pur avendo abbandonato tutte le posizioni ufficiali da oltre un decennio.

Tra il 2002 e il 2014 lo Xinjiang era sotto la supervisione di due scagnozzi di Jiang, l’ex zar della sicurezza Zhou Yongkang e Luo Gan. Zhou ha preso il posto di Luo alla guida di un piccolo ma cruciale processo decisionale ed esecutivo che sovrintende la regione.
E gli scagnozzi di Jiang, a loro volta, hanno fatto far carriera ai loro compari: secondo l’emittente internazionale tedesca Deutsche Welle, Zhou Yongkang nel 2010 ha fortemente raccomandato l’attuale capo di partito dello Xinjiang, Zhang Chunxian, per sostituire l’uscente Wang Lequan. Media cinesi esteri e dissidenti riportano che sia Zhang che Wang sono noti compari di Zhou. Però, mentre Zhou Yongkang è stato destituito e condannato all’ergastolo nel 2015, Zhang Chunxian spadroneggia libero nello Xinjiang, chiaramente irritato dagli sforzi di Xi Jinping di assumerne il controllo.

Decine di leader di Partito d’alto livello hanno recentemente riconosciuto Xi come ‘centro’ del Partito, titolo storicamente significativo utilizzato per elogiare i leader di primaria importanza, come Mao Zedong, Deng Xiaoping e Jiang Zemin (ma non il successore di Jiang, Hu Jintao). Ma l’otto marzo, Zhang invece ha seccamente rifiutato l’opportunità di dichiarare la sua fedeltà in una sessione pubblica ripresa dai media durante un’importante conclave annuale di partito.

Quattro giorni prima, una lettera di ammutinamento firmata da ‘membri leali del Partito’, apparsa sul giornale online Wujie con base nello Xinjiang e indirizzata a Xi Jinping, dimostrava la riluttanza di Zhang Chunxian.

Wujie, lanciato nel 2015, aveva lo scopo di promuovere la politica ‘Cintura e Strada’ di Xi, una nuova iniziativa economica con i paesi dell’Eurasia. La lettera, critica verso anche la stessa politica che Wujie avrebbe dovuto promuovere, è stata rimossa, e in seguito Wujie ha riportato solo articoli dei portavoce statali People’s Daily and Xinhua News Agency.

Data la sfacciataggine della lettera, molti hanno speculato sul fatto che li sito di Wujie fosse stato violato. Ma gli ispettori dell’Amministrazione Cyberspazio della Cina hanno dichiarato di non aver rilevato tracce di intrusione, e si sono chiesti come un sito web ospitato da Alibaba, servizio di hosting tra i più sicuri in Cina, potrebbe mai essere violato.
Secondo il media cinese con sede all’estero Boxun, gli ispettori in seguito hanno sospettato un ‘complotto interno’: i due uomini in cima alla gerarchia di Wujie, il presidente consiglio Li Wanhui e il presidente Ouyang Hongliang, sono direttamente collegati con l’elite del Partito dello Xinjiang.

Li Wanhui detiene diversi titoli, tra cui quello di caporedattore a Tianshan Net, un portale di notizie di proprietà governativa nello Xinjiang, e dirige la divisione internet presso l’Ufficio Pubblicità del Dipartimento di Propaganda dello Xinjiang. Secondo Mingjing News, una giornale cinese a New York che commercia in gossip politico da Pechino, Li è uno ‘stretto collaboratore’ di Zhang Chunxian, il capo dello Xinjiang. E, secondo Deutsche Welle, Ouyang Hongliang è noto per essere ‘molto ben informato’ dai piani alti dello Xinjiang.
Secondo Radio France Internationale, poi, a partire da fine marzo, Li e Ouyang figurano tra le oltre venti persone sottoposte a fermo per la lettera contro Xi Jinping.
Naturalmente è impossibile dimostrare che la lettera sia stata un complotto messo in atto da politici nemici di Xi, ma è una possibilità, nel contesto della guerra di potere senza esclusione di colpi interna al Partito Comunista Cinese.

Per come la mette Xiao Qiang, fondatore del sito web China Digital Times, che monitora la propaganda e i social media cinesi, «Bluff o verità, questo suona più come dei golpisti che dicono al leader di volerlo destituire, piuttosto che una lettera aperta su divergenze politiche». La campagna anti-corruzione di Xi Jinping ha distrutto la ricchezza e il potere accumulati in tutta la Cina attraverso un livello di corruzione senza eguali da potenti famiglie politiche, molti delle quali sono legate in un modo o nell’altro alla rete radicatasi durante il regno di Jiang Zemin e dei suoi scagnozzi.

Chiunque sia coinvolto in un’impresa simile rischia di esporsi alla retribuzione riservata ai colpevoli di tradimento contro il Partito Centrale.

Nessun funzionario in Cina potrebbe ignorare i metodi impiegati dagli investigatori segreti interni al partito per costringere gli imputati a confessare. Zhou Wangyan, ex direttore dell’ufficio di amministrazione fondiaria, ha dichiarato a Associated Press nel 2014 che gli interrogatori gli hanno spezzato una gamba, lo hanno privato del sonno, e lo hanno costretto a mangiare feci.
Un anno prima c’erano state segnalazioni di funzionari di Partito morti mentre venivano torturati dopo l’arresto. Se dietro la lettera ci sono in effetti funzionari di Partito collegati a Jiang, è chiaro che sarebbero pronti a giocarsi salute e carriera per surclassare Xi Jinping. E il gioco d’azzardo ha già dato qualche risultato: la comunità internazionale di osservatori della Cina, ha immediatamente ignorato le probabili origini faziose di questa lettera: l’hanno interpretata come fosse un esempio di una genuina contestazione verso Xi.
E gli avversari di Xi Jinping hanno molto da guadagnare nel ribaltare la situazione. Ad esempio, se Xi si sente assediato potrebbe rallentare o addirittura mollare la presa e rinunciare a ottenere il pieno controllo politico attraverso la campagna anti-corruzione, consentendo in tal modo agli anziani del Partito e ai loro fedelissimi di continuare a esercitare la loro influenza, proteggere i loro interessi e, alla fine, di cogliere l’occasione per spodestarlo.

Prima che Xi si insediasse nel 2012, si diceva che il clan di Jiang Zemin cercasse di sostituirlo o addirittura di assassinarlo. Voce confermata da un discorso di Xi del 2015 nel quale ha indicato negli scagnozzi di Jiang – l’ex zar della sicurezza Zhou Yongkang, il defunto generale Xu Caihou, il cospiratore ex direttore dell’Ufficio Generale Ling Jihua, e la volpe Bo Xilai ex capo di Chongqing – i golpisti che hanno cercato di «portare avanti cospirazioni politiche per distruggere e dividere il partito».

Secondo Xia Xiaoqiang, commentatore politico per l’edizione in lingua cinese di EpochTimes, un fattore chiave che porta Jiang Zemin e i suoi fedelissimi a resistere a Xi Jinping è la volontà di non essere ritenuti responsabili per i loro crimini contro la pratica spirituale del Falun Gong.
Jiang ha lanciato la persecuzione del Falun Gong nel 1999 e si è impegnato nel perpetrarla con ogni mezzo. In particolare, considerando le prove che continuano a emergere dimostrano l’entità del vero e proprio genocidio dei praticanti Falun Gong per i loro organi, questo motivo diventa più facilmente credibile. I funzionari che temono di perdere i guadagni ottenuti con la corruzione, o anche di essere puniti per quei guadagni, diventano potenziali reclute di ogni sforzo contro Xi Jinping messo in atto dal clan di Jiang Zemin.
La lettera può quindi essere stata anche un tentativo di appellarsi ai funzionari tra le élite più ampie, fermamente intenzionate a resistere Xi per mantenere e tutelare i loro interessi.

Più di recente, un lettera anti-Xi ancora più audace è stata pubblicata nel Mingjing News. Questa lettera risulta scritta da 171 «membri leali del Partito Comunista Cinese» all’interno del «Partito, il governo, l’esercito e altre organizzazioni».
La lettera ha accusato Xi Jinping di cinque ‘gravi errori’ e ha chiesto la sua immediata rimozione. Data la spudoratezza necessaria per scrivere e pubblicare questo genere di lettere, e dei rischi connessi, quali sono le probabilità che a scrivere sia stato davvero un movimento di ‘membri leali del Partito Comunista’?

Articolo in inglese: Controversial Anti-Xi Jinping Letter Issues From Backyard of Political Rivals

 

 
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