Blackout nazionale, i venezuelani di nuovo in piazza

Il 9 marzo decine di migliaia di persone si sono riversate ancora una volta nelle strade di Caracas per protestare contro il regime venezuelano di Nicolas Maduro. Nel frattempo, un blackout nazionale senza precedenti ha gettato il Paese nell’oscurità.

I cittadini venezuelani stanno denunciando da anni la carenza di viveri e medicinali, l’esorbitante inflazione (che è ormai andata oltre il 10 milioni percento) e le brutali violazioni dei diritti umani commesse dalle forze dell’ordine; da giovedì pomeriggio, tuttavia, la popolazione ha un altro motivo per far sentire la propria voce, poiché il Paese sta sperimentando il peggiore blackout degli ultimi decenni.

Mariana Lopez, una ragazza di 25 anni che vive a San Fernando de Apure, ha dichiarato: «Siamo stanchi di tutto questo. Ci sono stati molti guasti elettrici [in passato, ndr], ma è la prima volta che l’elettricità manca per intere giornate in tutta la nazione».
La Lopez è abbastanza fortunata da aver potuto mettere da parte provviste a sufficienza – un bene sempre più raro nel Paese – ma molti altri non hanno avuto lo stesso privilegio, e ora che l’assenza di energia elettrica si protrae da oltre 3 giorni, la situazione diventa sempre più critica.

«Non abbiamo ne internet, né acqua, né telefono e tutto il nostro cibo è andato a male», ha dichiarato un residente della città di Valencia, che ha preferito mantenersi anonimo per evitare eventuale ripercussioni da parte dello Stato. «È una guerra, ma senza nemici, tutti lottano per sopravvivere. Ho due bambini piccoli e non so quanto potremmo resistere ancora».

I venezuelani partecipano a una protesta contro il regime di Maduro il 9 marzo 2019 a Caracas, Venezuela. (Edilzon Gamez/Getty Images)

Aldilà dei manifestanti, le strade erano semi deserte e i pochi negozi aperti accettavano solo dollari o euro, dal momento che anche i pos per i pagamenti con carta di credito erano inutilizzabili.

Il pomeriggio di venerdì 8 marzo la corrente elettrica è stata momentaneamente ripristinata, ma la mattina di sabato è stata nuovamente interrotta perché le centrali elettriche secondarie, per via della manutenzione inadeguata, non hanno potuto reggere il carico, riportando cosi nell’oscurità 22 delle 23 regioni del Paese.

Di fronte alla folla appassionata che riempiva l’Avenida Victoria, nel centro di Caracas, Juan Guaido, riconosciuto da Washington e da oltre 50 nazioni come legittimo presidente ad interim del Venezuela, ha inveito contro il governo di Maduro per aver provocato una «tragedia senza precedenti». Alcuni dei manifestanti, in preda alla frustrazione, si sono scontrati con la polizia che stava cercando di disperderli.

«La strada è stata veramente lunga, siamo sfiniti, ma non abbiamo intenzione di fermarci», ha dichiarato con aria di sfida il giovane leader Juan Guaido, mentre tentava di raggiungere le orecchie della folla con un megafono, in quanto il suo palco abituale era stato smantellato dalle forze dell’ordine la notte precedente.

Maduro, che continua a godere del sostegno dell’esercito, è riapparso in pubblico dopo due giorni di silenzio stampa davanti ad alcune centinaia dei suoi sostenitori. «Sono qui, per affrontare le mie responsabilità», ha dichiarato, prima di iniziare ad accusare le potenze straniere per aver violato la sovranità nazionale del Venezuela.

Blackout

In un Paese tropicale come il Venezuela non è solo il cibo a marcire quando manca la corrente: anche alcuni farmaci essenziali per il trattamento dei tumori cominciano ad andare a male e i pazienti affetti da insufficienza renale sono costretti a stare diversi giorni senza poter ricevere i trattamenti di dialisi. Un video postato nei social network ha mostrato inoltre dei medici nel disperato tentativo di mantenere in vita un neonato pompando manualmente aria nei suoi polmoni, dal momento che i respiratori elettronici dell’unità intensiva sono diventati inutili dopo l’esaurimento dei generatori di emergenza.

Juan Guaido, riconosciuto da oltre 50 nazioni come presidente ad interim del Venezuela, parla durante una manifestazione a Caracas il 9 marzo 2019. (Federico Fede/AFP/Getty Images)

Secondo il membro del Congresso Jose Manuel Olivares, sarebbero morte diciassette persone negli ospedali a causa del blackout.

Il ministro delle Comunicazioni del Venezuela, Jorge Rodriguez, ha attribuito la colpa di questa crisi agli Stati Uniti, che secondo lui avrebbero «attaccato» il sistema di controllo della rete idroelettrica che fornisce al Paese il 70 percento dell’elettricità.

Le affermazioni di Rodriguez sono state però smentite dal senatore statunitense Marco Rubio, dal Segretario di Stato Mike Pompeo, e dal vicepresidente Mike Pence, che hanno tutti respinto categoricamente le accuse, spiegando inoltre che una nazione straniera non avrebbe potuto interferire in alcun modo con il sistema elettrico venezuelano, che è saldamente controllato dall’esercito.

Rubio si è fatto persino beffe delle accuse del ministro venezuelano pubblicando il seguente post su Twitter giovedì pomeriggio: «Le mie scuse al popolo venezuelano. Devo aver premuto il pulsante sbagliato sull’applicazione ‘attacchi alla rete elettrica’ che ho scaricato dall’Apple Store. È colpa mia».

Per le persone coinvolte, comunque, il blackout non è una faccenda su cui scherzare. Le reti metropolitane sono bloccate, la maggior parte dei voli sono stati cancellati, e il 96 percento della popolazione si trova ancora senza accesso a internet.

Buona parte dei 3 milioni di venezuelani che sono fuggiti dal Venezuela negli ultimi anni a causa della crisi, cercano disperatamente di mettersi in contatto con i propri cari, temendo che possano essere in pericolo.

«Sono terribilmente preoccupata perché mia madre e mia sorella sono lì, e per me sono le persone più importanti al mondo», ha dichiarato Alessandra Paez dalla città di Bogota, in Colombia. Alessandra infatti non sente la sua famiglia dal pomeriggio del 6 marzo, mentre solitamente invia loro del denaro ogni settimana: «Se si ammalassero nessun ospedale le curerebbe, se avessero fame non avrebbero modo di comprare il cibo, e anche se ci fosse un’emergenza non potrei fare nulla per loro».

 

Articolo in inglese: Venezuelans Take to the Streets Again as Country Endures Nationwide Blackouts

 
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