Bank of China rinviata a giudizio per inchiesta su riciclaggio

La procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio di 297 persone della Bank of China per associazione a delinquere, riciclaggio, evasione fiscale e trasferimento fraudolento di valori all’estero. Il caso è scoppiato all’inizio di giugno quando quattro dirigenti della filiale di Milano erano stati arrestati per trasferimento illecito di denaro dall’Italia alla Cina. 

Tra gli indagati della Bank of China di Milano vi sono il direttore generale, il vicedirettore, il responsabile ufficio rischi e l’ufficio audit; poi i titolari di un’agenzia di Bologna Money2Money e i loro agenti titolari; e infine molti immigrati cinesi che vivono in Italia, che depositavano i soldi nella rete Money2Money.

Tra queste 297 persone, 24 sono stati accusati di associazione a delinquere aggravata dalla finalità mafiosa, poiché è stata riconosciuta l’intimidazione, il vincolo omertoso e la sottomissione tra i membri, si legge su Ansa. Il maxi-riciclaggio avrebbe rafforzato la capacità economica delle organizzazioni mafiose cinesi di Prato e Firenze dedite all’immigrazione clandestina dal loro Paese.

Il giochino era semplice. Gli immigrati cinesi davano i soldi alle agenzie Money2Money per trasferirli in Cina e gli agenti di Money2Money frazionavano il denaro in piccole somme per eludere la normativa antiriciclaggio. Decine di operazioni tutte uguali, con lo stesso mittente e svolte in pochissimi minuti, riporta Ansa. Insomma un meccanismo ben oliato, che ha portato tra il 2006 e il 2010 a oltre quattro miliardi di euro inviati in Cina. 

Ed è qui che entra in gioco Bank of China. Quasi la metà del denaro veniva incanalato nella filiale di Milano, che ha guadagnato oltre 758 mila euro in commissioni. Secondo gli inquirenti le quattro parti indagate sono colpevoli per non aver segnalato le operazioni sospette, aiutando quindi a nascondere l’origine e la destinazione dei soldi, tra l’altro d’illecita provenienza. I soldi provenivano dalla contraffazione, dal contrabbando, dal furto, dall’appropriazione indebita e dai reati doganali, riporta Ansa. Ma non è tutto, perché una volta inviati, i soldi venivano utilizzati per acquistare merci contraffatte in Cina da importare in Italia. 

Purtroppo la polizia italiana non è stata in grado di continuare le indagini all’estero poiché le autorità cinesi non hanno collaborato. «Non abbiamo avuto la possibilità, nonostante i molti tentativi fatti, di avere un contatto ufficiale con le autorità giudiziarie e di polizia della Cina», ha detto Pietro Suchan, pm antimafia che ha avviato le indagini, riporta Ap. «Abbiamo scoperto il 50 per cento della verità». 

Ap tuttavia ha riportato che una parte del denaro è arrivata alla Wenzhou Cereals Oils and Foodstuffs Foreign Trade Corporation, una grande azienda di import-export controllata dal governo cinese. Questa azienda è stata accusata di spedire più volte merce contraffatta, una parte della quale verso gli Stati Uniti. 

In risposta all’articolo di Ap, il giornale statale cinese Global Times ha pubblicato un articolo di contestazione in cinese, difendendo la Bank of China e giudicando l’articolo di Ap come «strano». L’articolo, che è stato ripreso da altri media cinesi, ha citato un esperto di legge che ha sostenuto che la Bank of China ha «l’obbligo di cooperare con la polizia italiana». 

Ad ogni mod Bank of China ha negato qualsiasi violazione, e gli avvocati proprietari della rete di trasferimento di denaro hanno detto che i loro clienti non sono colpevoli. 

Per Pechino la cooperazione giudiziaria è diventata importante, da quando sta facendo pressione sui governi occidentali per aiutare a dare la caccia ai funzionari corrotti fuggiti all’estero. La campagna anticorruzione di Xi Jinping è una priorità assoluta per il Partito Comunista Cinese, che cerca di mostrare la sua legittimità al mondo attraverso queste purghe. Pechino ha già punito oltre 100 mila funzionari per corruzione. 

Italia e Cina hanno firmato un memorandum di cooperazione giudiziaria nel mese di settembre e finora i segni più visibili di collaborazione sono stati in favore di Pechino. Nel mese di febbraio l’Italia ha estradato una donna cinese accusata di aver rubato l’equivalente di circa 200 mila euro presso una società di titoli nella provincia dell’Hebei. Era la prima volta che qualcuno era stato estradato dall’Europa per una criminalità economica, secondo il Ministero cinese di Pubblica Sicurezza.

Con reporting di Erika Kinetz. 

Immagine della Bank of China a Hong Kong fornita da Shutterstock

Articolo in inglese: ‘ Italian Prosecutors Seek to Indict Bank of China and 297 People for Money Laundering

 
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