Circa il 35 per cento delle aziende di Hong Kong valuta di trasferirsi

Di Frank Fang

Un’indagine commerciale pubblicata il 13 luglio evidenzia che rispetto a un mese fa, un numero maggiore di aziende sta ora valutando la possibilità di lasciare Hong Kong per via della legge sulla sicurezza nazionale attuata dal regime di Pechino.

La legge, che Pechino ha formalmente emanato dopo una votazione cerimoniale il 30 giugno, criminalizza gli individui per qualsiasi atto di sovversione, secessione, terrorismo e collusione con forze straniere contro il Partito comunista cinese (Pcc), con pene massime fino all’ergastolo.

Dal 6 al 9 luglio, la Camera di Commercio Americana (AmCham) di Hong Kong ha intervistato 183 membri, ovvero il 15 per cento del totale. Tra loro, 98 sono aziende con sede negli Stati Uniti, 65 con sede a Hong Kong e 13 con sede in Europa.

Circa il 30 per cento degli intervistati ha dichiarato di aver preso in considerazione la possibilità di spostare attività o operazioni commerciali fuori città nel medio-lungo termine, mentre circa il 5 per cento sta pensando di farlo nel breve periodo. La percentuale combinata è di circa 6 punti in più rispetto al precedente sondaggio dell’AmCham pubblicato il 3 giugno, quando circa il 29 per cento dei 180 intervistati aveva risposto che stava considerando di trasferirsi.

Nel sondaggio attuale, un membro non identificato ha dichiarato di essere «preoccupato per il libero flusso di informazioni e per l’integrità dei dati, così come per la sicurezza personale».

Un altro membro non identificato ha citato un rischio politico «fortemente aumentato» come la ragione per soppesare un taglio alle operazioni commerciali in città.

Alla domanda se prenderanno in considerazione la possibilità di lasciare personalmente Hong Kong alla luce della legge sulla sicurezza nazionale, il 48 per cento ha risposto che lo farà nel medio-lungo periodo, mentre quasi il 4 per cento, nel breve termine. Nel sondaggio di giugno, circa il 38 per cento ha dichiarato di star considerando di abbandonare la città.

Il sondaggio di giugno è stato condotto pochi giorni dopo che il Congresso nazionale del popolo cinese ha dichiarato che avrebbe adottato la legge, in occasione di una cerimonia di voto del 28 maggio.

Più della metà (56 per cento) degli intervistati ha dichiarato di ritenere che la legge è più severa di quanto si aspettasse in precedenza, mentre circa il 40 per cento ha affermato che la sua severità era circa al livello immaginato.

Un intervistato non identificato ha spiegato che «quasi tutte le clausole sono troppo generiche, con un equilibrio incontrollato di poteri in mano al Pcc».

Circa il 78 per cento degli intervistati ha dichiarato di essere in qualche modo preoccupato per la legge. Quando è stato chiesto di motivare, il 65 per cento ha affermato di essere preoccupato per «l’ambiguità nella portata e nell’applicazione della legge», quasi il 61 per cento ha affermato di essere preoccupato per gli effetti della legge sull’indipendenza del sistema giudiziario di Hong Kong, e il 51 per cento, che la legge «mette a repentaglio lo status di Hong Kong come centro di affari internazionale».

Un membro anonimo ha specificato la sua preoccupazione per la «perdita della libertà di espressione e di parola», mentre un altro ha affermato che la legge «accelera il passaggio di Hong Kong da un centro commerciale internazionale a un centro commerciale incentrato sulla Cina continentale».

Più della metà (51 per cento) ha confessato che l’attuazione della legge li ha fatti sentire meno sicuri, nel vivere e lavorare a Hong Kong, mentre solo il 26 per cento si sente invece più sicuro.

Un anonimo ha dichiarato: «Molto meno sicuri. Lo Stato di diritto sta scomparendo».

Un altro intervistato ha spiegato: «Nonostante io sia un titolare di passaporto straniero, la legge potrebbe essere applicata a me e non ho fiducia in una qualsiasi protezione nei tribunali».

Quasi il 49 per cento degli intervistati crede che le loro attività verranno influenzate negativamente dalla legge, mentre il 13 per cento circa ritiene che la legge avrà un effetto positivo su di esse. Nel frattempo, circa il 64 per cento ha dichiarato che l’effetto della legge sulle loro prospettive di business sarà negativo, e secondo il 22 per cento sarà invece positivo. Più di due terzi (67 per cento) sono pessimisti delle prospettive d’affari complessive della città.

Un intervistato anonimo ha espresso timore per la perdita della libertà di stampa e di espressione: «I membri del mio staff saranno portati via a causa di ciò che hanno pubblicato sulle piattaforme dei social media? Sarò ancora in grado di leggere le notizie reali o solo la propaganda cinese?».

Un altro intervistato ha affermato: «Hong Kong non è più un mercato libero, trasparente ed equo, con sistemi giuridici e giudiziari indipendenti» a causa della «morte di ‘un Paese, due sistemi’».

«Un paese, due sistemi» è la cornice tramite la quale Pechino aveva promesso di preservare l’autonomia di Hong Kong al momento del trasferimento della sovranità della città dal Regno Unito alla Cina nel 1997, in conformità con l’accordo di passaggio di consegne del 1984, nella Dichiarazione congiunta sino-britannica.

 

Articolo in inglese: About 35 Percent of Companies in Hong Kong Considering Relocating Due to Beijing’s Security Law: Survey

 
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