Accordo sul nucleare con l’Iran: aspettiamo e vediamo cosa accadrà

Il mondo cosa pensa dell’accordo nucleare con l’Iran proposto e realizzato dai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu più la Germania?

Per il presidente Obama è un risultato importante o un miraggio nel deserto per impedire a Teheran di sviluppare un’arma nucleare, nella migliore delle ipotesi per un decennio? Un accordo inefficace è meglio di niente? Oppure è uno «scioccante errore storico», come lo ha definito il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu?

Tom Friedman del New York Times ha scritto, in precedenza, che Obama non ha utilizzato tutti i poteri a sua disposizione per impedire all’Iran di portarsi fino alla soglia di una potenza nucleare. Come Friedman, molti di noi hanno ancora bisogno di analizzare l’accordo, di ascoltare esperti imparziali e vedere quali strategie alternative offrono i critici.

Alla luce dei precedenti appalti illeciti di Teheran, se l’accordo entrerà in vigore imbrogliore sarà una costante. Anche la vasta geografia dell’Iran pone delle sfide particolari per gli ispettori che devono ottenere l’accesso ai laboratori, ai siti sotterranei, agli scienziati e alle basi militari. Gli osservatori occidentali hanno affermato che le nuove ispezioni dovranno essere molto più intrusive rispetto al passato.

Alcune caratteristiche dell’accordo sono problematiche. Ad esempio, data la certezza virtuale che Teheran imbroglierà, non è una follia stabilire che se l’agenzia nucleare delle Nazioni Unite identificherà un sito sospetto un comitato con una maggioranza occidentale deciderà se l’Iran dovrà permettere l’accesso all’agenzia solo entro 24 giorni? Questo è un lungo periodo: probabilmente permetterebbe a Teheran di celare qualsiasi attività vietata.

Non c’è dubbio che le sanzioni economiche (negoziate da Hillary Clinton in qualità di predecessore di John Kerry) sono state ciò che ha spinto il regime di Teheran finalmente a negoziare. La reintroduzione delle disposizioni per le sanzioni nel caso in cui Teheran violasse l’accordo, tuttavia, non sono soggette all’approvazione del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Attualmente la Russia e la Cina non sembrano inclini a sostenere il ripristino delle sanzioni praticamente a qualsiasi condizione.

L’accordo aumenta il periodo di ‘breakout’ ad almeno un anno – il numero di mesi permetterà all’Iran di produrre materiale esplosivo per un’unica arma nucleare.

Derek Burney, ex ambasciatore canadese a Washington, e il suo collega Fen Osler Hampson questa settimana sono stati schietti in un articolo congiunto del Globe and Mail: «Nonostante il desiderio del governo degli Stati Uniti di sbarrare la strada del nucleare all’Iran, si è palesata la prospettiva di una nuova corsa agli armamenti in Medio Oriente, in quanto l’Arabia Saudita, l’Egitto e forse anche gli stati del Golfo ora stanno considerando le loro opzioni nucleari». Se fosse così, potrebbe esserci qualcosa di meno utile per le prospettive di una pace sostenibile nella regione?

Anche la rivista The Economist comprende i problemi principali, tuttavia nel complesso sostiene l’accordo: «Un Paese della portata e della complessità dell’Iran otterrà una bomba se ne vorrà veramente una. Niente potrà cambiare questa situazione. Tuttavia, questo accordo offre la possibilità di trattenere l’Iran e di fargli cambiare rotta. Il mondo dovrebbe abbracciarlo, ma con cautela».

Angela Merkel, cancelliera tedesca, ha definito l’accordo un «importante successo». Il primo ministro David Cameron ha dichiarato che l’accordo «tiene lontano l’Iran dallo sviluppo di un arma nucleare – e aiuterà a rendere il nostro mondo un luogo più sicuro». Nessuno dei due leader, naturalmente, è andato contro quello che i loro diplomatici hanno appena contribuito a realizzare a Vienna.

In netto contrasto, l’iraniana Maryam Rajavi, presidente eletto del Consiglio nazionale della resistenza iraniana, una coalizione di esponenti e gruppi dell’opposizione iraniana, la quale pensa che l’accordo proposto alimenterebbe il terrorismo in Medio Oriente.

«Non solo non bloccherà le vie di Teheran per una bomba nucleare, ma gliene fornirà una insieme alle decine di miliardi di dollari che si aggiungeranno al suo bottino di guerra. Il programma nucleare di Teheran è esplicitamente legato al suo impulso imperialista rivoluzionario. L’ex presidente Hashemi Rafsanjani, una volta si vantava che se il regime avesse acquisito armi nucleari, chi avrebbe potuto impedire l’esportazione della rivoluzione?», ha affermato.

Nel prossimo futuro l’accordo verrà giudicato riguardo l’attuazione da parte dell’Iran della diminuzione delle sue capacità di arricchimento nucleare da lui accettata e riguardo il sistema di ispezione internazionale accordato che sarà in grado di rilevare – e quindi impedire – gli inganni.

In un’intervista con Friedman, Obama ha correttamente qualificato l’Iran come una «Grande civiltà», ma ha fatto anche notare che al potere c’è una teocrazia autoritaria che è «antiamericana, antisemita e sponsorizza il terrorismo». Gli Stati Uniti e Teheran hanno delle differenze profonde.

Obama ha continuato: «Gli iraniani che si oppongono a questo accordo sono i fondamentalisti (la maggior parte essenzialmente antiamericani e antisemiti) …coloro che sono i più coinvolti nella sponsorizzazione iraniana del terrorismo…e nel destabilizzare i vicini dell’Iran…questo dovrebbe dirci qualcosa, perché questi fondamentalisti sono coinvolti nello status quo nel quale l’Iran è isolato e hanno il potere».

Con o senza un accordo, i problemi principali con chiarezza persistono nella regione più pericolosa del mondo.

David Kilgour, avvocato professionista, ha prestato servizio nella Casa dei Comuni del Canada per quasi 27 anni. Nel gabinetto di Jean Chretien, è stato segretario di Stato (Africa e America Latina) e segretario di Stato (Asia-Pacifico). È autore di diversi libri e co-autore con David Matas di Bloody Harvest: The Killing of Falun Gong for their Organs.

I punti di vista espressi in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non rispecchiano necessariamente il punto di vista di Epoch Times.

 
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