Meta sospende la pubblicità politica in Europa: norme impraticabili

di Redazione ETI/Tom Ozimek
26 Luglio 2025 14:09 Aggiornato: 26 Luglio 2025 21:27

Meta, controllante di Facebook, Instagram e WhatsApp, sospenderà da ottobre la pubblicità politica nell’Unione Europea. Alla base della decisione, le «restrizioni impraticabili» imposte dalle nuove norme comunitarie sulla “propaganda” online. L’annuncio, diffuso il 25 luglio, arriva prima dell’entrata in vigore del Regolamento sulla trasparenza e il targeting della pubblicità politica, che introduce obblighi stringenti per social e inserzionisti in vista di varie elezioni nazionali e del voto europeo del 2026. La normativa sulla regolamentazione degli annunci politici impone etichette chiare, l’archiviazione pubblica degli annunci politici e vieta le campagne finanziate dall’estero nelle fasi pre-elettorali. Secondo Meta, queste regole creano «notevoli ostacoli operativi e incertezze legali», rendendo insostenibile la continuazione della pubblicità politica nel continente.

L’azienda denuncia anche un impatto negativo sulla rilevanza degli annunci e sul proprio modello di business basato sulla personalizzazione: «Riteniamo che la pubblicità personalizzata sia fondamentale per una vasta fetta di inserzionisti, inclusi quelli che promuovono campagne per informare gli elettori su temi sociali cruciali per il dibattito pubblico — ha dichiarato Meta — Regolamenti simili compromettono gravemente la nostra capacità di offrire questi servizi, limitando non solo l’efficacia delle campagne, ma anche l’accesso degli elettori a informazioni complete».
Posta di fronte alla scelta tra un prodotto pubblicitario poco efficace o la sospensione totale degli annunci politici e sociali, Meta ha insomma optato per la seconda soluzione. La decisione riguarderà solo l’Europa e non impedirà a politici, candidati o utenti di pubblicare contenuti politici in modo organico.

Bruxelles natualmente difende il regolamento, definendolo uno strumento essenziale per contrastare le campagne di influenza occulta e proteggere le elezioni dalla “disinformazione”. Una scelta simile era stata presa da Google lo scorso novembre, con la sospensione della pubblicità politica in Europa in vista dell’entrata in vigore della normativa, denunciandone l’eccessiva vaghezza e le difficoltà tecniche per adeguarsi, nonostante anni di investimenti in strumenti di trasparenza. Durante l’iter legislativo, Google ha segnalato che la definizione di “pubblicità politica” può includere contenuti sociali comuni, che gli obblighi tecnici complicano l’adeguamento e che i sistemi di segnalazione potrebbero essere usati per censurare discorsi legittimi.

Anche l’associazione per i diritti civili europea ha espresso timori simili e sostiene che la normativa, con le sue definizioni troppo vaghe, si presti a essere interpretata in chiave censoria, al fine di limitare la libertà di espressione su temi sociali e nel dibattito pubblico in generale. In un documento, l’associazione sottolinea che un’interpretazione estesa di “pubblicità politica” può essere infatti usata per ostacolare il confronto politico e la partecipazione, per cui invita la Commissione Europea a chiarire la definizione nelle future linee guida.


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