Le Filippine si schierano con Taiwan, smacco per il regime cinese

di redazione eti/bill Pan
16 Agosto 2025 7:46 Aggiornato: 16 Agosto 2025 7:46

In una recente dichiarazione, il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr. ha riaffermato un elemento cruciale della geopolitica asiatica: in caso di un’escalation militare tra Cina e Taiwan, la posizione delle Filippine non può essere neutrale a causa della stretta vicinanza geografica e dell’elevato numero di cittadini filippini presenti sull’isola.
In un’intervista al sito indiano Firstpost, durante una visita ufficiale a Nuova Delhi il 6 agosto, in risposta alla domanda riguardante un eventuale sostegno militare delle Filippine agli Stati Uniti per difendere Taiwan da un’invasione cinese, Marcos ha affermato: «Se dovesse scoppiare una guerra, noi saremmo coinvolti». Ha poi precisato che un’assenza di coinvolgimento non rappresenta un’opzione praticabile, proprio per la prossimità geografica tra Filippine e Taiwan. I due Paesi sono separati dallo stretto di Luzon, che comprende diverse isole appartenenti alle Filippine, ed è un’importante via commerciale e nodo strategico per l’accesso navale cinese al Pacifico.

Negli ultimi anni l’amministrazione Marcos ha mostrato un’apertura crescente verso un ampliamento della presenza militare statunitense nella regione. Nel 2023, Manila ha esteso l’accordo di cooperazione militare con Washington, autorizzando per la prima volta il dispiegamento di truppe e armamenti in una base navale e in un aeroporto a uso congiunto situati sulla costa settentrionale dell’isola di Luzon, a meno di 480 chilometri da Taiwan. Nel 2024, la decisione di Manila di consentire a Washington di schierare la piattaforma missilistica Typhon nel nord di Luzon ha provocato la reazione negativa di Pechino, poiché l’armamento si trovava nel raggio d’azione di Taiwan e della Cina meridionale.
A maggio scorso, marines e truppe statunitensi hanno ulteriormente rafforzato la presenza militare dislocando sistemi missilistici su alcune isole prospicienti lo stretto di Luzon, tra cui le Batanes, territorio filippino più a nord. Entrambi i sistemi sono capaci di colpire obiettivi navali a oltre 160 chilometri di distanza. Marcos ha sottolineato che sarà necessario difendere il territorio e la sovranità nazionale, affermando inoltre che «non si tratta di un’azione da stato fantoccio, ma di adempiere al dovere di proteggere la propria nazione», spiegando la scelta di collaborare con partner che affrontano la minaccia cinese.

La presenza di oltre 160 mila lavoratori filippini a Taiwan comporta inoltre una dimensione umanitaria che rende il possibile conflitto ancora più complesso da gestire. La necessità di tutelare questa consistente comunità di cittadini, spesso in situazioni vulnerabili, impone a Manila di valutare attentamente le proprie scelte e alleanze strategiche. Marcos ha aggiunto che in caso di guerra sarà necessario trovare modalità per garantire il rientro in patria di queste persone.

Non si sono fatte attendere le dure reazioni di Pechino che ha contestato le posizioni espresse da Marcos, definendole provocatorie. L’8 agosto, dall’ambasciata cinese nelle Filippine, il ministero degli Esteri cinese ha annunciato una «seria protesta», accusando Manila di interferire in quella che viene definita «la questione centrale degli interessi fondamentali della Cina» e contestando l’interferenza nei rapporti bilaterali tra Cina e Filippine. Il Partito comunista cinese non ha alcun diritto su Taiwan (e a ben vedere non ne ha nemmeno sulla Cina continentale) ma rivendica come propria la Repubblica di Cina considerandola una specie di “provincia ribelle”, e non ha mai escluso il ricorso alla forza per riunificarla con la terraferma gestita dalla dittatura.

Nel corso dell’intervista a Firstpost, Marcos ha infine manifestato piena fiducia nel fatto che gli Stati Uniti, sotto la presidenza Trump, rispettino il trattato di mutua difesa con le Filippine in caso di conflitto, rafforzando la centralità dell’alleanza tra Manila e Washington, e definendo l’alleanza «a prova di ferro», come fu definita dallo stesso Trump durante il suo primo mandato presidenziale. Il ministero degli Esteri di Taiwan ha espresso apprezzamento per la posizione di Marcos, definendola un segno di forte attenzione per la pace regionale e per i valori umanitari.


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