In meno di una settimana, l’operazione “Rising Lion” di Israele ha profondamente alterato gli equilibri politici del Medio Oriente, destabilizzando sempre più l’Iran, che potrebbe sperimentare un cambio di regime a breve.
Nei primi giorni, Israele ha rallentato il programma nucleare di Teheran, distruggendo siti militari strategici, assumendo il controllo di gran parte dello spazio aereo iraniano ed eliminando numerosi alti funzionari del governo e delle forze armate. L’operazione ha colpito il programma nucleare iraniano, puntando al complesso di Natanz, fulcro dell’arricchimento dell’uranio in Iran. Gli attacchi israeliani hanno distrutto l’impianto sopraelevato di Natanz e le centrali elettriche che lo alimentano, compromettendo anche la ricerca su centrifughe avanzate.
Insomma, Israele si è portata molto avanti con attacchi aerei mirati a destabilizzare programma missilistico iraniano, distruggendo decine di strutture sotterranee e oltre 100 lanciamissili terra-terra. Ma le strutture sotterranee più importanti, protette da cemento armato, potrebbero essere ancora operative, lasciando dubbi sull’efficacia complessiva dell’operazione.
Per quanto riguarda invece la flotta aerea, quella iraniana non è sicuramente tra le più moderne. Tra aerei di fabbricazione statunitense e sovietica risalenti alla Guerra Fredda, velivoli di origine cinese o di produzione locale basati su progetti obsoleti, non regge il confronto con l’arsenale israeliano che ha in dotazione una vasta gamma di caccia multiruolo, tra cui una variante di quinta generazione F-35 Lightning II americano.
UCCISI I PRINCIPALI LEADER MILITARI IRANIANI
Un altro punto a favore per Israele nel conflitto è l’eliminazione di diversi alti ufficiali iraniani. Tra le vittime il generale iraniano Hossein Salami, il capo di stato maggiore delle forze armate iraniane Mohammad Hossein Bagheri e il generale Gholam Ali Rashid. L’eliminazione di così tanti leader militari (e certamente l’attacco statunitense a Fordow) potrebbe rappresentare uno degli esiti più significativi per Netanyahu, influenzando pesantemente la capacità dell’Iran di rialzarsi in piedi nell’immediato e destabilizzandolo profondamente. La perdita improvvisa di numerosi comandanti militari e il controllo dello spazio aereo da parte di Israele infatti rappresentano la sfida più grande per l’Iran dalla rivoluzione islamica del 1979.
Di conseguenza, le preoccupazioni su chi prenderà le “redini” del Paese iraniano aumentano. Il 16 giugno, Netanyahu aveva dichiarato che Israele era sulla «strada per la vittoria». La devastazione in Iran è tale che il primo ministro israeliano ha ipotizzato un possibile cambio di regime a Teheran. Netanyahu ha pubblicamente esortato il popolo iraniano a ribellarsi apertamente contro la Guida suprema e a rovesciare il governo attuale. A seguire il presidente Trump che ha adattato – in modo “provocatorio” – il suo celebre slogan “Make America Great Again” in “Make Iran Great Again”.