Altro diktat da Mosca, la Russia ora vuole decidere anche le garanzie di sicurezza dell’Ucraina

di Giovanni Donato
20 Agosto 2025 16:38 Aggiornato: 21 Agosto 2025 10:34

Doccia fredda da Mosca. Il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, fedelissimo di Vladimir Putin, ha dichiarato oggi 20 agosto che i tentativi di risolvere le questioni di sicurezza relative all’Ucraina senza coinvolgere Mosca sono inutili: «Non possiamo accettare che si proponga ora di risolvere le questioni di sicurezza, di sicurezza collettiva, senza la Federazione Russa» e poi: «sono certo che in Occidente, e soprattutto negli Stati Uniti, si comprenda perfettamente che discutere seriamente di questioni di sicurezza senza la Federazione Russa sia un’utopia, una strada che non porta da nessuna parte».

L’intervento dell’uomo di Putin è arrivato mentre i responsabili della difesa della Nato tenevano una riunione a distanza in cui discutere le “garanzie di sicurezza” per l’Ucraina, ossia il passaggio cruciale (insieme alla questione territoriale) per mettere fine alla guerra. L’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del comitato militare della Nato, ha infatti scritto su X: «i capi della Difesa di tutti i 32 membri dell’Alleanza Atlantica terranno una videoconferenza, e che il generale statunitense Alexus Grynkewich, comandante supremo alleato della Nato in Europa, parteciperà per la prima volta a una riunione del comitato militare, al fine di aggiornare i presenti sulla «situazione attuale in materia di sicurezza».
Un’entrata, quella russa, teatrale (e a gamba tesa) che non può che far aumentare i già grossi dubbi che Mosca abbia una qualche intenzione di fermare la guerra che ha iniziato tre anni fa: se l’aggressore potesse avere voce in capitolo sulla difesa dell’aggredito, equivarrebbe a mettere la volpe a guardia del pollaio. Specie ora che Mosca ha già avuto “soddisfazione” con l’esclusione della possibilità che l’Ucraina in futuro venga ammessa nella Nato.

Nella conferenza stampa successiva all’incontro in Alaska, Vladimir Putin ha detto che la Russia vuole «eliminare tutte le cause principali» del conflitto in Ucraina e di affrontare «le minacce fondamentali alla sicurezza russa». In risposta è arrivata la concessione che l’Ucraina non entri nella Nato, come da diktat russo. Ma evidentemente non basta: Mosca (nell’eventualità di un cessate il fuoco) non vuole sul terreno ucraino truppe provenienti da Paesi della Nato come forze di  interposizione e mantenimento della pace. Il che, per inciso, equivale a dire che Putin non vuole la pace: quale altra nazione dovrebbe quindi agire da forza di interposizione? La Corea del Nord? L’Iran? La Repubblica Popolare Cinese? Perché, questo è evidente, escludere i membri Nato equivale di fatto a escludere non solo il Patto Atlantico in senso stretto, ma l’intero blocco occidentale (che include, ad esempio, anche Australia e Giappone).

D’altra parte, l’Occidente sta facendo i salti mortali per cercare di accontentare Putin ma, mentre la Coalizione dei Volenterosi accompagnava Zelensky alla Casa Bianca – 48 ore dopo che Putin aveva incontrato Trump in Alaska per “trattare la pace” – città ucraine venivano colpite dall’ennesima serie di violenti attacchi aerei, che facevano altri morti e feriti (civili). L’esatto contrario della dimostrazione di voler negoziare la fine di una guerra. Attacchi che Zelensky ha poi commentato dicendo che «confermano solo la necessità […] di introdurre nuove sanzioni e dazi affinché la diplomazia possa operare al massimo delle sue potenzialità». Ma Trump stesso, giorni fa, si è detto scettico (e comprensibilmente, visto il ruolo del regime cinese) sulla reale efficacia dei dazi e delle sanzioni nel fermare l’aggressione russa in Ucraina. Purtroppo, la fine di questo conflitto sembra restare molto lontana.

 

Iscriviti alla nostra newsletter - The Epoch Times