Nella notte tra il 12 e il 13 giugno, una serie di raid aerei israeliani ha colpito obiettivi strategici in Iran, provocando la morte di tre ufficiali di stato maggiore. Secondo quanto riferito dal governo israeliano, le operazioni hanno preso di mira siti coinvolti nella produzione di armi nucleari e missili balistici, oltre a colpire figure di primo piano dell’apparato militare e scientifico iraniano.
L’annuncio è stato diffuso dal primo ministro Benjamin Netanyahu pubblicato sui social media. A conferma dell’operazione, le Forze di Difesa Israeliane hanno dichiarato di aver eliminato tre comandanti identificandoli con i rispettivi incarichi: «Tre spietati assassini di massa con sangue internazionale sulle mani. Il mondo è un posto migliore senza di loro». Si tratta degli ufficiali iraniani di grado più elevato finora uccisi da Israele.
La guida suprema iraniana, Ali Khamenei, ha confermato la morte dei tre ufficiali e ha annunciato una futura ritorsione: «Il popolo iraniano non permetterà che il sangue dei suoi valorosi martiri resti impunito, né tollererà la violazione del proprio spazio aereo». Khamenei, al vertice della Repubblica Islamica dal 1989, riveste il ruolo di massima autorità politica e religiosa del Paese, al di sopra del presidente Masoud Pezeshkian.
I tre ufficiali uccisi – Hossein Salami, Mohammad Hossein Bagheri e Gholam Ali Rashid – rappresentavano i vertici più importanti della struttura militare iraniana: le Guardie della Rivoluzione, le Forze armate regolari e il Comando operativo centrale.
Salami, a capo delle Guardie della Rivoluzione dal 2019, dopo una lunga carriera iniziata nel 1980 durante la guerra con l’Iraq, era considerato una delle figure più influenti del panorama militare iraniano. Il corpo militare da lui guidato è incaricato della sicurezza esterna e della difesa da minacce interne, comprese eventuali insubordinazioni da parte dell’esercito convenzionale. Inoltre gestisce le forze aeree e navali, protegge gli impianti nucleari iraniani, ed è proprietario di numerosi beni immobiliari, esercitando un peso rilevante sull’economia e sulla politica interna. L’organizzazione è stata inserita nelle liste delle entità terroristiche da Stati Uniti e diversi Paesi occidentali. Salami era noto per le posizioni estremamente ostili nei confronti di Israele, Stati Uniti e Arabia Saudita. Diversi governi e le Nazioni Unite lo avevano sanzionato per il presunto coinvolgimento nei programmi nucleari iraniani.
Bagheri era capo di stato maggiore delle forze armate. Formalmente, Bagheri sovrintendeva all’intero apparato militare e di sicurezza, comprese le forze di polizia, costituendo la nona forza armata più numerosa al mondo, e faceva da ponte tra la rivoluzione del 1979 e l’esercito regolare; la sua morte segna una perdita simbolica per il sistema militare tradizionale.
Rashid, infine, generale di divisione, era comandante del quartier generale centrale Khatam al-Anbiya, cuore della struttura militare iraniana. Aveva il compito strategico di coordinare l’intero dispositivo di difesa nazionale e di attuare le direttive della Guida Suprema. Veterano della guerra Iran-Iraq, aveva ricoperto anche l’incarico di vicecapo di stato maggiore, operando sia all’interno delle Guardie della Rivoluzione sia delle forze armate.