Vince il No, Renzi si dimette. E ora?

«Mi assumo tutte le responsabilità della sconfitta». Con queste parole il premier Matteo Renzi annuncia le sue dimissioni, a seguito della vittoria del No nel referendum costituzionale.

Più del 59 per cento dei votanti ha bocciato la riforma, in quella che è stata la prima vera sconfitta del fiorentino, frutto di una votazione in cui quasi il 70 per cento degli italiani è andato alle urne: un record rispetto ai referendum precedenti.

«Volevo cancellare le troppe poltrone della politica italiana – ha affermato il premier dimissionario – Non ce l’ho fatta, e allora la poltrona che salta è la mia».

All’ex boy scout, grande comunicatore e sempre rivolto al ‘bicchiere mezzo pieno’, in molti rimproverano la differenza tra i sogni e i fatti. È riuscito più volte ad assicurarsi la maggioranza in Parlamento e anche la vittoria dinanzi al popolo (alle europee, e in occasione di più di una raccolta firme o referendum) ma questa volta il fronte del No, compatto nonostante le differenze, ha abbattuto il premier: un mago delle alleanze che infine si è ritrovato senza più assistenti.

Quella di Renzi è stata una parentesi importante del nostro Paese. Il segretario del Pd è riuscito a cambiare la rotta del suo partito rispetto a molti degli ideali e dei modi di fare della sinistra italiana. È riuscito anche a far approvare numerose riforme che aveva promesso, nonostante i ritardi, e al prezzo di allearsi con Berlusconi, e anche al prezzo di cambiarle notevolmente, rispetto alle promesse. È stato un leader del compromesso, e proprio per questo così resistente ai tentativi di abbattimento. E nel bene o nel male ha smosso una situazione di totale aridità e sommessa disperazione: quella dello stallo e dell’inconcludenza post-Monti.

Ora però il rischio è un altro. Attualmente Camera e Senato funzionano secondo due leggi elettorali diverse: la Camera è eletta tramite il sistema renziano dell’Italicum, mentre il Senato sarà eletto tramite il consultellum, ovvero quello che è rimasto del ‘porcellum’ dopo l’intervento della Corte Costituzionale. L’ottimismo di Renzi nell’approvazione delle sue riforme, ha lasciato il Paese scoperto.

L’Italicum è una legge che garantirà quasi certamente un vincitore netto alla Camera, mentre il consultellum è quanto di meno capace di permettere la governabilità: con ogni probabilità, quindi, al Senato si avrà una situazione indefinita. È possibile che per evitare questo, il presidente della Repubblica nomini un governo provvisorio – per esempio guidato dal presidente del Senato Pietro Grasso – per riformare la legge elettorale, prima di andare alle urne. Ma sarà facile per i 5 Stelle, Forza Italia e il Pd trovare un accordo rapidamente? Forse sì, forse no.

In ogni caso è evidente che a raccogliere i frutti della caduta di Renzi saranno il Movimento 5 Stelle e Salvini, che hanno già annunciato di essere pronti al voto e al governo. Il Pd potrebbe cercare un candidato di cambiamento, come Civati, forse in grado di rubare alcuni voti ai 5 Stelle. Ma difficilmente i Democratici potranno assicurarsi la vittoria in questo momento.

Il nostro Paese è di nuovo a un bivio, e in questa fase la guida del presidente della Repubblica sarà cruciale.

Le opinioni espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non necessariamente riflettono le opinioni di Epoch Times.

 
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