Il nuoto ai tempi di Gregorio Paltrinieri. Intervista a Stefano Morini

Per raggiungere un obiettivo ci vuole tanto impegno e forza di volontà: questo lo sanno bene Gregorio Paltrinieri, dopo il prezioso oro ai mondiali di Kazan, e soprattutto il suo coach personale Stefano Morini, tecnico della Federazione italiana nuoto, intervistato da Epoch Times.

Stefano Morini, responsabile del mezzofondo e del centro federale di Ostia e, in passato, anche allenatore di Federica Pellegrini, ha cominciato raccontando come è nata l’avventura con ‘Greg’, così viene soprannominato Paltrinieri. Le loro strade si sono incrociate a inizio 2011, quando Morini ha iniziato a lavorare con tre promettenti atleti: Gregorio Paltrinieri, Gabriele Detti e Rocco Potenza. Rocco poi col tempo «per motivi personali» ha abbandonato l’attività agonistica.

Innanzitutto complimenti per i risultati di Kazan. Possiamo dire che Stefano Morini sia il tecnico con cui Gregorio è cresciuto?

«Sì, dalla primavera del 2011, è chiaro che prima lavorava a casa sua a Carpi. I primi tempi in cui Gregorio ha cominciato ad allenarsi con me, siccome andava sempre a scuola a Carpi, veniva solo in determinati periodi, che poi però sono diventati sempre più lunghi. Siamo stati a Cremona in collegiale, siamo stati a Verona, poi chiaramente lui nel 2011 si è qualificato con 15′ e 04” al Sette Colli ed è andato ai mondiali di Shanghai dove ha fatto ‘solo la partecipazione’. Poi successivamente da settembre il gruppo si è formato sul centro federale di Ostia e piano piano da maschi siamo passati anche a un gruppo di donne con la Carli, che è stata finalista ora ai mondiali, la Pirozzi, che ha avuto un anno un po’ disastroso per vari motivi sia tecnici che di salute, come del resto sembra strano ma anche il suo fidanzato Gabriele Detti; situazione che però ora sembra si sia del tutto risolta perché i risultati che ci hanno dato nei campionati giovanili di Roma ci hanno proiettato nella prossima stagione in maniera dignitosa; perché coi tempi di Roma, anche se con i ‘se’ e ‘ma’ non si fa la storia, Gabriele avrebbe ben figurato partecipando alle finali sia dei 400 che nei 1500 stile libero.

Gregorio negli ultimi due anni ha fatto stagioni importanti dove la sua giovinezza, freschezza, la sua voglia di fare, ha portato a questi ottimi risultati; è chiaro che la strada si fa sempre più difficile perché diventa lui l’uomo da battere e noi, personalmente penso neanche lui, non ci tiriamo indietro e sappiamo che il difficile inizia ora, quindi occhi puntati e chiaramente dobbiamo rispondere con il lavoro e con l’umiltà che ha distinto sempre questo percorso, e la consapevolezza che si può far bene solo attraverso il duro lavoro».

Ha capito subito che Gregorio era un giovane promettente?

«Sì sì, io coordino un gruppo di persone che lavorano con me, un fisioterapista, un preparatore atletico, un biomeccanico e poi chiaramente il medico federale, il dott. Bonifazi; tutti collaboriamo, chiaramente l’ultima parola spetta a me, però io preferisco dividere col gruppo di Ostia questi successi».

Che ragazzo è Gregorio?

«Gregorio è un ragazzo molto consapevole di volere, molto intelligente, anche molto modesto e molto rispettoso dei ruoli, il rapporto che ha con me è di reciproca collaborazione, io naturalmente cerco di convincerlo sul lavoro da fare e lui nel momento che ha accettato la procedura del lavoro cerca di svolgerlo al 100 per cento come io desidero; è molto educato, invece di avere 20 anni sembra uno di 40-45 anni come maturità, perché ci si può parlare tranquillamente. Poi chiaramente ha tutte le esigenze della sua età, la fidanzata, i giochi, l’uscita, le vacanze… ».

C’è un aspetto secondo lei che deve migliorare?

«L’aspetto che tutti pensano debba migliorare sono ancora le parti tecniche sulle quali stiamo lavorando da un bel po’; è chiaro che gli schemi motori vengono assimilati e sviluppati in età adolescenziale, e noi ci stiamo lavorando. Perché come dicevo prima lo staff è composto anche da un biomeccanico insieme al quale tutti i mercoledì facciamo le riprese e poi analizziamo la nuotata, cerchiamo di sviluppare esercizi in particolar modo su quelle caratteristiche negative della nuotata, e piano piano vediamo piccoli miglioramenti».

Cosa ha significato per lei l’ultima vittoria in Kazan?

«Per me contentezza, gioia, ma allo stesso tempo sempre più consapevolezza di stare con i piedi ben piantati per terra perché l’obbiettivo principale è quello finale del quadriennio cioè l’olimpiade; è chiaro che le vittorie sono importanti perché permettono di iniziare la stagione con tranquillità, però adesso anche per lui serve un po’ di pressione, che dobbiamo certamente stemperare con il lavoro. Quando c’è fiducia nel lavoro e c’è fiducia in quello che uno fa c’è tutto, naturalmente se qualcuno ci aiuta è meglio, nel senso che non si presentano malattie, perché noi abbiamo bisogno di non perdere tanto tempo e quindi è importante curare anche quella parte della salute, quindi se si riesce a saltare qualche influenza ben venga [sorride, ndr]».

Quali sono i prossimi appuntamenti di preparazione a Rio?

«Noi come tutti gli anni ora abbiamo a dicembre i campionati europei di vasca corta che sono in Israele e che sarà sempre una tappa di passaggio. Però per quanto mi riguarda verrà anche preparata, perché io preparo sempre un ciclo finale: ogni 3 o 4 mesi finisco il ciclo e cerco di abbinarci una gara internazionale o italiana importante. A dicembre faremo sia questi campionati europei (dal 6 dicembre) che i campionati italiani il 18 e 19 dicembre. Successivamente ci saranno le vacanze di natale, dal 3 gennaio riprendiamo una cavalcata lunga che ci porta fino ad aprile, quando ci saranno i campionati italiani di selezione per andare a Rio, e nel frattempo lavoreremo principalmente a Ostia; però andremo anche un mese in altura, in febbraio. Il nostro impegno agonistico appena ritornati sarà il meeting di Milano e poi i campionati italiani; dopo i campionati italiani, sperando che tutti siano qualificati, abbiamo a fine maggio i campionati europei di vasca lunga a Londra che fanno parte dell’anno olimpico, dove andiamo per onorare l’impegno ma senza grandi prospettive di tempi, di record eccetera; dopo ci immergeremo nell’ultimo ciclo, quello principale, che ci porterà a Rio. Tutto ‘condito’ dalla montagna: una adesso a ottobre in Italia a Livigno, una a febbraio, e la terza finale tra fine maggio e metà giugno in Sierra Nevada in Spagna».

Lo scenario del nuoto in Italia: come lo vede attualmente?

«Noi in Italia abbiamo una grossa grande base perché le piscine sono abbastanza frequentate; è chiaro che probabilmente con la crisi economica (sembra sempre di far retorica però questo è abbastanza veritiero) c’è stato un disimpegno di alcune società storiche, come a Milano ma anche la La Presse di Torino, la Swim Planet di Ispra eccetera. E questo disimpegno ha fatto si che molti atleti siano rimasti nella nicchia della piscina del proprio paese, con sbocchi esclusivi nei gruppi militari, trovando però difficoltà a poter svolgere un’attività alla fine professionale e professionistica senza ricevere niente. Si tratta di un grave handicap in questo momento, per come è strutturata la società italiana, sia sportiva che sociale. I ragazzi in giro per l’Italia ci sono, chiaramente la cultura del lavoro è un po’ più lontana da quello che dovrebbe essere, però buoni talenti ci sono. La struttura dei nostri atleti è leggermente sotto misura rispetto al livello internazionale, nel senso che le nostre donne quando sono molto alte superano il metro e 70 mentre nel resto del mondo sono mediamente di un metro e 80, gli uomini nostri sono piò o meno all’altezza come struttura fisica però anche questi sono davvero pochi».

Intervista rivista per ragioni di brevità e chiarezza. 

 
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