Rivoluzione Uber, arriva il self-driving taxi

Sette anni dopo uno sconvolgimento dell’industria dei taxi del valore di miliardi di dollari, Uber è nuovamente sul punto di scatenare una nuova rivoluzione: le macchine che guidano da sole.

L’anno scorso, il gigante del ride-hailing ha iniziato a investire miliardi nella tecnologia self-driving [letteralmente ‘auto-guidante’, ndt]. Nel corso dei mesi ha testato i veicoli automatici sulle strade di Pittsburgh e, in agosto, la società ha annunciato a sorpresa che avrebbe presto iniziato a testare i veicoli con a bordo dei passeggeri reali.
Tuttavia, gli autisti umani permarranno alla guida delle self-driving car fino a che le questioni tecnologiche e normative non saranno definitivamente risolte. In ogni caso, per la prima volta il pendolare medio avrà la possibilità di provare cosa significhi sedersi come passeggero di un veicolo automatico.

Nonostante possa sembrare solamente uno sviluppo di piccolo rilievo, la velocità con quale Uber è stata in grado di realizzare un tale obiettivo e le implicazioni che questo avrà su diversi aspetti dell’industria dei trasporti, indica che il gigante del ride-hailing potrebbe essere sul punto di causare il più grande sconvolgimento della propria storia.

UNO SCONVOGLIMENTO IMMINENTE

Uber ha dimostrato ancora una volta che il cambiamento è parte del suo Dna, tanto che sembrerebbe pronta a voltare le spalle agli 1,5 milioni di autisti in tutto il mondo che hanno reso possibile la sua crescita esponenziale.

Bryant Walker Smith, un assistente professore di legge all’Università della South Carolina specializzato nelle normative riguardanti i veicoli autonomi, afferma che Uber è stata chiara riguardo questo aspetto del suo piano di business: «Uber è stata incredibilmente sincera a esporre il suo desiderio di voler eliminare i suoi autisti». La multinazionale statunitense ha 600 mila autisti nel Paese, che ora si interrogano sul loro incerto futuro. E quali sensazioni provano riguardo l’imminente minaccia?

Samariddin Berdiev, autista a tempo pieno per Uber da febbraio 2015, afferma: «Siamo nel 2016 e i tempi stanno cambiando, le nuove tecnologie si fanno avanti e perciò le dobbiamo accettare. Non penso che la questione riguardi gli autisti attualmente, forse fra cinque o dieci anni».

Amrit Singh, uno studente universitario e da sei mesi autista part-time per Uber, ritiene che ci vorranno parecchi anni prima che l’impresa riesca a utilizzare tali innovazioni, inoltre spera di riuscire a ottenere la laurea prima che la tecnologia self-driving lo lasci senza un reddito: «Vorrei un lavoro migliore una volta laureato. Sono preoccupato per gli altri autisti più che per me stesso».

Ma molti altri autisti Uber non la pensano così e sono pessimisti per il futuro. Sohail Rana, un autista di professione di 48 anni passato a Uber nel 2014: «Chiaramente, questa innovazione sarà disastrosa per gli autisti, dovremo trovare altri modi per guadagnarci da vivere e mantenere le nostre famiglie: devo cominciare a informarmi per acquisire delle ulteriori conoscenze o per un eventuale perfezionamento professionale».

Rana sostiene che quando il loro lavoro sarà in pericolo, Uber attuerà un piano per sostenere i suoi autisti, come a esempio, insegnare loro delle nuove conoscenze di modo che questi possano lavorare in altri settori in futuro: «Gli autisti hanno giocato un ruolo importante nel far diventare Uber una società multi-miliardaria, e questo la spronerà a prendersi cura dei suoi autisti».
Come molti altri, Rana ha acquistato la propria automobile per aver la possibilità di lavorare per Uber, e attualmente si ritrova bloccato dalle ingenti spese mensili e dal finanziamento di 45 mila dollari effettuato per tale acquisto: «La rata mensile per l’auto ammonta a mille dollari circa, mentre le spese mensili totali lavorative si aggirano intorno a 1.800 dollari».

L’autista è inoltre un membro attivo dell’Indipendent Driver Guild, una nuova organizzazione del lavoro nata per proteggere, supportare e unire gli autisti indipendenti di New York: la maggior parte dei colleghi Uber sono immigrati che non sanno molto dell’imminente minaccia e che quindi potrebbero avere bisogno di aiuto.

L’annuncio di Uber ha anche scatenato la reazione degli autisti sui social media: su un gruppo di Facebook con quasi 5.300 membri, Uber drivers network [il network degli autisti di Uber, ndt], in molti hanno espresso rabbia contro il gigante del ride-hailing. Ad esempio, Iran David Perez ha scritto: «Hai buttato la tua auto in sei mesi e ti ritrovi a dover spendere troppo per mantenerla? Unisciti a noi e diventa un nostro partner (schiavo)! Aiutaci a diventare una società da 70 miliardi di dollari, dopo di che la nostra partnership finirà».
Jeff Blackmon, un autista della California, scrive: «E quando le applicazioni rimpiazzeranno i terapisti? Preparatevi per un mondo che sarà completamente sostituito dall’intelligenza artificiale e dai robot».

Tuttavia, l’amministratore delegato di Uber Travis Kalanick ha dichiarato che la società potrebbe creare più posti di lavoro in futuro, che Uber crescerà esponenzialmente e che gli autisti umani gestiranno ancora una porzione del loro network: «In ogni caso, non penso che il numero degli autisti umani possa calare in un prossimo futuro, infatti ritengo che sarà un qualcosa che potrà avvenire all’interno di un mondo autonomo. In termini assoluti. Certamente, una percentuale calerà».

UBER CAMBIA MARCIA

Secondo McKinsey, una società di consulenza, le self-driving car non saranno in commercio prima del 2020, dato il numero di questioni tecnologiche, normative e infrastrutturali presenti.

Gli sforzi di Uber per sviluppare una propria tecnologia automatica sono iniziati lo scorso anno con il reclutamento di centinaia di ingegneri e esperti di robotica dal centro di robotica e ingegneria dell’Università Carnegie Mellon di Pittsburgh, scegliendo questa città come proprio centro tecnologico e di test.

La società ha annunciato di recente una partnership da 300 milioni di dollari con Volvo, la casa automobilistica svedese, con lo scopo di sviluppare congiuntamente dei veicoli completamente automatici.
Finora, Uber aveva testato le proprie tecnologie di self driving sulle strade di Pittsburgh utilizzando una Ford Fusion a motore ibrido.
Nell’accordo a lungo termine con Volvo, Uber riceverà un totale di 100 Suv che si aggiungeranno ai test di guida di Pittsburgh il prossimo mese. Volvo userà i propri Suv XC90 per sviluppare la tecnologia di guida automatica.

In conferenza stampa, Kalanick ha affermato: «Più di 1 milione di persone muoiono ogni anno a causa di incidenti d’auto. Queste sono tragedie possono essere parzialmente evitate tramite le driverless car, ma non si tratta di una questione che possiamo affrontare da soli».

Volvo è stata acquistata dalla holding cinese Zhejiang Geely nel 2010. Questo gruppo, secondo un’inchiesta del Wall Street Journal, è uno dei produttori di auto più aggressivi, è in crescita e sostiene la tecnologia di guida automatica.
Tuttavia, l’accordo con Volvo non è esclusivo, quindi Uber ha la possibilità di costituire nuove partnership anche con altri produttori di auto.
Sia Uber che Volvo reputano il progetto un passo significativo per l’industria automobilistica: un produttore di automobili tradizionale ha unito le forze con una startup della Silicon Valley per il primo posto nella corsa della tecnologia delle auto automatiche.

Kalra della Rand Corporation [un’organizzazione che si occupa dell’analisi delle politiche pubbliche, ndt] afferma che «non è la prima volta che Detroit e la Silicon Valley collaborano e penso non sarà nemmeno l’ultima».
A maggio, la General Motors ha investito 500 milioni in Lift, la rivale di Uber, la quale ha pianificato di testare dei taxi Chevrolet Bolt a pilota automatico durante il prossimo anno.
Nel frattempo, ad aprile, Ford e Google hanno unito le forze per guidare un gruppo di pressione per l’approvazione federale delle auto automatiche.

A CHI APPARTERRÁ IL PARCO VEICOLI?

Mentre Uber sta lavorando sullo sviluppo della propria tecnologia automatica, il modello di business deve ancora essere completamente determinato.
Kalanick in un’intervista a Business Insider ha affermato: «Noi non siamo assolutamente dei costruttori di automobili e non so chi possederà il parco veicoli».

Rimpiazzare il parco auto esistente con dei nuovi veicoli a pilota automatico richiede miliardi di dollari di investimento. Chi sosterrà questi costi?

In futuro, Uber potrà avvalersi del proprio bilancio e acquistare le automobili automatiche. Tuttavia, questo sarebbe in disaccordo con il suo Dna di società di ride-sharing, che definisce chiaramente il servizio come una piattaforma tecnologica, piuttosto che come fornitore di servizi logistici o vettore di trasporto. Insomma Uber non vuole essere proprietaria dei veicoli. Ma potrebbe rivolgersi agli investitori o ai costruttori di auto perché si assumano i costi; oppure i suoi partner autisti potrebbero avere la possibilità di comprare essi stessi i veicoli automatici da affittare poi al colosso del ride-hailing.
Benedict Evans, un partner della Andreessen Horowitz, una società di investimento in capitali di rischio della Silicon Valley, e investitore in Lyft, sostiene che tutte queste soluzioni sono attuabili.

DIVISIONE SU DUE FRONTI

Come parte di una serie di iniziative per sviluppare la propria tecnologia di guida automatica, Uber il 18 agosto ha annunciato l’acquisto di ‘Otto’. Otto è una startup tecnologica fondata da un ex ingegnere automobilistico di Google.
Questa startup ha sviluppato un kit self-driving per camion che è già stato testato sulle autostrade di San Francisco. Con questa acquisizione, il gigante del ride-hailing punta ad avviare un servizio simil-Uber per i trasporti con camion a lungo tragitto negli Stati Uniti.
Alla guida degli sforzi di Uber nello sviluppo dei self-driving truck [letteralmente ‘trattore auto-guidanti, ndt], c’è Anthony Levandowski, co-fondatore di Otto
A proposito, Bryant Walker Smith ha affermato: «Uber e Anthony sono una bella coppia. Sia l’industria dei trattori che il futuro del business di Uber dipendono largamente da un’efficiente programmazione e coordinazione di offerta e domanda; ci sono molte tecnologie e applicazioni complementari in gioco».

Così come i taxisti Uber, anche i camionisti in futuro potrebbero perdere il loro lavoro. Inoltre, questo cambiamento potrà sconvolgere anche le industrie che offrono servizi agli autisti, come benzinai, ristoranti e motel.

COSA ALIMENTA LA CORSA AL PILOTA AUTOMATICO?

Secondo Kalanick l’ingresso nella sfera della guida automatica va attuato per non morire.
Nell’intervista rilasciata a Business Insider sostiene che se Uber non dovesse entrare nella corsa, qualsiasi altra società che deciderà di costituire un network di ride-sharing con self-driving car più economico o migliore ci escluderebbe dal business.

Google è la prima ad aver iniziato un progetto di lavoro su questa tecnologia (dal 2009) ed è considerata leader nel settore. In passato Google e Uber erano alleate mentre ora sono rivali. È questo che alimenta principalmente la corsa.

Nel 2013, Google Ventures ha investito 258 milioni di dollari in Uber e si è così garantita un posto nel consiglio di amministrazione.
A fine agosto David Drummond, vice presidente dello sviluppo di Alphabet (una società madre di Google), ha annunciato di essersi dimesso dal consiglio di amministrazioni di Uber da parecchie settimane. Secondo un’inchiesta del Wall Street Journal, Drummond ha rassegnato le dimissioni a causa delle preoccupazioni riguardanti un conflitto di interessi, confermando che le due società sono «in corsa per lo sviluppo e il commercio delle self-driving car».

Secondo Kalanick, la più grande minaccia di Uber è Google. Con i suoi fondi sostanzialmente illimitati – 72 miliardi di dollari nel 2015 – Google potrebbe facilmente divorarsi il mercato del ride-sharing e in questo senso ha già incominciato a sperimentare un servizio di sua proprietà.
A maggio, Alphabet ha annunciato il lancio di un programma pilota di ride-hailing per gli impiegati nella area della baia chiamata Waze Carpool (Google ha acquistato nel 2013 Waze, una piattaforma di navigazione sociale).

Uber afferma di avere l’87 percento del mercato negli Stati Uniti. In diversi mercati, la società è scesa in feroci guerre di prezzo per guadagnare quote di mercato registrando per questo una perdita di 1,3 miliardi di dollari nella prima metà del 2016.
La perdita maggiore è arrivata dalla controllata cinese, la quale per questo motivo è stata ceduta ai rivali di Didi Chuxing in agosto. Pertanto in futuro, se dovessero essercene delle altre, probabilmente saranno di minor entità.

Nonostante le perdite, Uber ha ancora capacità di raccolta di denaro dai propri finanziatori. Durante l’ultima raccolta, Uber ha raggiunto una valutazione di 68 miliardi di dollari, che ha reso la società la startup di maggior valore al mondo.

Non si sa se Uber possa mettersi alla pari di Google in termini di tecnologia. In merito, Kalra di Rand Corporation dichiara: «Uber si è appena aggiunta alla festa. Ma nonostante questo è presente nelle principali città del Paese e in molte altre in tutto il mondo. Nel momento in cui la tecnologia che ha sviluppato sarà pronta, potrà incominciare a dispiegarla su un’enorme scala». E questo è quello su cui Uber fa chiaramente affidamento.

Articolo in inglese: Uber’s Next Disruption: Self-Driving Taxis

Traduzione Davide Fornasiero

 
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