Perché la Cina ha dettato la risposta mondiale alla pandemia?

Prima il regime cinese ha mentito sulle origini del Covid-19, poi il mondo ha seguito le sue politiche di contenimento della pandemia, nonostante la loro inefficacia e i disagi che hanno causato.

A ottobre, a circa 20 mesi dall’inizio della pandemia, il Pcc ha chiuso una città di 4 milioni di persone. Il Pcc non ha ‘sconfitto’ il Covid-19, eppure il leader cinese Xi Jinping ha in qualche modo convinto il mondo ad adottare il modello cinese di contenimento, nonostante i gravi disagi e i danni sociali ed economici causati dai lockdown, dalla chiusura delle scuole, dalle mascherine e ora dalle vaccinazioni forzate.

Gli Stati Uniti e il mondo non hanno mai seguito consigli di nessun tipo dalla Cina in passato. Allora perché la questione pandemia è stata un’eccezione?

La strategia originale di Pechino era quella di nascondere il virus. Quando ciò è fallito, sembra che il Pcc abbia creduto che la sua legittimità dipendesse dalla capacità di controllare il virus. Di conseguenza, ha adottato una linea dura. Le autorità hanno imposto misure draconiane quando hanno bloccato Wuhan e altre città, cosa che la maggior parte del mondo ha condannato come una violazione dei diritti umani. Tuttavia, alcuni media e politici occidentali sono stati meno critici e hanno affermato che le misure erano efficaci, ma non avrebbero mai potuto essere applicate all’Occidente. Eppure, nel giro di pochi mesi, molti Paesi ne hanno seguito l’esempio.

I media statali cinesi e i troll di internet hanno iniziato a promuovere pubblicamente le politiche del Pcc di test di massa, lockdown, quarantene, mascherine e chiusura delle scuole. ProPublica ha indagato sugli account Twitter che sostenevano la risposta cinese alla pandemia e il ruolo della Cina di ‘salvatore del mondo’, scoprendo che 10.000 di questi account erano falsi e legati al regime cinese. Twitter ha finito per cancellare oltre 170 mila account collegati alla campagna di influenza del Pcc.

In Occidente, i media tradizionali e alcuni legislatori hanno iniziato a lodare il Pcc per aver ‘appiattito la curva’ così rapidamente. Nel marzo 2020, la rivista scientifica Nature ha pubblicato un articolo su come il resto del mondo potrebbe imparare la gestione del Covid-19 dalla Cina, suggerendo che altri Paesi avrebbero dovuto emulare le chiusure cinesi.

Pur sostenendo il modello cinese, Nature spiegava che i divieti di viaggio avrebbero solo ritardato la diffusione, e non messo fine alla pandemia. L’articolo proseguiva affermando che all’epoca l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) aveva raccomandato di non imporre divieti di viaggio. L’articolo menzionava anche che Singapore aveva rapidamente adottato il modello cinese di tracciamento dei contatti e isolamento, riportando così il virus sotto controllo entro marzo 2020. In realtà, Singapore era ancora in lockdown durante quell’estate.

Per quanto riguarda la chiusura delle scuole, l’articolo di Nature affermava che i bambini avevano la stessa probabilità di essere infettati degli adulti, cosa che nel frattempo è stata smentita. Ma l’articolo diceva anche che non era chiaro se i bambini potessero trasmettere il virus, quindi non si sapeva se la chiusura delle scuole avrebbe potuto risultare utile. Eppure le scuole sono state chiuse in tutto il mondo.

Forse l’affermazione più importante dell’articolo di Nature è: «La Cina sta sopprimendo il virus, non lo sta eradicando». L’articolo prosegue affermando: «Le chiusure devono a un certo punto terminare». Eppure, due anni dopo le varie restrizioni sono ancora in atto.

Xi ha iniziato a propagandare il ‘successo della Cina con il virus’ come una forma di nazionalismo, a cui l’opinione pubblica cinese è sembrata credere. Anche il resto del mondo ci ha creduto e ha seguito l’esempio della Cina, bloccando le proprie popolazioni, chiudendo le scuole e imponendo ai cittadini di indossare mascherine.

Il Pcc credeva che la sua gestione del virus avrebbe catapultato la Cina in una posizione di leadership mondiale. Pechino si è vantata, attraverso i media di Stato e i manifesti online, del «basso numero di morti» nel proprio Paese e dell’aumento dei decessi negli Stati Uniti. Per apparire come il ‘salvatore del mondo’, Pechino ha offerto prestiti agevolati allo Sri Lanka e ad altri Paesi in via di sviluppo, le cui economie sono state spazzate via dalla stessa risposta al virus che la Cina aveva raccomandato. Il Pcc ha inviato mascherine, dispositivi di protezione individuale (Dpi) e forniture mediche di fabbricazione cinese in Spagna, Italia, Filippine e Malesia.

In Italia, gli ‘esperti’ sanitari cinesi hanno insegnato al governo italiano come attuare il modello cinese di contenimento della pandemia.

Così, il Pcc ha esportato la tracciabilità dei contatti, le mascherine, i lockdown e la chiusura delle scuole. Nonché ha inviato aiuti lungo la ‘Via della Seta della Salute’ per legittimare l’iniziativa Belt and Road (Bri), gravata da debiti.

Pechino ha criticato il rifiuto degli Stati Uniti di sostenere l’Oms, mentre ha ampiamente pubblicizzato l’impegno del Pcc con questa e altre organizzazioni mondiali.

Xi ha invitato i leader mondiali a parlare della risposta alle pandemie. Ha avuto colloqui con il G-20, l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (Asean) e l’Unione Africana. I diplomatici cinesi hanno pubblicato articoli sui media e articoli di opinione nei vari Paesi in cui si trovavano, per evidenziare gli aiuti che il Pcc stava fornendo e le competenze che stava impartendo al mondo sulle misure di contenimento.

Gli articoli dei media sponsorizzati dallo Stato hanno sottolineato la gratitudine dei Paesi di tutto il mondo per l’aiuto della Cina nella lotta alla pandemia. Molti degli aiuti ricevuti dai Paesi non erano in realtà aiuti: hanno dovuto pagarli, e gran parte delle attrezzature erano difettose. La Slovacchia ha ricevuto kit di analisi difettosi per un valore di 16 milioni di dollari. La Finlandia ha acquistato mascherine di produzione cinese che si sono rivelate inadatte all’uso negli ospedali.

Capitalizzando sul presunto successo della gestione del Covid-19, il Pcc ha cercato di assumere un ruolo di primo piano nelle organizzazioni sanitarie globali. I media occidentali hanno apparentemente creduto all’idea che la Cina conoscesse il modo giusto per affrontare la pandemia e hanno iniziato a sostenere le iniziative del Pcc. La Cina ha fornito finanziamenti all’Oms, che ha poi ripetuto le raccomandazioni di Pechino sull’importanza di sospendere le libertà civili e bloccare l’economia globale come mezzo per prevenire la diffusione della malattia.

All’inizio della pandemia, l’Oms ha rifiutato i rapporti forniti dai medici di Taiwan, perché Pechino si oppone alla rappresentanza taiwanese negli organismi internazionali. Così l’Oms ha invece trasmesso la narrazione del Pcc, elogiando la presunta risposta tempestiva della Cina.

L’Oms ha pubblicato un rapporto sulla missione in Cina, in cui si afferma che: «Di fronte a un virus precedentemente sconosciuto, la Cina ha messo in atto forse il più ambizioso, agile e aggressivo sforzo di contenimento della malattia nella storia”, guadagnando tempo prezioso di risposta, e utilizzando un «approccio che ha coinvolto tutto il governo e tutta la società».

Il rapporto dell’Oms non contiene alcun commento sull’impatto negativo delle misure draconiane del regime. Al contrario, ha approvato la strategia cinese, raccomandandola al mondo intero.

E uno dopo l’altro i Paesi hanno adottato il modello cinese, ignorando l’impatto negativo e i dati che suggerivano che questi metodi non erano efficaci per porre fine alla pandemia.

Articolo in inglese: Why Did China Get to Dictate the World’s Pandemic Response?

 
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