Monaco shaolin contro campione di Mma, chi vincerebbe?

Il kung fu funziona nelle moderne competizioni sportive? E nell’autodifesa? E chi vincerebbe tra un grande maestro di kung fu e un moderno campione di arti marziali miste (Mma)? La domanda, in varie forme, divide il popolo di internet già da alcuni anni. Per rispondere bisogna esaminare vari aspetti della questione.

IL KUNG FU PER GLI ATTORI

Una questione che può creare molta confusione è che il kung fu è conosciuto soprattutto grazie ai film di Hong Kong, che mostrano un’abbondanza di calci volanti e combattimenti spettacolari, solitamente molto lontani dalla realtà dell’arte marziale. Gli attori imparano una forma moderna di kung fu che ha proprio lo scopo di risultare esteticamente piacevole, ma che non enfatizza affatto l’applicazione reale. Persino dopo anni di addestramento, le capacità reali di combattimento ottenute in tal modo, sono scarse.

Il problema è che questo genere di modo di pensare, per cui è importante che il movimento sembri bello, ha contaminato in parte anche le arti marziali tradizionali. Attualmente le scuole che insegnano kung fu (che è un termine generico per le arti marziali cinesi) abbondano ovunque, ma gli istruttori raramente posseggono una reale padronanza nello stile, o esperienza nel combattimento. Anche questo ha portato a una situazione in cui molte cose che vengono insegnate, semplicemente non funzionano. Persino il tempio Shaolin è stato trasformato in un luogo turistico dove si danno dimostrazioni (sebbene molte delle cose tradizionali siano state comunque conservate).

UN CONTESTO MUTATO

Mentre le arti marziali occidentali come la boxe sono nate in un contesto sportivo, le arti marziali cinesi sono nate come metodi per combattere in guerra, per difendersi da aggressori armati o come metodi di elevazione spirituale. Non vi è mai stata una componente sportiva, e questo ha portato a un’evoluzione molto diversa di questi stili: in guerra, preferibilmente, si usano le armi, e infatti quasi tutti gli stili di kung fu prevedono anche l’utilizzo di armi, come spade, bastoni e lance.
Nel momento in cui un guerriero doveva usare le mani nude, aveva poche possibilità di alzare la guardia e mettersi a tirar pugni: la cosa più sensata da fare in un combattimento corpo a corpo per difendere la propria vita in guerra è colpire la gola, la nuca, le orecchie (un colpo forte alle orecchie crea un senso di disorientamento e può anche portare a uno svenimento) e così via. Lo stesso principio è sempre valso, e vale ancora: se si osserva il Krav Maga, metodo usato dall’esercito israeliano, o il Systema Spetsnaz insegnato ai soldati russi, si nota che questo identico principio è ancora valido.

‘Il kung fu non è mai stato testato’, è una tipica obbiezione mossa agli stili cinesi. In realtà il kung fu veniva testato in guerra, che è la situazione di combattimento di massima intensità, dove non ci sono regole e non si ha alcuna ragione per trattenersi. Tuttavia è vero che, con poche eccezioni, negli ultimi decenni il kung fu è ben poco testato, soprattutto perché ha perso il suo campo di applicazione naturale, la guerra e la difesa dalle aggressioni armate volte a uccidere.

Quanto alle differenze tra il combattimento ‘uno contro uno’ controllato e le situazioni reali di autodifesa, l’insegnante di Tai Chi Richard Clear le spiega efficacemente rispondendo a una domanda su Youtube: «Ci sono un sacco di cose che si possono fare contro una persona disarmata, che però non ci si può permettere di fare contro avversari multipli o armati. Se non ti alleni regolarmente contro più di un avversario e contro le armi non sarai consapevole di queste falle. Più a lungo ti alleni senza correggere questi errori, più cattive abitudini avrai da dimenticare una volta che ne sarai consapevole. Ci sono molti errori derivanti da questo. Ne cito due che dovrebbero essere abbastanza semplici da poter essere spiegati in forma scritta. 1. La classica posizione da boxe/kickboxing usata nella maggior parte degli sport da combattimento è un mezzo ideale per farsi rompere, tagliuzzare, o mutilare le braccia da qualcuno con un machete, un tubo, una mazza da baseball o un coltello. Un avversario che usa queste armi può metterti fuori gioco le braccia rimanendo per tutto il tempo a una distanza in cui i pugili non possono colpirlo. Se non ti alleni regolarmente contro qualcuno che usa queste armi non comprenderai le distanze e i movimenti necessari per difenderti da esse. 2. Il combattimento sportivo permette di ottimizzare il timing e la posizione, nel combattimento contro un avversario; ma appena gli avversari diventano tre, c’è bisogno di molto più movimento e di una consapevolezza molto maggiore di quello che avviene a 360 grandi attorno a te. Inoltre il modo in cui affronti una persona cambia drammaticamente, perché appena ti ‘dedichi’ troppo a una persona, gli altri ti circonderanno e ti colpiranno da tutti i lati. Se non ti alleni regolarmente contro tre o più avversari che cercano aggressivamente di circondarti e di colpirti tutti insieme, non conoscerai il tipo di movimento necessario a prevenire i problemi».

A sostegno di questa teoria, ci sono più di un esempio in cui dei lottatori sportivi di arti marziali miste si sono cimentati nelle esercitazioni militari di difesa contro un aggressore con coltello o contro aggressori multipli, scoprendosi parecchio inadeguati.

Al contrario, è un fatto storico che 120 monaci shaolin affrontarono un numero quasi uguale di pirati giapponesi in una battaglia del 1553, uccidendoli tutti e subendo solo 4 perdite. I monaci sono stati più volte usati dagli imperatori cinesi come reparto d’elite.

Quindi il kung fu e l’Mma appartengono a due campi diversi: la guerra/autodifesa e lo sport. Se nel 1500, un soldato cinese avesse incontrato un lottatore di Mma in guerra, avrebbe senza dubbio usato la lancia.

IL COMBATTIMENTO A TERRA È SCONSIGLIATO

Una delle caratteristiche delle competizioni moderne di arti marziali miste è l’importanza data al ground fighting, il combattimento a terra. Dopo che Royce Gracie ha vinto con facilità il primo torneo Ufc impiegando le sue tecniche di ju-jitsu brasiliano, è divenuto a tutti chiaro che in una situazione di 1vs1 in un ring, è troppo difficile vincere senza conoscere il combattimento a terra.

In guerra, tuttavia, questo tipo di combattimento può essere utile solo in situazioni molto limitate. In alcune competizioni sportive di arti marziali, cadere a terra equivale a perdere. Il motivo è che nella guerra tradizionale, finire con la schiena a terra significava prendersi un colpo di lancia un secondo dopo. Se durante una guerra, anche moderna, un soldato ne attaccasse un altro portandolo a terra, sarebbe facile per altri soldati intervenire accoltellando l’aggressore. Lo stesso avviene in una situazione di autodifesa moderna: se la persona A porta a terra la persona B, gli amici di B possono sempre intervenire ad aiutarlo, e A sarà in una situazione in cui non può affatto difendersi. Inoltre un coltello, un sasso, la sabbia, un terreno ruvido, una discesa, una sedia, un tavolo, sono tutti mezzi che possono essere sfruttati per creare situazioni impreviste per l’atleta abituato al tappetino della palestra o al ring. Alcune arti marziali, come il ninjutsu, si specializzano nell’utilizzo dell’ambiente esterno e delle armi non convenzionali, magari tenute nascoste sotto i vestiti.

Il combattimento a terra, quindi – che è così cruciale nelle competizioni sportive – è secondario in situazioni di guerra e di autodifesa.

Il KUNG FU IN MMA: PERCHÈ NON C’È

Un motivo principale per cui le arti marziali cinesi hanno scarsa rappresentanza in Mma è che molti combattenti cinesi tendono ad allenarsi solo in uno stile. Indipendentemente da quanto questo sia giusto o no, rimane il fatto che la maggior parte degli stili non enfatizza il combattimento a terra. Ma senza il combattimento a terra non sembra possibile avere successo in Mma. Di conseguenza quando qualcuno che pratica Wing Chun o altre arti cinesi entra sul ring, l’avversario non ci pensa due volte a portarlo subito a terra e a concludere l’incontro, come si è visto già molte volte.

Un altro motivo per cui il kung fu di alto livello non è rappresentato in Mma è perché le arti marziali cinesi sono spesso fortemente legate ad aspetti spirituali, e quindi capita che i maestri non siano interessati alla competizione, né a dimostrarsi forti o a promuovere il proprio stile. In alcuni casi vietano anche ai propri discepoli di competere. Questa mentalità è spesso molto difficile da comprendere per gli occidentali. Inoltre, molti maestri tradizionali trovano che colpire un avversario che si trova a terra o in difficoltà contravvenga all’etica marziale.

Un altro motivo ancora è che le arti marziali cinesi richiedono spesso un addestramento molto lungo prima di poter essere applicate. La boxe, o il kick boxing, o il muay thai, sono stili molto ‘semplici’, che prevedono una posizione fissa, con un numero di colpi relativamente limitato. Invece lo shaolin, ad esempio, comprende un’infinità di posizioni, stili, forme e colpi. Prevede l’addestramento di ogni parte del corpo, comprese le parti deboli come la gola e i testicoli; prevede la meditazione, l’utilizzo del qi, lo sviluppo della flessibilità, l’utilizzo della respirazione, l’impiego degli occhi e della vista per prevedere i movimenti dell’avversario e ancora altro.

I monaci shaolin vengono addestrati fin da bambini e probabilmente raggiungono il loro apice tecnico a 35-40 anni. Altri stili sono meno complessi, ma richiedono spesso almeno una ventina d’anni di addestramento per essere applicati al meglio. Anche dopo questo lungo addestramento, non è matematico che il risultato pratico sia migliore di quello ottenuto da chi si addestra nelle arti occidentali, che invece si focalizzano sugli aspetti più essenziali, spesso evitando gran parte dell’allenamento relativo alla flessibilità, all’indurimento delle ossa, e all’utilizzo del qi. Di conseguenza una persona interessata alla competizione sportiva ha tutti i motivi per non scegliere questi stili, e preferire magari il muay thai.

Infine, l’utilizzo dei guantoni e le regole che impediscono numerosi colpi che sono invece i colpi principali nel kung fu, rende questi stili ancora meno utilizzabili. Se non si possono colpire occhi, gola, testicoli, schiena e altri punti deboli, e i pugni vengono anche depotenziati dai guantoni, allora davvero ha poco senso chiamarlo ancora kung fu.

Le arti marziali cinesi sembrano in effetti non essere una scelta ottimale nello sport, e in ogni caso vanno unite ad arti che si focalizzano sul combattimento a terra. Esistono in realtà dei praticanti di arti cinesi che hanno ottenuto buoni risultati nello sport, ma generalmente il loro stile non è più di tanto riconoscibile rispetto al kickboxing o al moderno sanda, quando i combattimenti prevedono molte regole.

In competizioni che non prevedono il combattimento a terra, invece, possiamo trovare combattenti interessanti come Yi Long, un cinese che pratica Shaolin, Tai Chi, Muay Thai, Kickboxing e Tae Kwon Do, e il cui stile è riconoscibilmente diverso dal comune atleta di Mma. Yi Long mette spesso pressione ‘catturando’ i calci e proiettando gli avversari a terra, o addirittura consentendo agli avversari dei free shot, mettendo in mostra apertamente il viso o il corpo scoperto, per poi rimanere indifferente ai colpi subiti, grazie alla tecnica popolarmente nota come ‘camicia di ferro’ che consente una notevole resistenza agli urti, a seguito di un lungo addestramento (qualche rara volta, però, non gli è andata bene).

Yi Long in effetti si mostra come un grande incassatore, che fa uso di calci e combinazioni che possono sorprendere, sebbene forse manchi di potenza e tenacia: i suoi match vanno molto spesso per le lunghe e finiscono per decisione. Non sono note su di lui statistiche complete, ma stando ai video di Youtube raccolti da canbike.org, il lottatore avrebbe un record di 25 vittorie (12 decisioni, 10 KO, 3 KO tecnici) 7 sconfitte (5 decisioni, 2 KO) e 1 pareggio.

In sintesi i praticanti di kung fu esistono in Mma (e alcuni hanno un certo successo, come Roy Nelson e Nick Osipczack) ma il loro stile non è quasi mai molto riconoscibile.

ESEMPI STORICI DI KUNG FU IN COMPETIZIONI MISTE

Per valutare l’efficacia degli stili cinesi comparati agli altri, si possono osservare degli esempi storici recenti.

Huo Yuanjia, praticante del Mizongquan (tradotto approssimativamente con ‘Il pugno che fa perdere le tracce’) nei primi del ‘900 si rese famoso per aver accolto varie sfide di occidentali che volevano dimostrare la loro superiorità nel combattimento, tra cui quella del pugile Hercules O’Brien, che sconfisse o, secondo altre testimonianze, che avrebbe abbandonato la città rinunciando alla sfida (in modo simile a un lottatore di wrestling, che sfidò i cinesi, per poi rinunciare scusandosi dopo che Huo accolse la sfida).

Ancora più importante è l’esempio di Wong Shun Leung, tra i migliori allievi di Yip Man (se non il migliore), che rese famoso il Wing Chun a metà del ‘900. Wong era un ex pugile (con un passato giovanile nel Tai Chi), che venne battuto facilmente dal maestro Yip Man e che quindi si ‘convertì’ al Wing Chun.

In seguito, mentre Bruce Lee, anche lui allievo di Yip Man, creava una leggenda nel cinema, Wong – che come ‘primo’ discepolo del maestro, fungeva anche da istruttore di Bruce – si era reso noto negli incontri clandestini senza regole per il suo record di 60 (o, secondo altre fonti, 50) vittorie, con quasi tutti i match conclusi in pochi colpi. Anche se qualcuno potrebbe mettere in dubbio un record talmente importante, non risulta siano state avanzate obiezioni ad esso, e tra i dati di fatto ci sono la grande fama che Wong portò al Wing Chun e al suo maestro Yip Man. Wong era anche fortemente rispettato da Bruce Lee, che probabilmente non raggiunse mai il suo livello.

Nonostante le sue vittorie e la sua fama a livello locale, Wong rimase sempre una persona umile e ‘realista’, dichiarando più volte di non essere granché o scherzando sulle sue abilità; per esempio un giornalista gli chiese quante persone fosse in grado di affrontare contemporaneamente, e Wong rispose: «Forse nemmeno una». Wong si è sempre battuto contro le leggende esagerate che riteneva aleggiassero attorno a molti stili marziali cinesi.

Infine va citato Bruce Lee stesso, del quale è noto come abbia vinto vari incontri. Ad esempio il suo primo combattimento clandestino senza regole, lo vinse (con fatica) in presenza di Wong, che lo incoraggiò a non arrendersi. In altri casi, le persone vicine a Bruce Lee, raccontano come ricevesse continue sfide mentre era impegnato sul set, e nessuno lo aveva mai visto perdere.

Su quanto Bruce fosse abile, in realtà, ci sono varie controversie. L’attore si circondava di grandi campioni dell’epoca, come Chuck Norris e Joe Lewis, ma ci sono testimonianze contrastanti: secondo alcuni era nettamente superiore al loro livello; secondo altri era al loro livello; secondo altri ancora, non era a loro paragonabile. Del suo talento non dubita nessuno, ma non tutti ritengono che nei combattimenti fosse una leggenda.

In ogni caso è ai conflitti tra i cinesi e giapponesi, e poi tra cinesi e occidentali a Hong Kong sotto il dominio britannico, che ci sono stati i primi importanti incontri inter-marziali, che hanno portato poi all’idea dell’Mma come la conosciamo ora.

CHI VINCE TRA UN MONACO SHAOLIN E UN LOTTATORE DI MMA

Chi vincerebbe, dunque, tra un lottatore di Mma e un monaco shaolin di peso simile, in un combattimento all’ultimo sangue in piedi senza armi, senza protezioni e senza regole?

Prima di tutto, vanno considerate una serie di caratteristiche dei monaci.

1) Picchiano come dei pugili d’elite

Un semplice esame condotto su di un monaco shaolin ha rilevato che un suo pugno diretto produce 772 pounds of force, un numero simile alla media dei pugili professionisti di alto livello. Una sua tecnica simile al one-inch-punch di Bruce Lee (che in ogni caso non ne fu l’inventore), ha registrato una forza di 1780 pound al secondo, molto maggiore di quella generata da uno scontro d’auto a 48 km/h (1000 pound/s).

2) Possono usare il qi per resistere al KO

Il qi è una delle cose mistiche, meno mistiche in assoluto. È stato ripetutamente testato in situazioni controllate, e un numero molto grande di persone nell’ambiente delle arti marziali è in grado di usarlo (ma ci sono anche molti impostori). Anche se la scienza non può spiegarlo, i suoi effetti sono visibili a chiunque.

Il ‘difetto’ di questa tecnica è che far salire il qi in una certa parte del corpo richiede un processo, anche se per chi si è allenato a lungo (come i monaci shaolin) può essere molto veloce. Nonostante questo, è fondamentale che il combattente sappia con breve anticipo in che punto l’avversario colpirà, in modo da proteggersi: un colpo completamente inaspettato non potrà essere ‘parato’ con il qi.

Lo scopo dell’utilizzare il qi non è tanto stupire l’avversario con la ‘camicia di ferro’, quanto incassare un pugno in modo inaspettato, per poi restituire un colpo da Ko.

Va aggiunto che i monaci induriscono le proprie ossa colpendo oggetti duri (questo però avviene anche nel muay thai), e allenano le loro parti del corpo più deboli, per esempio ottenendo una maggiore resistenza agli strozzamenti e ai colpi ai testicoli.

3) Sono maestri nei colpi mortali

In questo video il monaco Shi Dejian dà una dimostrazione libera di una serie di colpi, ed è possibile osservare quanto ampia sia la varietà di colpi mortali, da KO, o che possono creare seri danni. Naturalmente questo video ne mostra solo una piccola parte.
È ovvio che non è altrettanto facile colpire in quel modo un professionista, ma nondimeno questo mostra quanto vario, e quindi imprevedibile, sia lo stile shaolin.

Un altro esempio è la capacità – provata – di un esperto di kung fu (e a maggior ragione dei monaci shaolin) di strappare una trachea umana dal collo, penetrandolo con le dita usando lo ‘stile della tigre’. Con il medesimo stile è possibile strappare brandelli di carne da qualsiasi parte del corpo dell’avversario, come se si usasse un’arma (le dita dei monaci vengono indurite attraverso un continuo allenamento; le ossa in tal modo diventano letteralmente più dure della pietra, e questo è un fatto scientifico).

Inoltre i monaci conoscono profondamente i punti deboli del corpo umano (non solo quelli classici come occhi, gola e genitali), e un’infinità di modi per sfruttarli.

4) Sono rilassati

I monaci, ricordiamolo, sono monaci. La meditazione e il qigong garantiscono loro maggiori probabilità di rimanere tranquilli e rilassati durante un combattimento, anche all’ultimo sangue. 

A discapito dei religiosi, tuttavia, va citato che i moderni lottatori hanno più esperienza di combattimento, dal momento che i monaci moderni si limitano di solito a uno sparring a bassa intensità, se non coreografato, tra di loro. L’esperienza di combattimento è ovviamente un fattore estremamente cruciale.

Inoltre, anche dal punto di vista tecnico, i monaci non sono così imbattibili come qualcuno può pensare. In questo video il maestro di Wing Chun Shannon Moore (discepolo di William Cheung, a sua volta discepolo di Yip Man) tiene testa a un monaco shaolin, colpendolo due volte (un colpo vicino al plesso solare, e uno ‘schiaffo’ in faccia):

Entrambi si sono certamente trattenuti, ma comunque a livello tecnico, da questo breve scambio, Moore è risultato più che all’altezza. Quindi i monaci non vanno considerati a un livello troppo più alto rispetto ai massimi esponenti meno leggendari di altri sistemi di arti marziali orientali. Va però precisato che i monaci odierni, in generale, non sono all’altezza di quelli del passato, in particolare di quelli che avevano esperienza di guerra.

Ne consegue che probabilmente anche un lottatore di Mma ai massimi livelli può affrontare un monaco shaolin. In questo ulteriore video, tuttavia, vediamo Shi Dejian (un monaco shaolin che vive in disparte rispetto al tempio, e che vive e si allena in un modo ancora più tradizionale) pienamente a suo agio alle prese con il campione di boxe dell’Heilongjiang.

In particolare Shi Dejian mostra una velocità impressionante nelle schivate.

Quindi chi vincerebbe?

Ovviamente la lotta non è come la matematica. I monaci hanno un vantaggio quando si tratta dell’uccidere l’avversario con un colpo ben assestato: in questo ambito i lottatori di Mma hanno (giustamente) scarsa esperienza. Uccidere non dipende solo dalla forza, ma soprattutto dalla precisione e dall’effetto sorpresa, entrambe cose in cui i monaci eccellono, anche grazie alle loro conoscenze di medicina cinese e dei punti di agopuntura, oltre che al loro stile imprevedibile. La speranza del lottatore moderno è quindi di riuscire a pressare il monaco impedendogli di usare quei colpi, e costringendolo a un combattimento in cui far pesare i propri pugni. Il vincitore sarà chi riuscirà a costringere l’altro al proprio gioco.

Va ricordato che in una lotta nel mondo reale entrano in gioco sempre una serie di fattori ‘esterni’ che non è facile prevedere. Torna utile presentare l’esempio di un combattimento tra il sopra citato Wong Shun Leung e Wong Tik Sak (un maestro di arti marziali, oltre che una specie di boss della criminalità locale di Hong Kong) raccontato da un amico del discepolo di Yip Man. I due ‘Wong’ combatterono (amichevolmente, per così dire) sulla veranda di una stanza d’hotel ad Hong Kong, alla presenza di vari testimoni di entrambe le parti. Il combattimento prevedeva 3 round ognuno di due minuti, e nessuna regola, ma un arbitro era pronto a intervenire in caso di gravi pericoli. Era convenzione che fosse prestabilito chi dei due avrebbe cominciato ad attaccare, quindi venne tirata una moneta. Il combattimento cominciò quindi con Wong Tik Sak che riuscì a prendere Wong Shun Leung (WSL) per la gola e a sbatterlo contro una vetrata. Temendo danni, la lotta fu sospesa e i due ricominciarono. Poco dopo, WSL fu colpito ancora al lato del corpo e finì il primo round.

Prima del secondo round, WSL disse ai compagni di avere un’idea per vincere. Attaccò l’avversario usando una tecnica tipica del Wing Chun: bloccò una delle braccia di Wong Tik Sak per poi colpirlo in faccia. A questo seguì uno scontro di pugni, che fece volare un dente a Tik Sak. WSL riuscì poi a riutilizzare la stessa tecnica nello stesso round, riducendo l’avversario – che ormai aveva perso baldanza e tendeva a indietreggiare – a sputare una grande quantità di sangue.

Questo mostra come in una lotta senza regole si possano capovolgere rapidamente le situazioni e come sia facile ferirsi gravemente. E questo tipo di lotta non era alla massima intensità, dal momento che nessuno dei due aveva intenzione di uccidere l’altro. In una lotta volta a uccidere, è spesso chi indovina per primo il colpo giusto a prevalere: cosa sarebbe successo se Wong Tik Sak avesse cercato di lanciare o premere WSL contro il vetro, rompendolo?

Questa lotta, che non era all’ultimo sangue, terminò al secondo round con un pareggio diplomatico (anche perché i compagni di WSL temevano vendette della criminalità associata all’avversario: altro aspetto della vita reale da tenere in conto). Ma mostra quanto sia difficile prevedere l’esito di un simile combattimento.

Le opinioni espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non necessariamente riflettono il punto di vista di Epoch Times.

 
Articoli correlati