La marijuana, un fronte di guerra poco noto tra Stati Uniti e Cina

Di He Qinglian

Nel panorama politico americano, la competizione con la Cina è sempre stata un argomento importante. Sulla questione delle infrastrutture, i politici americani stanno copiando il metodo cinese di massicci investimenti di denaro pubblico; sulla questione di Taiwan, hanno paura di offendere il Partito Comunista Cinese; sull’energia eolica, i legislatori della Camera stanno escludendo la Cina a causa della concorrenza. Eppure c’è un’area dimenticata che sta coltivando ricchezza e probabilmente sarà terreno di concorrenza con la Cina: l’industria della marijuana.

In effetti, la Cina non solo raccoglierà i benefici economici dalla legalizzazione della marijuana negli Stati Uniti, ma sarà anche felice di vedere i cittadini americani vittime del consumo di varie droghe, poiché la produzione cinese di cannabis è solo per l’esportazione.

Il vero vincitore delle elezioni del 2020: la cannabis

Dopo la comparsa della dubbia «curva Biden» nella notte delle elezioni del 3 novembre, Paul Armentano, il vicepresidente dell’Organizzazione nazionale per la riforma delle leggi sulla marijuana (Norml), ha pubblicato estaticamente un articolo pre-rifinito su The Hill, annunciando che il vincitore delle elezioni del 2020 non era Donald Trump, né Joe Biden. Era la marijuana. L’articolo mostra la totale fiducia dell’America nella sua industria della marijuana, considerando le capacità di produzione, lavorazione, marketing e vendita; inoltre rende il consumo di marijuana un «diritto umano di quarta generazione». E questo importante passo compiuto dagli Stati Uniti probabilmente riorienterà e riscriverà la cannabis, così come l’intero mercato delle droghe illecite.

Armentano ha lavorato instancabilmente per molti anni per la legalizzazione della marijuana e le sue «previsioni» si stanno realizzando. L’industria della marijuana ha raggiunto una pietra miliare il 3 novembre 2020, quando è stata approvata la misura 110 dell’Oregon, che ha consentito la depenalizzazione di droghe (non di certo leggere) come l’eroina. Usa Today ha anche riferito che New Jersey, South Carolina, Montana e Arizona, lo stesso giorno avevano approvato leggi che legalizzano la marijuana ricreativa. L’Oregon ha svolto un ruolo fondamentale in questo processo di legalizzazione. Nel 1973, l’Oregon è stato il primo Stato a depenalizzare il possesso di marijuana. Nel 2014 ha legalizzato l’uso ricreativo della marijuana.

Ma i fan della cannabis non dovrebbero dimenticare chi ha portato l’alta marea della legalizzazione della marijuana: Obama.

Il catalizzatore per la legalizzazione della marijuana: Obama entra alla Casa Bianca

Nel 2008, Barack Obama è diventato il primo presidente afroamericano nella storia degli Stati Uniti. Durante un dibattito alla Northwestern University quando era un membro del Congresso, aveva dichiarato che la guerra alla droga dell’ex presidente Nixon è completamente fallita e che è necessario rivedere le leggi sulla marijuana e legalizzare la droga. Ha anche ammesso di aver fumato marijuana quando era giovane.

Questa storia di gioventù dell’ex presidente deve aver probabilmente influenzato le opinioni della gente, ed evidentemente è così, poiché il numero di persone nelle parate per la legalizzazione è cresciuto in modo esponenziale: tengono in mano striscioni stellati con la marijuana stampata su di essi e chiedono il diritto di usare la marijuana a scopo ricreativo come diritto umano fondamentale.

Nel 2012, lo Stato di Washington e il Colorado hanno approvato rispettivamente la Washington Initiative 502 e l’emendamento 64 del 2012 del Colorado e hanno dato il via all’era dell’uso ricreativo della marijuana. Si dovrebbe notare che il termine «marijuana ricreativa» è un altro nome ingannevole e romanzato per le droghe, creato dalla sinistra.

Dal momento che al presidente piace la marijuana, le leggi dovevano armonizzarsi a questa narrazione. Il caso della Corte Suprema, Gonzales v. Raich, che ha stabilito che il Congresso statunitense ha l’autorità di criminalizzare l’uso e la produzione di cannabis coltivata in casa, è stato rivisto, e il numero di Stati che hanno e legalizzano la marijuana è in costante aumento. Sempre più americani stanno diventando a favore della marijuana e questi problemi legali stanno scomparendo.

Il problema della marijuana americana è diventato una «guerra popolare»

Sulla base della nota che indicava la buona disposizione di Obama nei confronti della marijuana, i fumatori hanno rapidamente trasformato questo processo di legalizzazione in una guerra popolare. Di seguito sono riportati alcuni dati per illustrare questo punto.

Innanzitutto, la percentuale di persone che desiderano legalizzare la marijuana. Tra il 2000 e il 2009, un sondaggio Gallup aveva stabilito che la percentuale di americani disposti a legalizzare la marijuana era aumentata dal 31 al 44 percento, ma dopo che Obama è diventato presidente, tale percentuale è salita al 49 percento in due brevi anni (2009-2011). La tendenza in continua crescita era direttamente correlata all’atteggiamento di sostegno di Obama; tanto che, quando ha lasciato l’incarico nel 2012, la percentuale di americani disposti a legalizzare la marijuana era ormai salita al 64%.

In queste circostanze, qualsiasi politico che osasse mettere un piede di fronte a questa cascata di legalizzazione starebbe mettendo a rischio la propria carriera. Anche il presidente Trump, che era esplicitamente anti-droga, non ha avuto altra scelta che firmare il Farm Bill degli Stati Uniti del 2018, che legalizzava la coltivazione della cannabis.

Nello stesso periodo, le università americane sono diventate sempre più favorevoli alla marijuana e hanno iniziato a includere corsi che insegnano agli studenti tutto: dalla coltivazione all’economia della marijuana. L’America sta diventando palesemente il leader mondiale nella professionalizzazione della marijuana e nell’instillarla negli accademici. I college e le università svolgono un ruolo fondamentale nel plasmare l’opinione dei giovani nei confronti della marijuana.

Le elezioni del 2020 si sono svolte durante la pandemia e Biden ha promesso che una delle cose che desiderava cambiare era legalizzare la marijuana in tutto il Paese. Alla fine del 2020, 33 Stati, 4 territori degli Stati Uniti e il Distretto di Columbia hanno legalizzato l’uso medicinale della marijuana; mentre 11 Stati, 2 territori e il Distretto di Columbia hanno legalizzato l’uso ricreativo della marijuana. D’ora in poi, i tossicodipendenti di marijuana possono godere dei loro ritrovati diritti umani.

Esplode la produzione di marijuana negli Stati Uniti

Di seguito sono riportate alcune statistiche sulla produzione di marijuana negli Stati Uniti.

A partire dal secondo trimestre del 2020, l’area di coltivazione della cannabis ha raggiunto 465.787 acri e sono state distribuite 21.496 licenze per la sua coltivazione. Si tratta di un aumento del 27% rispetto al 2019. Secondo Bdsa, una piattaforma per il monitoraggio delle vendite di marijuana negli Stati Uniti, la vendita legale di cannabis ha generato una somma record di 17,5 miliardi di dollari nel 2020, con un aumento del 46% rispetto al 2019. Tre regioni che hanno contribuito principalmente a questa sbalorditiva quantità di vendite sono stati gli Stati democratici California, Colorado e Oregon. Laddove la marijuana ricreativa è stata legalizzata, la percentuale di persone che l’ha usata è passata dal 38 al 43 percento. Il mercato della cannabis è particolarmente forte in Colorado, dove il 48% dei residenti la consuma. Ora, la divulgazione della marijuana si sta diffondendo tra i giovani e i residenti suburbani, che sono i principali contributori alla crescita del mercato della cannabis nel 2020.

Bsda stima che nel 2026 le vendite legali di cannabis raggiungeranno i 41 miliardi di dollari a livello nazionale, livellandosi a fianco dell’industria della birra artigianale. Allo stesso tempo, si prevede che il mercato globale della marijuana sarà di 170 miliardi di dollari, e l’America assumerà senza dubbio il ruolo di primo consumatore.

L’aumento del consumo di marijuana negli Stati Uniti fa felice l’industria della cannabis in Cina

Felici quanto i consumatori negli Stati Uniti, sono i produttori dell’industria cinese della cannabis.

Euromonitor International prevede che la percentuale di prodotti a base di cannabis venduti legalmente raggiungerà il 77% entro il 2025, stimando un mercato di 166 miliardi di dollari. Si prevede che la vendita ricreativa di marijuana nei prossimi cinque anni aumenterà l’attuale dimensione del mercato del 376% e si stima che il 67% del mercato legale della marijuana sarà per uso ricreativo, mentre solo il 9% è per uso medicinale (meno della metà del 23 per cento del 2020).

Già nel 2017, quando è iniziata l’ondata di legalizzazione mondiale, la Cina si è resa conto che ci sono enormi profitti da realizzare dal mercato della cannabis. Ha quindi incaricato degli esperti di analisi di mercato di studiare la tendenza in vari Paesi e fornire una strategia lungimirante per l’industria cinese della cannabis.

Attualmente, la Cina è il più grande produttore di cannabis e produce la metà della quantità prodotta in tutto il mondo. Il tasso di produzione della Cina a partire dal 2018 è di 75.000 tonnellate all’anno e si prevede che raggiungerà le 105.000 tonnellate all’anno entro il 2024.
Poiché la Cina non ha ancora legalizzato la marijuana, la loro produzione consiste principalmente in cannabis industriale, tuttavia è in una posizione da leader a livello mondiale per la produzione di Cbd (cannabidiolo).

Il mercato cinese del Cbd ha raggiunto 760 milioni di dollari e si stima che raggiungerà 1,8 miliardi nel 2024. Il gruppo ArcView ha pubblicato un rapporto di analisi nell’agosto 2020, definendo la Cina una superpotenza in ascesa per la produzione di Cbd: «Man mano che le normative vengono chiarite nei mercati di destinazione in Nord America ed Europa, le multinazionali farmaceutiche e nutraceutiche che già acquistano un’ampia gamma di ingredienti dalla Cina, allo stesso modo acquisteranno ingredienti a base di cannabinoidi dalla Cina. È probabile che la Cina sia una delle principali fonti di cannabinoidi per la catena di approvvigionamento globale per il prossimo futuro, con il nuovo sostegno del governo per l’industria, uno dei costi di produzione dei cannabinoidi più bassi a livello globale e infrastrutture e competenze di produzione su larga scala senza rivali».

Questo potere assegnato alla Cina rivaleggia naturalmente con l’industria della cannabis degli Stati Uniti.

L’effetto della depenalizzazione della marijuana sulle relazioni Usa-Cina

L’industria della marijuana negli Stati Uniti è principalmente per uso medicinale, industriale e ricreativo, e oltre il 12% degli americani fa uso di una qualche forma di cannabis. Non un solo Paese osa dichiarare apertamente di aver tenuto sotto controllo gli effetti collaterali della marijuana, il che vale anche per l’America. Nelle circostanze date, l’industria e il mercato della cannabis godranno probabilmente di notevoli profitti, ma gli effetti collaterali negativi delle proprietà psicoattive della marijuana, alla fine diventeranno un peso per la società. L’America è già uno dei principali Paesi consumatori di droga e, poiché il numero di tossicodipendenti è in aumento, gli effetti negativi sulla società saranno probabilmente evidenti a un ritmo accelerato.

La Cina produce principalmente canapa, o cannabis industriale. È pienamente in grado di produrre marijuana ricreativa solo per l’esportazione e di aumentare ulteriormente la sua quota di mercato del Cbd. Può anche affittare terreni all’estero per coltivare marijuana in Paesi dove c’è una domanda.

La Cina ha severe restrizioni sulla droga per i propri cittadini. Data il passato cinese di lotta contro droghe come l’oppio dall’inizio della sua industrializzazione, finora la Cina ha di fatto proibito l’abuso di droghe. In queste circostanze, il tasso di consumo di marijuana in Cina non raggiungerà mai quello dell’America, dove il consumo di cannabis è considerato un diritto umano.

In sintesi, sebbene l’industria della cannabis statunitense voglia diventare autosufficiente, poiché la domanda è elevata, l’importazione sarà quindi inevitabile. La produzione cinese di cannabis è diversificata: può raggiungere l’autosufficienza per le esigenze dei prodotti a base di cannabis in medicina e cosmesi, e allo stesso tempo produrre marijuana ricreativa esclusivamente per l’esportazione, con il vantaggio del basso costo e del dumping.

Quindi abbiamo un Paese con la domanda più alta, e uno che ha la capacità di diventare il più grande fornitore. Sebbene il mercato in questo settore stia appena iniziando a svilupparsi, è già chiaro chi vincerà e chi perderà.

 

He Qinglian è una importante autrice ed economista cinese. Attualmente residente negli Stati Uniti, è autrice di «China’s Pitfalls», che discute la corruzione nella riforma economica cinese degli anni ’90, e «The Fog of Censorship: Media Control in China», che affronta la manipolazione e la restrizione della stampa. Scrive regolarmente su questioni sociali ed economiche cinesi contemporanee.

Le opinioni espresse in quest’articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

Articolo in inglese: A New Area of US-China Competition Ignored—Marijuana

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