La Costituzione americana non è democratica e questo è un bene

Di Dennis Hale e Marc Landy

Articolo di opinione

È difficile non notare che negli Stati Uniti le discussioni politiche spesso vertono su questioni di cui, in altre democrazie, nessuno parla. Quali sono i poteri del legislatore? Cosa può fare l’esecutivo? Cosa possono fare gli Stati senza chiedere il permesso al governo nazionale? Perché un’idea popolare tra il pubblico non può diventare una legge?

Per queste e altre domande, la risposta coinvolgerà sempre la Costituzione americana, un documento vecchio di più di due secoli che è Stato modificato (senza contare la Carta dei Diritti) solo 17 volte. Dopo le elezioni del 2016 – nelle quali, non per la prima volta, un candidato che aveva perso le elezioni popolari è entrato comunque alla Casa Bianca – il discorso sui «difetti» della Costituzione è diventato più insistente. Perché l’America non può essere più simile agli altri Paesi?

Ti preoccupi del fracking? Boris Johnson era preoccupato, quindi l’ha vietato, perché è il primo ministro della Gran Bretagna e il suo partito controlla la Camera dei Comuni. Può fare praticamente quello che vuole quando ha una maggioranza sufficiente.

Pensi che ci siano troppe armi in città? Perché non vietarle, come fanno la Gran Bretagna, l’Australia e l’Italia?

Pensi che «l’assistenza sanitaria gratuita per tutti» sia una buona idea? Il partito laburista britannico la pensava così già nel 1945, e solo tre anni dopo ciò divenne realtà.

Questi esempi sembrano evidenziare il problema. Gli Stati Uniti sembrano avere un governo che rende molto difficile realizzare qualsiasi cosa, mentre altri Paesi sembrano molto più capaci di apportare i cambiamenti desiderati, con il minimo sforzo e fastidio.

D’altro canto, diversi Paesi europei – e possiamo temporaneamente includere la Gran Bretagna in questa categoria – si sono allarmati per il modo in cui alcune persone parlano, soprattutto degli immigrati. Il risultato? I processi per ‘crimini d’odio’ in Francia, Gran Bretagna e altrove che mostrano molto meno riguardo per la libertà di parola di quanto sarebbe tollerato negli Stati Uniti. In Francia, per fare un altro esempio, nessuno studente della scuola pubblica può indossare alcun capo di abbigliamento o gioiello che indichi un’affiliazione religiosa. Negli Stati Uniti, questo tipo di interferenza con l’espressione religiosa sarebbe impensabile e non sopravviverebbe a un ricorso in tribunale.

La Costituzione americana dà e toglie: rallenta radicalmente il processo legislativo e pone grossi ostacoli all’interferenza con la libertà. «Il Congresso non farà nessuna legge – così dice il Primo Emendamento – riguardo all’istituzione della religione o al suo libero esercizio; né il Congresso può interferire con la libertà di stampa, di parola, di assemblea o di petizione». Come ci ha ricordato una volta il defunto giudice della Corte Suprema Antonin Scalia, «”Nessuna legge” significa “nessuna legge”».

La capacità della Costituzione di rallentare e persino prevenire azioni o politiche che potrebbero essere popolari ha frustrato alcuni americani sin dall’era della Fondazione, ed è facile capire perché. Il ramo popolare del potere legislativo, la Camera dei Rappresentanti, può vedere la sua volontà ostacolata da una maggioranza del Senato non rappresentativo. E supponendo che un disegno di legge superi sia la Camera che il Senato, potrebbe essere posto il veto dal presidente e morirà a meno che due terzi di ciascuna camera non voti a favore. Anche se un disegno di legge supera tutti questi ostacoli, potrebbe essere contestato e annullato dai tribunali federali. È un miracolo quindi che ci siano delle leggi che passano.

Ma, naturalmente, ci sono un gran numero di leggi; troppe, in effetti. Nonostante la complessità del processo legislativo, le cose vengono fatte. Eppure l’impressione popolare è sostanzialmente corretta: l’approvazione di importanti atti legislativi, soprattutto quando mirano a cambiamenti significativi nel modo in cui si fanno le cose, è difficile e dispendiosa in termini di tempo. Questo è il motivo per cui così tanti americani guardano con invidia al Parlamento britannico, oltreoceano, dove le maggioranze legislative possono spostare le montagne nel giro di settimane o addirittura giorni.

La «bizzarria» della Costituzione statunitense si è rivelata particolarmente irritante per i liberali, che fin dai tempi di Teddy Roosevelt e Woodrow Wilson, hanno visto la Costituzione come una reliquia del XVIII secolo nel mondo moderno: un dinosauro, per usare la loro metafora preferita. Questa critica liberale identifica la Costituzione come la fonte di ciò che i liberali ritengono essere sbagliato nell’ordine politico ed economico che è cresciuto sotto la sua protezione. Ai tempi di Teddy, la Costituzione ostacolava il confronto con i trust. Ai tempi di Franklin Roosevelt, la Costituzione impediva una riforma economica sistematica. Ai nostri giorni, il collegio elettorale ci ha dato (per la seconda volta nel nuovo secolo) un presidente che ha perso il voto popolare. La Camera dei Rappresentanti alla fine ha messo sotto accusa questo presidente, ma il Senato non rappresentativo ha votato per non condannarlo.

I liberali criticano il quadro antimaggioritario della Costituzione, ed è indiscutibilmente vero che la Costituzione pone ostacoli sulla via del governo della maggioranza semplice. Ogni Stato ha due senatori, indipendentemente dalla popolazione dello Stato; e il sistema del collegio elettorale fa sì che la maggioranza del voto popolare a volte non sia sufficiente per eleggere un presidente, soprattutto se la maggioranza è concentrata in meno Stati; la Corte Suprema può ribaltare inoltre la legislazione popolare nel Congresso e nelle legislature statali. La Costituzione crea una repubblica federale, in cui il governo nazionale è limitato a una serie specifica di responsabilità, lasciando gli Stati liberi di adottare una serie di politiche su questioni di interesse pubblico. Quest’ultima qualità sembra democratica e si potrebbe pensare, quindi, che i liberali la approverebbero. Ma i cosiddetti liberali (la sinistra) hanno sempre avuto un apprezzamento «tattico» del federalismo: a loro piace quando gli Stati adottano politiche di sinistra (la California ha vietato la vendita di prodotti in pelliccia), ma non quando gli Stati adottano politiche a cui loro si oppongono, soprattutto se tali politiche sono in contrasto con l’opinione pubblica (come nel caso della dura legge antiaborto dell’Alabama).

Infine, la Costituzione può essere modificata solo attraverso una complessa serie di delibere, prima nel Congresso e poi negli Stati, che richiedono tutte una super maggioranza per avere successo: due terzi in ciascuna camera del Congresso e tre quarti degli Stati.

Allora perché la Costituzione pone così tanti ostacoli al governo della maggioranza? Per rispondere a questa domanda, è necessario tornare all’inizio e consultare l’influente difesa della Costituzione, The Federalist, i cui autori principali furono James Madison e Alexander Hamilton, che hanno scritto sotto il nome «Publius». La comprensione della natura umana che Publius rende esplicita è alla base delle componenti antimaggioritarie della Costituzione.

La Costituzione è stata scritta per correggere quello che sembrava essere un fallimento: gli Articoli della Confederazione, in base ai quali la politica americana aveva preso diverse brutte svolte. È impossibile leggere The Federalis senza essere colpiti dall’ansia che questi fallimenti hanno suscitato. Nel primissimo numero Publius si chiede se fosse davvero possibile per «le società di uomini… [stabilire, ndr] un buon governo attraverso la riflessione e la scelta, o [se fossero, ndr] destinate per sempre a dipendere per le loro costituzioni politiche dal caso e dalla forza».

Gli americani, dopo aver ottenuto una gloriosa vittoria sulla Gran Bretagna durante la Rivoluzione, erano inclini ad avere un’opinione troppo alta di se stessi ed erano riluttanti ad ammettere i fallimenti sia dei governi statali che del debole governo nazionale ai sensi degli Articoli. I Framer credevano che gli americani erano capaci di fare meglio, ma gli americani non erano santi, e The Federalis è spietato nella sua descrizione della natura umana anche nelle migliori circostanze. L’America è stata benedetta in molti modi; la popolazione americana dell’epoca era molto più esperta nelle arti dell’autogoverno rispetto a qualsiasi altro popolo. Eppure, anche così, ecco cosa ha da dire Publius, in The Federalis 6, non solo sulle persone in generale, ma sugli americani: «Non si è forse riscontrato invariabilmente, al contrario, che le passioni momentanee e gli interessi immediati hanno un controllo più attivo e imperioso sulla condotta umana rispetto a considerazioni generali o remote di politica, utilità o giustizia?» O in Federalist 10: «L’instabilità, l’ingiustizia e la confusione introdotte nei consigli pubblici sono state, in verità, le malattie mortali sotto le quali sono periti ovunque i governi popolari». D’altra parte Publius dice anche (in Federalist 55) che «ci sono altre qualità nella natura umana che giustificano una certa porzione di stima e di fiducia. Il governo repubblicano presuppone l’esistenza di queste qualità in grado più elevato di qualsiasi altra forma».

Gli americani, come tutti gli altri, sono capaci di essere impulsivi, appassionati, miopi, egoisti e facilmente fuorviati da adulatori e demagoghi. Ma sono anche capaci di cose migliori. Il trucco nel formare un governo era quindi individuato nel ridurre al minimo le opportunità dei malevoli, massimizzando al contempo le opportunità per l’esercizio della virtù, o quella che Publius chiamava «onorevole determinazione». Ciò significa, a livello istituzionale, un governo limitato, con numerosi ostacoli posti sulla via di un comportamento impulsivo e miope.

Ciò che era richiesto alla Fondazione era una chiara comprensione dei fallimenti degli Articoli della Confederazione e del loro significato. Erano fallimenti della democrazia, ed era proprio negli Stati che l’impulso democratico era più forte: le legislature statali erano troppo democratiche, con distretti piccoli, mandati brevi ed elezioni frequenti. I dirigenti erano troppo deboli e i tribunali non erano indipendenti: in molti Stati i giudici venivano eletti. I governi statali hanno interferito con il commercio dei loro vicini, hanno svalutato la valuta e non sono riusciti a pagare i loro debiti. Hanno approvato troppe leggi e le hanno cambiate troppo in fretta. I legislatori statali hanno agito impulsivamente e in modi contrari ai propri interessi a lungo termine e agli interessi dell’Unione. Queste circostanze non erano di buon auspicio per il futuro.

Dal punto di vista di Publius e dei membri della Convenzione, questi fallimenti hanno rivelato alcune delle debolezze del governo popolare e alcuni dei «mali» a cui è naturalmente suscettibile, ma hanno anche suggerito alcuni rimedi. Il problema centrale con gli Stati soggetti agli Articoli era che il loro disegno costituzionale era incapace sia di controllare le debolezze del governo popolare e incapace di sfruttare i suoi punti di forza. La forza del governo popolare sta nel fatto che poggia sulle fondamenta del consenso popolare e della partecipazione popolare. Il punto debole è che l’energia e l’entusiasmo generati da una società democratica spesso non possono essere incanalati in modi costruttivi. Canalizzare significherebbe trovare modi per disciplinare la natura umana, in modo che le fragilità umane siano tenute a bada e le virtù possano prosperare.

La Costituzione mira, quindi, a creare un governo sufficientemente forte da raggiungere i suoi fini, controllando allo stesso tempo i difetti a cui è incline il governo popolare. Non si limita a creare un più forte governo nazionale; crea un governo popolare. Il Preambolo lo annuncia molto chiaramente nella sua prima frase: «Noi, il popolo» stabiliamo questa Costituzione. Ma il governo così creato, benché popolare, non è democratico , nel senso in cui questa parola veniva intesa nel 1787. Non era un governo basato sulla regola della maggioranza. Per domare i peggiori impulsi della natura umana, un governo deve essere modellato in modo tale che un’azione decisiva richieda più di una maggioranza e, in alcuni casi, più di una singola sessione del Congresso.

Per realizzare qualsiasi cosa ai sensi di questa Costituzione, sarà necessario superare diversi ostacoli.

Innanzitutto, al governo nazionale vengono imposti molti vincoli. Nell’elenco dei poteri elencati nell’articolo I, esso non può stabilire una religione, non può limitare la libertà di stampa o la libertà di parola. Non può incarcerare arbitrariamente persone senza dare loro l’opportunità di contestare la loro detenzione in tribunale.. In generale, il Congresso non può fare nulla che non sia espressamente indicato nella lista dei suoi poteri all’Articolo I.

In secondo luogo, i poteri conferiti al Congresso non possono sempre essere esercitati solo con il voto della maggioranza, e comunque mai senza il voto favorevole di entrambe le Camere. Le questioni più importanti – quelle che riguardano un veto esecutivo, un trattato, un emendamento costituzionale o l’impeachment – ​​richiedono tutte una super-maggioranza di due terzi o tre quarti di almeno una delle due Camere. E se un disegno di legge sopravvive a questi «dossi» legislativi, deve comunque ricevere l’approvazione dell’esecutivo, il cui veto può essere annullato solo da un’altra super-maggioranza. Quasi tutto ciò che il governo nazionale potrà fare richiederà una grande quantità di riflessione, dibattito e compromesso. Se la Costituzione avesse un motto sarebbe: «Niente di importante dovrebbe essere facile».

In terzo luogo, gran parte di ciò che la gente intendeva con la parola «governare» non era affatto affare del governo nazionale, ma degli Stati. Con poche eccezioni, i membri della Convenzione erano determinati a proteggere i governi statali, riconoscendo che gli Stati già godevano della fedeltà e dell’affetto della gente, così che nessun nuovo accordo che ignorasse questa realtà avrebbe potuto avere successo. In effetti, c’era un accordo quasi universale sul fatto che la Costituzione dovesse essere ratificata da convenzioni speciali in almeno nove dei tredici Stati, il che significa che la Costituzione sarebbe stata stabilita con la misura più ampia possibile di approvazione popolare, tolta l’unanimità.

Ciò che gli Stati mantenevano ai sensi della Costituzione veniva chiamato nel linguaggio dell’epoca «potere di polizia» – un termine che include l’applicazione della legge ma anche quei poteri che riguardano «la salute, la morale e il benessere delle persone»: compresi le responsabilità statali (e locali) ancora familiari in materia di istruzione, diritto di famiglia, matrimonio e divorzio, la maggior parte delle questioni relative agli affari, la prevenzione del vizio e responsabilità di gestione interna come strade, uso e zonizzazione del territorio, raccolta dei rifiuti, eccetera.

Nel loro insieme, queste funzioni, se svolte adeguatamente, creerebbero un’atmosfera sana per la coltivazione della cittadinanza locale e delle virtù civiche. Non importa quanto bene il governo nazionale svolga la propria responsabilità di difesa nazionale o di regolamentazione del commercio interstatale, se la vita a livello locale dovesse diventare caotica o degradata, il governo repubblicano non potrebbe sopravvivere.

In risposta alla visione pessimistica della natura umana della Costituzione, i liberali moderni potrebbero affermare che ci siamo evoluti oltre i nostri antenati, molti dei quali erano elitisti, aristocratici e proprietari di schiavi. Si guardi infatti ai progressi fatti rispetto ai vecchi tempi del XVIII secolo.

Molti sono tentati da questa visione, ma è insostenibile. Fingere che la natura umana non sia ciò che Publius dice che sia significa ignorare le prove della storia, e non solo della storia antica. Chi, guardando agli orrori del XX secolo potrebbe affermare che la natura umana è un bene incontaminato? Ironicamente, alcuni dei critici più aspri degli elementi anti-maggioritari della Costituzione, in altre sedi, faranno eco alla famosa denuncia di Hillary Clinton sui «deplorevoli», descrivendo molti dei loro concittadini come razzisti, omofobi e «negazionisti del clima». Come possono fingere di non avere scrupoli riguardo al governo della maggioranza? Sono così sicuri di essere la maggioranza o che lo saranno sempre? E possono davvero sostenere che nessuna maggioranza, nemmeno temporanea, si sognerebbe mai di opprimere la minoranza se ne avesse la possibilità? Se i critici della Costituzione fossero più introspettivi, potrebbero scoprire di avere più cose in comune con Publius di quanto pensino.

La visione della natura umana dei Fondatori degli Stati Uniti spiega gli elementi antimaggioritari che hanno fatto guadagnare alla Costituzione l’etichetta di «antidemocratica». Per fare un esempio, il collegio elettorale sceglie il presidente. Questo metodo è nato come un modo per proteggere il federalismo, e lo è ancora. Ogni Stato è importante, soprattutto in un’elezione combattuta. Ciò che questo significa nei tempi moderni è che nessun candidato presidenziale può permettersi semplicemente di «giocare con la sua base»: i candidati devono prestare almeno una certa attenzione a parti del Paese che altrimenti potrebbero essere tentati di ignorare. Dover vincere un numero sufficiente di elezioni statali richiede che un candidato apprezzi la diversità regionale del Paese e metta insieme un arazzo di vittorie. Si tratta di un accordo salutare, soprattutto in un momento in cui l’opinione pubblica è così profondamente polarizzata, perché costringe i candidati a creare coalizioni.

Il Senato fa qualcosa di simile. Per passare al Senato, un disegno di legge richiede un ampio sostegno tra i senatori di molti tipi di Stati, e questa necessità fornisce un contrappeso alla Camera, che normalmente esprimerà solo il sentimento dell’attuale maggioranza. E dati gli attuali modelli demografici, è possibile riunire una maggioranza alla Camera che provenga da un numero relativamente piccolo di luoghi.

Tutti i vincoli costituzionali al governo della maggioranza sono rafforzati dalla Corte Suprema, la cui responsabilità costituzionale è dire cosa significa la legge, in particolare la legge fondamentale della Costituzione. Qualsiasi legge che contravvenga al linguaggio della Costituzione è necessariamente nulla.

Anche questa è una caratteristica del costituzionalismo americano che spesso non piace a una parte o l’altra. Il fatto che la Corte abbia sostenuto il diritto all’aborto ha frustrato i conservatori; invece non è piaciuto alla sinistra quando la Corte ha sostenuto legalmente il diritto di possedere un’arma da fuoco a Chicago. L’autorità della Corte Suprema presenta un netto contrasto con i sistemi parlamentari come quello della Gran Bretagna, dove non esiste una legge fondamentale che limiti la maggioranza legislativa.

Una domanda per coloro che invidiano la Gran Bretagna: sono sicuri di sapere cosa vuole la maggioranza? Siamo stati erroneamente educati dai sondaggi moderni a credere che questa sia una domanda semplice, ma ci sono molte prove, sia storiche che contemporanee, che suggeriscono che le maggioranze sono spesso effimere. Con un sondaggio è facile scoprire cosa crede la «maggioranza» in un dato momento. Ma una maggioranza stabile emerge solo con un processo di deliberazione: vale a dire, le persone spesso cambiano idea su ciò che pensano quando ascoltano altri punti di vista o vengono presentati fatti aggiuntivi da chi ha una prospettiva diversa (questo accade continuamente alle giurie). Nella politica democratica, la deliberazione non è un’attività solitaria e non è il lavoro di un momento. Ma col tempo, può portare a risultati permanenti e sostanziali.

Ad esempio, cosa pensavano gli americani bianchi dei neri americani nel 1955? Considerando quanto fosse segregato il Paese a quei tempi, i bianchi americani probabilmente non pensavano molto ai neri americani, e non esiste alcuna prova che i bianchi fossero profondamente turbati dalla segregazione razziale allora pervasiva in America, e non solo nel sud. Una fotografia dell’opinione della maggioranza nel 1955 non sarebbe molto rassicurante. Eppure pensate a come questo fatto è cambiato, con la lenta ma costante influenza del movimento per i diritti civili, che ha sostenuto con forza l’uguaglianza umana e le esigenze dell’idea americana. Chi era in giro a quei tempi, ricorda certe conversazioni sulla razza che non sarebbero potute avvenire senza quel movimento. Una maggioranza si è ricostituita davanti ai nostri occhi; il processo è stato lento ma duraturo.

Qualcosa di simile è successo al Congresso. Come sanno gli studiosi dell’epoca, i democratici bianchi del Sud erano determinati a proteggere gli affari come al solito, almeno nel Sud e, se possibile, nel Paese. La loro lunga anzianità aveva dato loro importanti presidenze di commissione, purché i democratici mantenessero la maggioranza, come avevano fatto in entrambe le camere per la maggior parte del tempo dopo la Depressione. Superare la loro opposizione alle leggi sui diritti civili ha richiesto la costruzione di una maggioranza bipartisan alla Camera e al Senato, e un lungo dibattito sull’importanza di trasformare in realtà la promessa della parità di diritti. Ci è voluto tempo, troppo tempo, come spesso affermavano i critici. Ma quando ciò fu fatto, il Civil Rights Act del 1964 e il Voting Rights Act del 1965 ebbero il sostegno di entrambi i partiti e furono approvati con una maggioranza schiacciante in entrambe le Camere.

Come indicano questi esempi, gran parte di ciò che accade nella politica americana è il risultato non solo della Costituzione, ma della qualità della leadership nella classe politica e della qualità della deliberazione tra i cittadini in generale. Ricordiamo Publius in  Federalist 55 citato sopra: «il governo repubblicano presuppone l’esistenza» di certe virtù «in grado più elevato» di quello richiesto per forme di governo meno popolari. Pertanto, l’errore più grande nel pensare alla Costituzione è pensarla come una macchina che può funzionare da sola, o come un manuale operativo. La Costituzione non è né una macchina né un manuale. È una struttura di governo che incoraggia un particolare tipo di politica, ma non è a prova di idiota. Come minimo, richiede che coloro che detengono le leve del potere rispettino i limiti che la Costituzione impone, e non solo retoricamente.

La Costituzione impone la stessa disciplina di Publius ai cittadini. Ricordiamo il riferimento alla «onorevole decisione». I cittadini devono fare di più che limitarsi a chiedere cose. Devono sviluppare la saggezza per scegliere saggiamente. La Corte Suprema può avere l’ultima parola su cosa significano la Costituzione e le leggi, ma ogni cittadino e ogni funzionario pubblico ha l’obbligo di pensare in modo costituzionale e di respingere idee che violano le norme costituzionali, anche quando tali idee hanno il sostegno popolare.

Chi può negare che la vita politica americana abbia bisogno di miglioramenti? Ma per parafrasare il Bard: cari lettori la colpa non è della nostra Costituzione, ma di noi stessi.

 

Da RealClearWire

Dennis Hale è professore di scienze politiche al Boston College e autore di «The Jury in America: Triumph and Decline».

Articolo in inglese: Why Is the Constitution Not Democratic?

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