La corsa e la disuguaglianza, le donne oppresse dai transgender

Quando i diritti dei transgender ledono i diritti delle donne

Alanna Smith è una star dell’atletica d’élite delle scuole superiori; ma non importa quanto sia brava e quanto duramente si alleni: se deve competere contro i maschi biologici, non ha alcuna possibilità di vincere.

La dedizione al suo sport è profonda, il solo ascoltare il suo programma di allenamento è estenuante, eppure ora non conta più nulla di fronte alle disparità biologiche e alle nuove leggi.

Figlia del lanciatore di baseball Lee Smith, la giovane atleta ha spiegato: «C’è semplicemente un vantaggio biologico che i maschi hanno sulle femmine».
«Le faccio un esempio. Ho un fratello gemello che è un atleta ma non corre in maniera agonistica. Di recente ci siamo sfidati nella corsa l’uno contro e lui mi ha battuto. Non perché si sia allenato più duramente, ma perché in alcuni sport ci sono vantaggi biologici e fisici che i ragazzi hanno rispetto alle ragazze».

La giovane signorina Smith ha stabilito i record di liceo e contea come corridore donna di pista a breve distanza ma nel momento in cui ha messo piede sul campo come matricola della Danbury High School nel Connecticut, tutto è cambiato. Quando si presenta per competere contro i corridori maschi che si identificano come femmine, sa che tutto gioca contro di lei e questo non ha nulla a che fare con il non essere preparati o allenati: «È frustrante! Spendo tutto quel tempo ad allenarmi per competere contro altre ragazze e mi ritrovo a perdere contro maschi biologici».

Dal 2017, due maschi che si identificano come di sesso femminile hanno vinto 15 titoli del campionato statale femminile nel Connecticut. E la frustrazione della Smith l’ha portata lo scorso febbraio a unirsi ad altri due corridori donne d’élite del Connecticut, Selina Soule e Chelsea Mitchell. Insieme hanno presentato una denuncia federale di discriminazione contro la politica del Connecticut che consente la competizione dei transgender contro le ragazze. Secondo le giovani donne, la politica le emargina ingiustamente e viola il Titolo IX e la legge federale (sui diritti civili negli USA) progettata per garantire pari opportunità alle donne nell’istruzione e nell’atletica scolastica.

La Mitchell è stata classificata come la ragazza più veloce nella corsa dei 55 metri in pista delle scuole superiori del Connecticut nel 2019: «Poi sono andata a una competizione liceale, gareggiando con due maschi biologici che si identificano come ragazze. Ci ho messo davvero tutta me stessa, ma alla fine sono arrivata terza, dietro a entrambi».

Soule ha invece perso per un punto l’opportunità di qualificarsi per il campionato statale del New England nel 2019: «Entrambi i posti sopra di me sono stati presi da maschi biologici».

«Non si tratta di non essere di supporto alla comunità transgender. Niente affatto. Si tratta di equità verso le ragazze e le donne. Si possono effettivamente sostenere entrambi i punti di vista».

Tutte e tre le atlete hanno sottolineato che il loro obiettivo è l’equità negli sport femminili. Soule ha precisato: «Il titolo IX è stato creato per un motivo, ed era quello di dare opportunità alle atlete d’élite di essere competitive e di successo; l’obiettivo stesso era quello di avere equità negli sport femminili».

Il titolo IX è stato approvato nel 1972. Nei suoi primi 10 anni, il numero di atlete è salito a oltre 74.000. Entro il 2020, quel numero era cresciuto a oltre 220.000, secondo i dati compilati dalla NCAA.

L’addetta stampa della Casa Bianca Jen Psaki è stata una di quelle atlete d’élite delle scuole superiori del Connecticut a metà degli anni ’90 che ha potuto brillare grazie al Titolo IX come nuotatrice per la Greenwich High School. Si è guadagnata gli onori di tutto lo stato nel dorso. Psaki ha continuato a nuotare per due anni alla William and Mary, una scuola NCAA Division I che attualmente assegna circa 200 borse di studio atletiche all’anno, compreso il nuoto femminile.

Uno studio del 2020 dell‘International Journal of Environmental Research and Public Health ha mostrato che tra i nuotatori agonisti di sesso femminile e maschile, i maschi sono sempre più veloci delle femmine a partire dall’età di 10 anni. In altre parole, se Psaki – che era anche il capitano della squadra di nuoto del liceo – avesse dovuto competere contro nuotatori maschi che si identificavano come donne, i suoi risultati sarebbero potuti scendere, nonostante la sua devozione alla competizione nel suo sport.

L’addetta stampa della Casa Bianca ha commentato su domanda di Epoch Times: «La convinzione del presidente è che i diritti dei trans sono diritti umani, ed è per questo che ha firmato quell’ordine esecutivo. Per quanto riguarda le decisioni delle università e dei college, mi rimetto certamente a loro».

In breve, non ha risposto alla domanda, nonostante il presidente abbia reso prioritario, con un ordine esecutivo, il mettere in competizione diretta le atlete e gli atleti maschi che si identificano come femmine. Dal Titolo IX, alle atlete è stata data l’opportunità di competere nello sport, garantendo loro i benefici che lo sport dà allo sviluppo della giovane mente e del corpo, come la capacità di organizzazione e la dedizione, o l’imparare a gestire sia i bassi (come sedersi in panchina o perdere) sia gli alti (come vincere o eccellere).
Dà loro inoltre l’opportunità di ottenere borse di studio, proprio come per i ragazzi.

Soule ha detto che competere nello sport è importante per le giovani donne, quanto lo è per i giovani uomini, e insegna importanti lezioni per tutta la vita. Ma ha anche aggiunto: «Una cosa è presentarsi ad un incontro aspettandosi di competere contro un’altra ragazza che sai essere una degna rivale. Un’altra è presentarsi e sapere che perderai prima ancora di iniziare a causa dei vantaggi biologici su cui non puoi fare nulla».

Christiana Holcomb, che rappresenta le tre ragazze per la Alliance Defending Freedom, una fondazione legale, ha sostenuto: «È a causa dei vantaggi di quelle differenze biologiche che queste ragazze stanno perdendo la loro capacità di competere equamente. È di questo che si tratta».

 

Salena Zito ha avuto una lunga carriera di successo come giornalista politica nazionale. Dal 1992, ha intervistato tutti i presidenti e i vicepresidenti degli Stati Uniti, così come i più importanti leader di Washington, D.C., compresi i segretari di stato, gli speaker della Camera e i generali del Comando Centrale degli Stati Uniti. La sua passione, però, è intervistare migliaia di persone in tutto il paese. Raggiunge ogni uomo e ogni donna attraverso l’arte perduta del giornalismo classico tradizionale, avendo viaggiato lungo le strade secondarie di 49 stati.

Le opinioni espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non riflettono necessariamente le opinioni di Epoch Times.

These Girls Are Hurt by Transgender Competition

 

 
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