La Cina ha perso la sua anima?

Il 3 gennaio, alcuni giorni dopo le celebrazioni del Capodanno, l’Agenzia cinese per lo spazio ha fatto atterrare una sonda sul lato oscuro della Luna: la faccia nascosta che gli abitanti della Terra non possono mai vedere.

È probabile tuttavia che solo in pochi, in Occidente, abbiano fatto attenzione al nome di questa missione spaziale, Chang’e-4, e a quello del rover atterrato sul suolo lunare, Yutu-2. Entrambi sono tuttavia nomi familiari e leggendari in Cina.

Mentre le agenzie spaziali occidentali sembra che preferiscano trarre qualche ispirazione eterea dall’antica mitologia greca, scegliendo nomi come Nike, Oracle, Amazon, Pandora e Alphabet, il regime comunista cinese, nonostante le sue fondamenta atee, si rivolge alle radici spirituali della Cina e alla sua mitologia per i nomi dei propri vascelli.

I nomi del glorioso passato della Cina non sono futili o frutto della nostalgia: il Partito usa gli antichi nomi per suggerire in modo sottile che la Cina ha iniziato le sue esplorazioni spaziali molto prima dei rivali occidentali. Infatti, nella mitologia cinese, Chang’e, la dea della Luna, è la moglie di Huoyi, un leggendario arciere che abbatté nove dei dieci soli ardenti nel cielo per risparmiare agli esseri umani sulla Terra di morire a causa del loro calore. Yutu (il coniglio di giada) è un animale immortale che fa compagnia alla bella Chang’e.

Fino ad ora, a tutti i progetti di esplorazione spaziale dell’agenzia spaziale cinese sono stati dati nomi ultraterreni, come Tianzhou (Nave celeste 1-11), Shenzhou (Nave divina) e Tiangong 1 & 2 (Laboratorio spaziale del palazzo celeste 1 & 2), solo per citarne alcuni.

Sfortunatamente però, questo è il massimo a cui il Partito Comunista Cinese (Pcc) può arrivare, quando si tratta di fare riferimento al passato teista della Cina.

Il primo ministro indiano Atal Bihari Vajpayee (S) pone una domanda sulla scultura di pietra di un cavallo vicino all’ingresso del ‘Baima’ o Tempio del Cavallo Bianco a Luoyang, provincia dell’Henan, Cina, il 25 giugno 2003. La visita di Vajpayee a Luoyang è significativa, essendo il luogo dove due monaci indiani per primi introdussero il buddismo in Cina (NG HAN GUAN/AFP/Getty Images)

Il ‘Regno di Mezzo’ ispirato al divino

I 5 mila anni della civiltà cinese hanno molto in comune con la civiltà greca. Sia la mitologia cinese che quella greca affermano che l’universo fu creato a partire da un grande caos, e descrivono l’inizio della civiltà con miti senza tempo popolati da immortali, semidei e umani con poteri soprannaturali, che in seguito sono diventati gli esseri mortali di oggi.

L’Imperatore Giallo (2698-2598 aC), un leggendario personaggio considerato il primo governante cinese di tutti i tempi, utilizzò i suoi poteri soprannaturali per sconfiggere i nemici. Ispirato dal Cielo, l’imperatore Giallo creò il primo calendario e il libro Il canone interno dell’Imperatore Giallo, che rivelò le basi teoriche della medicina cinese.
Il regno dell’Imperatore Giallo è conosciuto per il ‘governo con la virtù’: secondo il testo di Zhuangzi (un antico testo cinese risalente al periodo degli Stati Combattenti (446-221 aC)), l’imperatore Giallo divenne in seguito una divinità taoista.

Il taoismo è virtualmente antico quanto la civiltà cinese, ma soltanto con Lao Zi (601 aC – ?), che scrisse il Tao Te Ching, il taoismo è diventato un sistema consolidato e ‘codificato’ nella società.
Lao Zi (‘Vecchio Maestro’ in cinese) è ampiamente considerato il fondatore del taoismo e una delle ‘Tre divinità pure’ della Scuola Taoista. Gli insegnamenti di Lao Zi includono le idee di yin e yang, del vivere in armonia con la Via (natura), del nulla, della coltivazione della mente e del corpo seguendo la Verità e, infine, del ritorno al proprio vero sé originale.
Tale cosmogonia cinese senza tempo, nel corso dei secoli ha contribuito a dare forma e a influenzare la cultura e il modo di vivere cinesi. Durante la dinastia Ming (1368-1644), il taoismo divenne ufficialmente l’ortodossia imperiale.

Nonostante la sua enorme influenza, il buddismo giunse in Cina al tempo della dinastia Han orientale come una religione straniera. Secondo la leggenda, un giorno del 67 dC, l’imperatore Ming sognò una persona dorata che volava nel suo palazzo, così chiese spiegazioni ai suoi ministri.
Un ministro di nome Fu Yi rispose: «Sua Maestà, è possibile che abbiate sognato del grande saggio occidentale chiamato Buddha». Così Ming inviò Cai Yin, un ufficiale militare, come suo inviato in Occidente in cerca del buddismo.

Lungo il loro cammino Cai Yin e il suo seguito incontrarono due buddisti, Dharmaratna e Kāśyapa Mātaṇga, e li portarono indietro a Luo Yang, la capitale della dinastia Han orientale, sul dorso di un cavallo bianco.
Ming era estasiato e costruì il famoso Tempio del Cavallo Bianco per i due visitatori, che là tradussero in cinese le 42 Scritture, che diventarono le prime scritture buddiste accessibili ai cinesi.

Nel corso dei secoli, il buddismo è stato tenuto in grande stima in Cina ed è stato riverito come religione ufficiale dagli imperatori di molte dinastie.
Le idee della retribuzione karmica, della reincarnazione, della compassione, della salvezza di tutti gli esseri senzienti predestinati non solo furono applicati a molti aspetti della società, ma si riflessero profondamente nell’arte, nella musica e nella letteratura.

Il famoso romanzo cinese Viaggio in Occidente (1592) narra di un leggendario pellegrinaggio del monaco Xuanzang verso l’Asia centrale alla ricerca dei sutra buddisti.

Il solo Dizionario di termini buddisti cinesi raccoglie circa 30 mila voci buddiste create dai monaci buddisti negli 800 anni tra le dinastie Han e Tang: questi termini includono parole che sono ancora oggi d’uso comune come ‘ora’, ‘passato’, ‘mondo’, ‘futuro’ e altri.

Confucio (551 – 473 aC), circa 500 aC. (Hulton Archive/Getty Images)

Confucio come maestro spirituale

Confucio (551–479 aC) è forse tra saggi più incompresi oggi, in Cina e all’estero. Ampiamente considerato uno dei più grandi filosofi cinesi, è stato largamente ignorato nella sua veste di insegnante che guidava i suoi discepoli a obbedire alla volontà o al mandato del Cielo.

Dopo che il Pcc ha usurpato il potere nel 1949, Confucio è stato condannato, in particolare durante la Rivoluzione culturale (1966-76). Nonostante il confucianesimo stia facendo il suo ritorno nella società odierna, Confucio è considerato dai più un umanista e un filosofo, e non un maestro spirituale quale in realtà era.

Fasheng Zhao, un ricercatore dell’Accademia Cinese delle Scienze Sociali, ha fatto notare questa evidente omissione nel suo articolo Sul credo di Confucio. Zhao ha sottolineato che per la maggior parte del ventesimo secolo, le fedi religiose sono state considerate ‘retrograde’ e ‘ignoranti’ nella Cina atea.

I rivoluzionari radicali considerano Confucio come qualcuno che desiderava far girare la ruota della storia indietro verso il sistema schiavista, mentre gli studiosi conservatori, adducendo il desiderio di proteggere il confucianesimo, hanno ardentemente cercato di mettere in luce il lato umanista di Confucio, così da provare che Confucio fosse progressista e quindi rilevante per la Cina di oggi.

Zhao sostiene: «L’aspetto religioso ha un ruolo importante nel confucianesimo, senza il quale non potremmo comprendere il vero spirito del confucianesimo, né potremmo chiarire le fonti e le caratteristiche dell’umanesimo di Confucio. In quel caso avremmo solo un’immagine viziata e incompleta di Confucio».
«Il confucianesimo è conosciuto come un corso di studi per gli esseri Celesti», afferma Zhao, che osserva come solo negli Analettici, Confucio citi il Cielo o la Volontà del Cielo 19 volte. Zhao ritiene che il Cielo di cui Confucio parlava si riferisse al reggente divino soprannaturale e non ad un concetto astratto.

Confucio è anche conosciuto come sostenitore del giusto mezzo nella vita, che pone sullo stesso piano l’eccesso e la carenza: un’idea che richiama quelle sostenute in particolare da filosofi greci come Socrate, Platone e Aristotele.

La cultura della Cina è di ispirazione divina

Confucio una volta disse: «Studia il passato, se vuoi prevedere il futuro». La cultura cinese di oggi, sotto il dominio comunista, tuttavia, sta perdendo la sua anima divina e le tradizioni spirituali.

I funzionari e gli ufficiali governativi, i membri delle forze armate e persino le associazioni taoiste e buddiste, legate allo Stato, devono giurare fedeltà all’ateo Partito Comunista Cinese (Pcc).

Come ampiamente riportato dalla stampa internazionale e dai gruppi che si occupano di diritti umani, i cristiani clandestini, i buddisti tibetani e i praticanti del Falun Gong sperimentano molte forme di maltrattamento, e alcuni di loro diventano persino vittime del prelievo forzato di organi promosso dallo Stato.

Considerando che l’ideologia comunista è stata importata dall’Occidente, il Pcc considera una rinascita delle pratiche religiose tradizionali, così come anche della vera eredità culturale della Cina, come una minaccia al suo fondamento ideologico e alla sua legittimità.

Oggi, non solo le pratiche religiose sono strettamente regolamentate dal Pcc, ma persino le forme d’arte e le produzioni teatrali che coinvolgono la storia cinese sono pesantemente censurate.
Il 25 gennaio, il Beijing Daily ha cambiato idea rispetto ai suoi commenti in passato positivi nei confronti di cinque popolari serie Tv: Imperatrici nel palazzo, La leggenda di Mi Yue, Cuore scarlatto, Storia del palazzo Yanxi e L’amore reale di Ruyi nel palazzo. Attualmente queste serie vengono condannate perché si concentrano sulle lotte interne ai palazzi imperiali, cosa che potrebbe suggerire che situazioni simili siano in corso tra gli alti quadri del Pcc.
Tutte e cinque le serie Tv sono state sospese, anche se quattro di loro erano basate sulla storia della dinastia Qing di più di 100 anni fa e una era ambientata nel periodo degli Stati combattenti (475-221 aC).

Quando l’acclamata compagnia Shen Yun Performing Arts, con base a New York, porta in scena un programma che presenta danza, musica e costumi tradizionali cinesi, Pechino di nuovi si sente minacciata.

I diplomatici del Pcc all’estero hanno ora ricevuto un inusuale incarico diplomatico: obbligare i teatri a rifiutare o cancellare gli spettacoli di Shen Yun. Anche se la maggior parte dei teatri accolgono Shen Yun, alcuni si sono arresi alle corrotte richieste di Pechino. Il Teatro Real de Madrid, ad esempio, ha ceduto e ha cancellato gli spettacoli previsti tra il 31 gennaio e il 2 febbraio, anche se centinaia di biglietti erano già stati venduti.

Come osservò Socrate: «Le anime di tutti gli uomini sono immortali, ma le anime degli uomini retti sono immortali e divine». In questa era digitale, le persone in ogni parte del mondo sono ancora capaci di trovare ispirazione da qualche forma di spiritualità e dalla loro divina eredità culturale.

In una Cina sempre più materialistica, il vuoto spirituale sta rapidamente erodendo le fondamenta della società cinese e la sua cultura senza tempo ispirata dal divino. È tuttavia incoraggiante notare che ci sono ancora decine di milioni di cinesi che cercano le tradizioni spirituali della Cina o che aderiscono a pratiche religiose o spirituali clandestine.

Il peccato più nocivo commesso dal Pcc è probabilmente lo sforzo che ha messo in campo per decenni al fine di disconnettere 1,3 miliardi di persone dalle loro tradizioni spirituali e dalla loro eredità culturale. Il degrado dei rapporti di fiducia tra le persone e tra le persone e lo Stato, spesso menzionato da osservatori esterni, è la diretta conseguenza delle politiche atee e anti-tradizione del Partito.

Una bambina di due anni, Wang Yue (conosciuta come Yue Yue) a Foshan, Guangdong, è stata investita da due veicoli il 13 ottobre 2011 e per sette minuti i passanti non hanno fatto nulla per aiutare la piccola vittima sanguinante, che è poi morta. I Buoni samaritani non compaiono spesso in Cina, a causa dell’apatia, o per la paura di essere incolpati. Questo caso, sfortunatamente, non è raro nella Cina comunista di oggi. In una società normale, un’indifferenza così spietata potrebbe difficilmente capitare.

Quando si perde la bussola morale, una nazione senza la sua anima spirituale e priva del suo passato divino è destinata ad andare contro l’umanità. Anche il personaggio dei cartoni Bart Simpson, in un episodio, appare perplesso: «Che cosa ti è accaduto, Cina? Eri così forte».

L’autore Peter Zhang si dedica a ricerche sulla politica economica in Cina e nell’Asia orientale. Si è laureato all’Università internazionale degli studi di Pechino, alla Fletcher School of Law and Diplomacy e alla Harvard Kennedy School.

Le opinioni espresse in questo articolo sono opinioni dell’autore e non riflettono necessariamente il punto di vista di Epoch Times.

Articolo inglese: Has China Lost Her Soul?

 
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