Frexit, lo spauracchio Marine incombe sull’Europa

Ulteriormente rafforzata da una Brexit priva di cataclismi e dal terrore islamista sempre pressante, Marine Le Pen è data al secondo posto dei sondaggi, con certezza di finire al ballottaggio nelle elezioni francesi dei prossimi mesi. La Madame de fer francese invoca l’uscita della Francia non solo dall’euro, ma anche dalla Nato.

In Italia spesso definita ‘leader di estrema destra’, la Le Pen ama definire la sua posizione politica ‘né di destra né di sinistra’, in linea con altre forze politiche europee, che (come il M5S, la Lega, Farage e così via) preferiscono inserirsi nel conflitto tra sovranità nazionale e cessione di sovranità agli organismi sovranazionali, a favore della prima. Questo per quanto riguarda il loro orientamento principale, anche se ognuno di questi partiti tende comunque a gravitare in parte verso uno dei due poli politici tradizionali.

I valori principali della Le Pen sono l’antieuropeismo e una visione diversa della globalizzazione, lontana dal sogno degli Stati Uniti d’Europa. A configurarla come esponente della destra, la sua posizione ferma nei confronti del mondo musulmano, osteggiato non solo per via degli attacchi terroristici di matrice islamica, ma anche per la sua supposta incompatibilità con la cultura occidentale. Il suo partito si batte sia per la laicità, che per la difesa dei valori cristiani, ma allo stesso tempo prevede vari interventi di economia sociale e welfare (la parte più di sinistra della sua ideologia politica). 

In Italia il più stretto ammiratore della Le Pen è Salvini, che come lei chiede l’uscita dall’euro (anche se la Le Pen prevede prima un referendum, come il Movimento 5 Stelle) e che sembra anche propenso all’uscita dalla Nato. Un tratto comune a quasi tutti i nuovi partiti che invocano la sovranità nazionale, in opposizione alla sovranità degli enti sovranazionali, è l’ammirazione nei confronti di Putin, nuovo e più indiscusso emblema di uomo virile che si oppone alla sottomissione nei confronti di grigie burocrazie sovranazionali, tanto da essere costantemente ritratto in molte bufale, come donatore di miliardi per i terremotati o soccorritore dei due marò in India. Solo Putin – così sembrano pensare in molti in Italia – è in grado di risolvere le cose, e di agire libero dalle strette catene di una burocrazia stagnante. E così di Putin amano parlar bene un po’ tutti i sovranisti, da Trump alla Le Pen, a Salvini al Movimento 5 Stelle. 

Secondo le inchieste di Le Monde e Mediapart, il partito della Le Pen avrebbe anche ricevuto fondi dalla Russia, in cambio di appoggio, nelle dichiarazioni, all’annessione della Crimea. Appoggio che non è mancato.
Anche sui rapporti tra Russia e Trump si è molto parlato, con l’accusa ai russi di aver influenzato le elezioni americane, hackerando i server da cui sono state fatte trapelare le email confidenziali della Clinton.

E verso la Russia è naturale che, in ogni caso, l’Europa si avvicini nel prossimo futuro, visto che in passato a tenerla lontana dall’ex terra degli zar è stata l’America di Obama. Cambiato il clima politico, l’Europa potrebbe facilmente voler tornare sui suoi passi, considerando quanto economicamente vantaggioso sarebbe abolire le sanzioni contro la Russia, pur non essendo facilmente prevedibile quali contraccolpi geopolitici potrebbe causare la cessazione dell’offensiva di gruppo contro Putin nel lungo periodo.

I sondaggi dicono che la Le Pen perderà al ballottaggio, ma finora i sondaggi sono stati – più spesso che non – incapaci di prevedere i risultati riguardanti i partiti anti-sistema, come si ricorda in occasione del debutto del Movimento 5 Stelle in Parlamento, ma anche della vittoria di Trump negli Usa.

In ogni caso per molti versi il vento internazionale sta cambiando, e anche in Italia, di recente, si inizia a parlare, meno polemicamente e più pragmaticamente, di uscita dall’euro, con anche alcune dichiarazioni di apertura a tale ipotesi provenienti dalla Germania e dalla Bce. In risposta al cambiamento del vento, la Merkel comincia a parlare di una «Europa a due velocità», che quindi non imponga lo stesso tipo di vincoli a tutti i Paesi, ma che riconosca il fatto che alcuni hanno più difficoltà di altri.
Persino la Germania, quindi, ha dovuto ‘piegarsi per non spezzarsi’, reagendo al cambiamento.
Ai posteri l’ardua sentenza.

 
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