Il Giappone si prepara a contrastare la Cina

Di Milton Ezrati

Sebbene il Giappone affermi di continuare ad aderire alla costituzione pacifista adottata alla fine della Seconda Guerra Mondiale nel 1945, a quanto pare ha deciso di reinterpretarla radicalmente. Il Giappone ha infatti deciso di aumentare la spesa per la Difesa per il periodo 2023-2027 e, nell’ultimo anno, ha aumentato le spese militari di circa il 16%, per l’equivalente di circa 51 miliardi di euro.

Questa cifra è ben al di sotto del bilancio militare della Cina, che sfiora l’equivalente di 270 miliardi di euro, molto meno di quello degli Stati Uniti che supera gli 775 miliardi di euro. Il dato del Giappone è comunque consistente e, se le indicazioni del governo di Tokyo sono corrette, è solo il primo di tanti aumenti comparabili per i prossimi anni. Di certo è sufficiente per catturare l’attenzione di Pechino, anche perché è chiaramente mirato alle ambizioni cinesi. Nelle parole del primo ministro giapponese Fumio Kishida, «speriamo di contribuire a difendere un ordine internazionale libero e aperto basato sullo Stato di diritto e al raggiungimento della pace e della stabilità nella regione dell’Indo-Pacifico».

Nel calcolo di Pechino devono risaltare quattro cambiamenti generali avvenuti in Giappone. Il primo è un chiaro impegno da parte delle forze armate giapponesi a collaborare con gli alleati e ad assumere ruoli più offensivi. Un’altra è la decisione di Tokyo di schierare missili da crociera a lungo raggio in grado di colpire obiettivi nella Corea del Nord.

Una risposta del genere è prevedibile data la natura provocatoria dello spiegamento e dei test missilistici della Corea del Nord, ma non può sfuggire all’attenzione di Pechino il fatto che quelle armi possono colpire anche obiettivi in ​​Cina. Il terzo cambiamento significativo è la decisione di Tokyo di concedere all’industria giapponese una maggiore capacità di esportare armi letali, compresi gli aerei da combattimento F-15 e i motori per aerei da combattimento fabbricati in Giappone su licenza americana, nonché i missili guidati terra-aria Patriot, prodotti in Giappone su licenza statunitense. Si parla addirittura dell’invio di tali missili da parte del Giappone all’Ucraina. Il quarto è il recente accordo del Giappone con il Regno Unito e l’Italia per sviluppare il caccia a reazione di prossima generazione. Nelle parole dell’ambasciatore americano in Giappone Rahm Emanuel, «la portata e la velocità delle riforme di sicurezza del Giappone non hanno precedenti».

Anche se Pechino non può essere contenta di tutto ciò, la preoccupazione più diretta per gli abitanti di Zhongnanhai è senza dubbio una voce particolare nel bilancio della difesa del Giappone per il 2024: uno stanziamento equivalente a 5,2 miliardi di dollari per i missili di difesa aerea per proteggere le isole sudoccidentali del Giappone nel caso in cui – il documento di bilancio lo mette in chiaro – ci sia un conflitto tra Cina e Taiwan.

Poiché Taiwan una volta era una colonia giapponese, questo particolare interesse deve risuonare, soprattutto a Pechino, e suonare il più vicino possibile a una minaccia diretta, per quanto sia possibile rimanendo diplomatici.

Pechino può lamentarsi e lo ha già fatto, ma per il resto c’è poco che possa fare a livello diplomatico in risposta alle azioni di Tokyo. L’unica risposta concreta a disposizione di Pechino è quella di rafforzare le proprie capacità militari. Ancor più di quanto avesse già pianificato, Pechino aumenterà senza dubbio le sue capacità militari. Ma questa risposta arriva in un momento particolarmente difficile per la Cina.

L’economia cinese, infatti, non sta andando bene e il Paese non può permettersi di investire più risorse nell’esercito e nella marina. Il collasso del settore dello sviluppo immobiliare, ancora importante, richiede costosi sforzi da parte del governo per evitare il disastro finanziario e, quindi, economico. Lo stesso vale per l’enorme e talvolta paralizzante eccesso di debito dei governi locali. Con le esportazioni in declino e l’economia in rallentamento rispetto al ritmo di crescita un tempo vertiginoso, Pechino ha bisogno di tutte le risorse finanziarie ed economiche a sua disposizione per riavviare la crescita a un ritmo accettabile e riorientare la sua economia lontano dall’enorme dipendenza dalle esportazioni su cui un tempo si basava la sua crescita e ora rende la Cina troppo vulnerabile agli sviluppi in Europa e Nord America.

Tuttavia, maggiori richieste di difesa non faranno altro che rendere più difficile questo lavoro essenziale.

 

L’autore dell’articolo, Milton Ezrati, è un redattore collaboratore di The National Interest, un’affiliata del Center for the Study of Human Capital della University at Buffalo (Suny), nonché capo economista di Vested, una società di comunicazioni con sede a New York. Prima di entrare in Vested; ha lavorato come capo stratega di mercato ed economista per Lord, Abbett & Co. Scrive anche spesso per City Journal e scrive regolarmente blog per Forbes. Il suo ultimo libro è «Trenta domani: i prossimi tre decenni di globalizzazione, demografia e come vivremo».

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times

Articolo in inglese: Japan Prepares to Counter China

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