Regeni ucciso dai servizi? Ilaria Cucchi: anche noi torturiamo

Regeni tenuto d’occhio dai servizi egiziani. Così dice il giornale Al Akhbar, che dà come motivazione le attività pro-opposizione e pro-sindacati egiziani condotte dal ricercatore friulano. La notizia, parte di un ampio dossier, dovrebbe provenire dalla forze di sicurezza del Paese, e dovrebbe venire passata agli inquirenti italiani nei prossimi giorni.

Certo, se confermata, sarebbe una stranezza: innanzitutto sembrerebbe deporre a favore delle teorie che vedono coinvolte le autorità egiziane, nella morte del giovane; e anche se così non fosse, sarebbe comunque strano che Regeni possa essere stato ucciso da comuni criminali, nonostante l’attenzione di cui era oggetto da parte dei servizi segreti fosse così alta; per non parlare della data sensibile in cui il suo rapimento è avvenuto: l’anniversario della rivoluzione antigovernativa che fece cadere Mubarak nel 2011.

Quindi perché il governo egiziano, che finora ha collaborato solo in parte, dovrebbe rivelare un’informazione compromettente? Secondo un articolo della redazione dell’Avanti, è possibile che il governo si prepari a dare la colpa ad alcuni agenti dei propri servizi, o a una parte deviata di essi. Questo in effetti fornirebbe un collegamento tra molti tasselli della vicenda. I servizi segreti egiziani, infatti, sono divisi in varie fazioni, o gruppi, non necessariamente sotto il controllo dello Stato. È plausibile che membri del Mukhabarat, il servizio segreto egiziano, possano essere manipolati da attori ostili al presidente Al Sisi.

Nel corso di questa vicenda, sono state più volte proposte delle tesi che teorizzano un complotto contro il governo egiziano. In alcune il complotto sarebbe voluto dall’opposizione, in altre da servizi segreti di altri Paesi. In ogni caso, quello che sembra aver attirato attenzioni sgradite sul ragazzo, è la sua abitudine a parlare con i venditori ambulanti: persone dotate di molte informazioni sugli animi del Paese, ma che proprio per questo sono spesso informatori delle autorità.

Sul caso Regeni ha espresso la sua opinione anche Ilaria Cucchi, sorella di Stefano Cucchi. «La sensazione che ho avuto quando ho saputo della morte di mio fratello Stefano, ho capito che se avessi voluto delle risposte queste non darebbero arrivate da sole. Le persone a volte hanno bisogno di vedere, non è sufficiente raccontare. Ecco perché abbiamo deciso di pubblicare le foto di mio fratello», ha detto ai giornalisti.  «Io spero che la famiglia Regeni non sia mai costretta a prendere quella decisione, però so per esperienza che le nostre famiglie vengono di fatto abbandonate e nel pubblicare quelle foto non ci vedo nulla di sbagliato perché in quelle immagini è racchiusa la verità».

E Ilaria Cucchi si chiede infine: «Con quale autorevolezza l’Italia può chiedere delle risposte ad altri Stati, se siamo noi i primi a non voler introdurre un vero reato sulla tortura? Questa è la mia amarezza».

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