I medici costretti a violare il giuramento di Ippocrate?

Per 2.500 anni, i medici hanno prestato il giuramento di Ippocrate, promettendo di astenersi dal «recar danno» in generale e impegnandosi nello specifico – almeno nella sua versione originale – a non praticare l’aborto o il suicidio assistito. Ma i tempi cambiano, come dice un vecchio proverbio, e la legge è cambiata con i tempi.

Oggi l’aborto è legale in gran parte dell’Occidente. Il suicidio assistito, invece, è diventato di tendenza, ed è ora legale in diversi Paesi e per statuto in otto Stati degli Stati Uniti e nel Distretto di Columbia.

Nel frattempo, i medici rimuovono organi sani negli interventi chirurgici di «riassegnazione di genere» o inibiscono la normale pubertà nei bambini come trattamento per la disforia di genere.

Dati questi cambiamenti culturali e legali, non sorprende che la maggior parte dei medici non mantenga più il giuramento di Ippocrate.

Tuttavia, anche se i cambiamenti nella morale sociale e nella legge consentono ai pazienti di sottoporsi a queste procedure controverse, i medici non possono essere costretti a fornirle quando esse violano le proprie convinzioni religiose o morali. In effetti, fino a tempi molto recenti, i medici avevano inequivocabilmente il diritto di rifiutare di fornire trattamenti che violassero le loro convinzioni religiose o morali.

Minaccia crescente

Ma queste importanti leggi sulla «coscienza medica» sono minacciate sempre di più.

Il gentile ed educato Canada, proprio lui fra tutti i Paesi, è in testa tra le file degli anti-Ippocratici. Di recente, infatti, Delta Hospice, un ospizio da 10 posti letto nella British Columbia, ha creato clamore quando il suo consiglio di amministrazione ha rifiutato di consentire l’eutanasia per iniezione letale: questo anche se, come originariamente concepita, l’assistenza in hospice richiedeva la prevenzione del suicidio piuttosto che la sua facilitazione.

Il ministro della Salute è stato così irremovibile nell’opinione che Delta dovesse permettere l’eutanasia, che ha tolto tutti i fondi provinciali alla struttura, nonostante proprio accanto vi fosse un ospedale dove è possibile ricevere  l’iniezione letale.

In seguito, un tribunale ha proibito all’ospizio di tenere una riunione dei membri per cambiare il proprio statuto e passare allo status di istituto cristiano secolare, al fine di aggirare l’obbligo di eutanasia (nella Columbia Britannica, gli ospizi religiosi possono rifiutare l’eutanasia, mentre le strutture come Delta no).

Invece di consentire a un minuscolo ospizio di rinunciare all’omicidio, per quanto legalizzato e consenziente, il governo della Columbia Britannica preferisce che i pazienti che cercano cure ospedaliere ordinarie non abbiano accesso alle strutture di Delta per via delle scarse risorse. Non c’è da stupirsi, dunque, che la chiamino la cultura della morte.

Le cose sono ancora peggiori in Ontario, poi, dove un tribunale ha stabilito che ogni medico deve eseguire (o rivolgersi a un medico disposto a fornire) ogni procedura medica legale pagata dal piano sanitario del Paese, anche se viola le credenze religiose del medico stesso. E che dire del diritto esplicito della Carta canadese alla «libertà di coscienza e religione?» Ebbene, il tribunale ha stabilito che è superato dal diritto dei pazienti di accedere a tutte le cure sanitarie legali, una protezione che però non è scritta nella Carta.

Negli Stati Uniti e in Italia i medici generalmente sono protetti legalmente dall’essere costretti a partecipare all’aborto, e gli Stati in cui il suicidio assistito è legale generalmente consentono ai medici di astenervisi. Ma per quanto tempo? Queste protezioni sono sotto l’attacco vigoroso dei media, dell’establishment medico, dei bioeticisti e dei politici liberali.

Ad esempio, quando il Dipartimento della Salute e dei servizi umani degli Stati Uniti ha annunciato che intendeva aumentare l’applicazione legale delle protezioni legali esistenti della coscienza medica tramite l’Ufficio dei diritti civili, le urla sono state da spavento.

In un editoriale dal titolo ironico, «La Casa Bianca mette la Bibbia prima del giuramento di Ippocrate», il New York Times strillava, senza prove: «Le decisioni [di rifiutare l’intervento richiesto, ndr] possono rendere le cose più difficili per gli adolescenti che vogliono sottoporsi al test delle malattie sessualmente trasmissibili, per gli uomini gay che cercano di prevenire l’Hiv, e anche per le donne che cercano esami del seno o pap test».

Com’era prevedibile, i procuratori generali di sinistra, sia a livello statale che della città di San Francisco, hanno minacciato e intentato molte cause legali. Altrettanto prevedibilmente, la regola proposta è stata ritirata in attesa di ulteriori azioni da parte del Dipartimento della Salute e dei servizi umani.

Movimento di bioetica

Il movimento di bioetica è netto, sul suo disprezzo per i diritti della coscienza medica. Lo si deduce guardando gli articoli pubblicati sulle riviste professionali più prestigiose del mondo, che sostengono che i medici dovrebbero essere costretti a fornire cure controverse con le quali sono in disaccordo morale. In particolare, Ezekiel Emanuel, uno dei principali consiglieri sanitari del candidato presidenziale democratico Joe Biden, è stato coautore di un editoriale sul New England Journal of Medicine, in cui sostiene che i medici non abbiano il diritto di rifiutarsi di partecipare a qualsiasi procedura medica che l’establishment medico ritenga non controversa.

Tra cui l’aborto: «L’aborto è contestato politicamente e culturalmente, non è controverso dal punto di vista medico. È una pratica ostetrica standard».

Quanto ai medici che non vogliono eseguire procedure con le quali sono in disaccordo per coscienza, Emanuel risponde: «Gli operatori sanitari che non sono disposti ad accettare questi limiti hanno due scelte: selezionare un’area della medicina, come la radiologia, che non li metterà in situazioni che sono in conflitto con la loro moralità personale o, se non esiste tale area, lasciare la professione».

Le proposte «Medicare for All» eliminerebbero o eroderebbero anche la coscienza medica. In base a un disegno di legge, un medico, per essere pagato per i servizi resi, dovrebbe risultare come «»fornitore partecipante» approvato dal governo.

Il disegno di legge afferma che i fornitori partecipanti non possono «discriminare». Sembra giusto, fino a quando non si esamina da vicino la definizione di discriminazione, che va ben oltre comportamenti odiosi come il razzismo, per includere «sesso, inclusi stereotipi sessuali, identità di genere, orientamento sessuale, gravidanza e condizioni mediche correlate (compresa l’interruzione della gravidanza)».

Cosa significherebbe? Ad esempio, un ostetrico / ginecologo al quale hanno chiesto di eseguire un aborto, non potrebbe rifiutare perché sarebbe considerata una discriminazione «basata su condizioni mediche (inclusa l’interruzione della gravidanza)», con la potenziale pena di perdere lo status di fornitore partecipante, e quindi la possibilità di venire pagato dal governo per fornire servizi medici.

Lo stesso vale per un medico con la competenza adeguata, che non potrebbe rifiutarsi di trattare i bambini con disforia di genere, ad esempio inibendo la normale pubertà.

Dogma religioso

La marea che scorre contro la coscienza non minaccia solo di trascinare in profondità i singoli medici. Anche gli ospedali religiosi corrono improvvisamente il rischio di essere costretti a violare le credenze della loro chiesa affiliata.

Una corte d’appello in California ha stabilito che Dignity Health, un ospedale cattolico, potrebbe essere citato in giudizio per discriminazione, perché ha rifiutato di eseguire un’isterectomia transgender.

Non importa che le regole richiedenti il rifiuto non fossero rivolte direttamente ai pazienti transgender: la Chiesa cattolica proibisce ai suoi ospedali affiliati di rimuovere organi biologicamente sani e proibisce le procedure di sterilizzazione, tranne che per curare una patologia medica.

La domanda che richiede una risposta in tutto questo è: perché una coercizione così mirata contro i medici ippocratici? C’è davvero bisogno di un altro punto di conflitto nella cultura moderna? La risposta non ha tanto a che fare con le preoccupazioni per l’eventuale indisponibilità dei medici, quanto con il potente messaggio comunicato quando un medico rispettato dice no a procedure controverse o nuove.

L’ultima cosa che la mente moderna vuole sentire è: «Questa cosa che sostieni è moralmente sbagliata».

 

L’autore dell’articolo è il pluripremiato Wesley J. Smith, presidente del Centro sull’eccezionalissimo umano del Discovery Institute e consulente del Patients Rights Council.

Le opinioni espresse in quest’articolo sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

 

Articolo in inglese: Will Doctors Be Forced to Violate the Hippocratic Oath?

 
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