La causa della crisi? Non si ‘stampano’ abbastanza soldi

Negli Stati Uniti la Federal Reserve stampa denaro per far girare l’economia, o almeno in teoria. Infatti, la maggior parte di quello che consideriamo ‘denaro’ è creato dal sistema bancario.
Ma questo tipo di denaro oggi sta diminuendo, e questa carenza di denaro circolante causa l’attuale debole crescita economica e i bassi livelli di occupazione.

«Il denaro è importante, dominante – spiega Steve Hanke, professore di economia applicata all’università Johns Hopkins – ma i modelli tradizionali utilizzati in economia non includono il sistema bancario e non includono nemmeno il denaro».

Di fatto, esistono due tipi di moneta: la prima, è quella che può stampare la banca centrale, cioè la maggior parte delle banconote; la seconda, è la moneta che (sempre la banca centrale) può emettere in modo digitale, sotto forma di riserve a favore delle banche commerciali, che poi rimandano a un secondo momento la conversione in banconote.
Quindi, «il resto della massa monetaria è prodotto dalle banche, ed è per questo chiamato ‘denaro bancario’», spiega Hanke.

Le banche producono questo tipo di denaro in versione elettronica creando un ammontare corrispondente in crediti e depositi. Ad esempio, se si vuole accendere un mutuo per una casa del valore di 300 mila dollari, una volta che la banca avrà approvato il prestito, il saldo del conto corrente del mutuatario sarà salito di 300 mila dollari; e anche il totale dei prestiti concessi dalla banca sarà aumentato di 300 mila dollari. Nel momento in cui il contraente del mutuo userà questo deposito a suo favore di 300 mila dollari per pagare la casa, verrà creato del denaro che prima non esisteva.

CRESCITA ECONOMICA

Affinché la politica monetaria funzioni da stimolo per la crescita, sia il denaro creato dalla banca centrale che quello creato dalle banche commerciali deve aumentare. Attualmente questo non succede, ed è per questa ragione che l’uscita dalla crisi è ancora così lenta.

«Se si guarda alla domanda aggregata, l’economia è estremamente debole», continua Hanke, che in base alle sue ricerche sostiene che tutti i beni e i servizi nazionali statunitensi stanno crescendo soltanto del 3 percento in termini ‘nominali’ [cioè senza tener conto dell’inflazione, ndr]: «L’economia è molto debole, perché la massa monetaria è insufficiente, se si sommano denaro di Stato e denaro bancario».

Secondo l’ultimo bilancio aggiornato al 24 giugno 2016 della Fed, alla fine di giugno il denaro bancario era pari a 14,6 trilioni. Mentre il denaro emesso dalla Fed era di 1,15 trilioni di banconote circolanti più altri 2,1 trilioni di riserve elettroniche.

Il denaro stampato dalla Fed è aumentato di 3 volte e mezzo dopo il crollo della Lehman Brothers del 2008, e ora costituisce il 20 per cento della massa monetaria. Il denaro bancario invece è diminuito del 12 per cento, abbassando l’incremento complessivo al 3 per cento. Troppo poco.

IL DENARO DETERMINA LA CRESCITA

Secondo Hanke, l’aumento della massa monetaria è il primo passo verso la crescita. «La moneta è stata fortemente incompresa. Il denaro bancario è il ‘pezzo forte’, è quello che fa davvero girare il sistema», afferma il docente della Johns Hopkins, che a sostegno di questa dichiarazione cita esempi storici in cui la politica monetaria ha surclassato la politica fiscale.

«Nel 1990 il Giappone ha avuto una grande espansione fiscale che, da quell’anno, è poi continuata. La massa monetaria non è invece aumentata affatto. E come risultato oggi ci troviamo in un contesto deflazionistico e con due generazioni perse in termini di crescita economica», spiega ancora Hanke. Che cita poi gli anni dell’amministrazione Clinton, in cui è stata ridotta la componente di spesa del Pil, ma che hanno comunque visto una crescita senza precedenti e avanzi di bilancio, proprio grazie all’espansione monetaria attraverso le banche.

LA REGOLAMENTAZIONE STRANGOLA LA CREAZIONE DI DENARO

Dopo il collasso della Lehman Brothers del 2008, mentre la Fed stampava a tutta velocità, il sistema bancario tradizionale invece si è arrestato in una regolamentazione pro-ciclica.
Una delle parti fondamentali della normativa bancaria internazionale è la regolamentazione denominata ‘Basilea III’, che costringe le banche a incrementare il loro capitale fisso, o semplicemente a rafforzare il proprio capitale a controbilanciamento delle attività finanziarie rischiose.

Un modo per rientrare in quanto previsto dall’accordo Basilea III sarebbe quello di emettere nuove azioni. Ma per Hanke c’è un problema: «Se il valore delle proprie azioni è al di sotto del valore nominale, non è possibile emettere nuove azioni, perché verrebbe ‘diluito’ il valore delle azioni già emesse».
E infatti sono ben poche le banche che hanno emesso nuove azioni.

L’altro modo consiste nel liberarsi delle attività rischiose e sostituirle con asset che non richiedano nuovo capitale, spiega Hanke, in osservanza del regolamento di Basilea III, «e a quel punto ci si rifugia nei titoli di Stato o nel contante. Perché queste due opzioni sono considerate prive di rischi, e non richiedono altro capitale, come prevede l’accordo di Basilea». 

Tuttavia, nessuna di queste azioni incoraggia l’assunzione del rischio privato o negli investimenti produttivi, come fa invece un prestito commerciale.

Un ulteriore ostacolo, negli Usa, è costituito da un’altra legge, la ‘Dodd-Frank’, che regolamenta il settore bancario: «Ogni parola della Dodd-Frank dice “deleveraging” [riduzione dell’indebitamento, ndr] con la ‘D’ maiuscola. Anche questi – osserva Hanke – sono fattori che portano alla tanto ambita riduzione del rischio degli asset iscritti a bilancio».

Ultimo, ma non per importanza, è il potere decisionale degli ispettori bancari nell’applicare la legge.
Secondo Hanke, infatti, «gli ispettori bancari sono fortemente ‘pro-ciclici’: quando c’è il boom, tendono a rilassarsi perché tutto va bene. Quando tutto va a gonfie vele sono di manica larga, perché – da veri burocrati quali sono – la prima cosa cui pensano gli ispettori è naturalmente quella di tenersi stretto il posto di lavoro con annessi privilegi. Il risultato è che, quando poi arrivano problemi, si spaventano: diventano estremamente rigidi, e applicano la legge in modo molto più severo di quando c’è il boom. E così aggravano ulteriormente la situazione».
In conclusione, per Hanke la crescita lenta durerà fino a quando continuerà a sussistere la stretta monetaria in atto.


Articolo in inglese:
 Bank Money vs Paper Money, Which Matters More?                  

 
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