Una poesia di Michelangelo

Giunto è già ‘l corso della vita mia

Giunto è già ’l corso della vita mia,
con tempestoso mar, per fragil barca,
al comun porto, ov’a render si varca
conto e ragion d’ogni opra trista e pia.

Onde l’affettuosa fantasia
che l’arte mi fece idol e monarca
conosco or ben com’era d’error carca
e quel c’a mal suo grado ogn’uom desia.

Gli amorosi pensier, già vani e lieti,
che fien or, s’a duo morte m’avvicino?
D’una so ’l certo, e l’altra mi minaccia.

Né pinger né scolpir fie più che quieti
l’anima, volta a quell’amor divino
c’aperse, a prender noi, ’n croce le braccia.

(Michelangelo Buonarroti, Rime 285)

Quando si parla di Michelangelo Buonarroti (1475-1564) le prime cose che vengono in mente sono la pittura, la scultura e l’architettura; in realtà ‘il sommo artista’ è stato anche un prolifico poeta. Ad oggi si sono conservate circa 300 delle sue poesie, di cui 75 sono sonetti.

In questo profondo sonetto del 1554 dedicato a Giorgio Vasari, un anziano Michelangelo paragona la propria vita a una «fragil barca», che avendo attraversato un «tempestoso mar» di prove e tribolazioni, attende oramai soltanto l’ineluttabile giudizio divino.

Nella seconda quartina il sommo artista riflette sul proprio desiderio di diventare celebre grazie alla sua arte, che ormai gli appare sbagliato e illusorio, nonostante tutti gli uomini, spesso inconsapevolmente, lo perseguano.

Prosegue poi la sua profonda analisi interiore ripensando alla vacuità degli «amorosi pensier» che lo hanno accompagnato nel corso della vita; giacché si avvicina «a duo morte», l’una fisica, su cui il poeta non ha dubbi, e l’altra spirituale, da cui si sente minacciato.

Nei versi conclusivi Michelangelo esprime la sua irrequietezza: non riesce più a trovar pace nella pittura o nella scultura, desidera solo ricollegare la propria anima all’ «amor divino», che nella cultura rinascimentale è incarnato dalla figura di Gesù.

La tomba di Michelangelo nella Basilica di Santa Croce, a Firenze, Italia. (Rico Heil)
 
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