Il primo ministro israeliano Netanyahu, in una dichiarazione rilasciata a Washington, ha aperto alla possibilità di raggiungere un accordo di cessate il fuoco nella Striscia di Gaza e a un’intesa per la liberazione degli ostaggi. «Si conclude oggi una visita memorabile, al termine della storica vittoria nella guerra contro l’Iran. Gli accordi raggiunti con il presidente Trump su Gaza, e sulla regione, verranno resi noti in questa sede» ha affermato Netanyahum dicendo poi di aver incontrato le famiglie degli ostaggi e ribadendo l’impegno del governo per la loro liberazione: «Noi siamo determinati a riportare a casa tutti. Ho comunicato loro che stiamo cercando di ottenere il rilascio della metà degli ostaggi, vivi o deceduti, in cambio di un cessate il fuoco temporaneo di 60 giorni». La tregua dovrebbe segnare l’inizio di negoziati volti a porre fine in modo permanente al conflitto, «un cessate il fuoco duraturo» per cui Netanyahu ha indicato le condizioni imprescindibili di Israele: lo smantellamento delle capacità militari e governative di Hamas, la completa smilitarizzazione di Gaza e la resa delle armi da parte dell’organizzazione. «Se questi obiettivi potranno essere raggiunti attraverso negoziati, meglio. In caso contrario, saranno perseguiti con altri mezzi» ossia «con l’esercito» ha detto il Primo Ministro israeliano. Un principio, ha aggiunto, che vale anche nei confronti dell’Iran: «Se l’eliminazione della minaccia nucleare potrà essere ottenuta entro 60 giorni di negoziati tra Stati Uniti e Iran, sarà un risultato eccellente. In caso contrario, agiremo in altro modo».
Netanyahu ha poi riconosciuto le critiche provenienti dalla società israeliana e dalle stesse forze armate sulla durata del conflitto a Gaza, sottolineando la complessità operativa dell’area, che rappresenta uno scenario bellico senza precedenti per qualsiasi esercito moderno. A suo avviso, gran parte delle capacità militari di Hamas è stata neutralizzata, ma resterebbero ancora migliaia di miliziani. L’obiettivo, ha spiegato Netanyahu, è proseguire con una combinazione di diplomazia e forza militare, privilegiando la prima ma pronti a ricorrere alla seconda se necessario. Gerusalemme sembra intenzionata a concludere quella che viene descritta come una delle campagne militari più complesse e rischiose della Storia di Israele.