In seguito agli attacchi condotti da Israele e Stati Uniti contro siti nucleari iraniani e impianti per la produzione di missili balistici, sono aumentate le analisi che descrivono una fase di profonda crisi per l’asse della resistenza Iran-Hezbollah-Hamas, più altre milizie filoiraniane attive nella regione. Secondo diversi analisti, un asse ormai vicino al collasso.
Una delle analisi più dettagliate in merito e pubblicata il 9 luglio sul quotidiano Asharq Al-Awsat, è quella del commentatore libanese Hazem Saghieh, noto per le sue analisi sulla politica regionale.
Nell’articolo, si delinea un quadro in cui l’asse della resistenza appare indebolito e privo della capacità di incidere significativamente sugli sviluppi regionali. Una debolezza che sarebbe il risultato di più fattori. Uno dei punti centrali dell’analisi riguarda il ruolo di Hamas a Gaza: la milizia palestinese, al centro del conflitto con Israele, non sarebbe riuscita a ottenere i risultati concreti e i cambiamenti politici rilevanti che voleva, pur a fronte di pesantissime perdite umane, materiali e politiche per la popolazione civile. Un bilancio che, nella lettura di Saghieh, contribuisce a indebolire la credibilità dell’asse stesso.
Un altro elemento riguarda la frammentazione interna del fronte: tensioni tra attori chiave – come quelle tra Hezbollah e Hamas o tra l’Iran e alcune milizie – metterebbero in discussione la coesione dell’alleanza. A ciò si aggiungerebbe l’assenza di visione strategica: l’incapacità di cogliere le opportunità politiche e militari, viene letta come un segnale di disorientamento e perdita di slancio. Inoltre esiste una crescente distanza tra la retorica della “resistenza” e la realtà dei risultati ottenuti sul campo, che genera disillusione anche tra i sostenitori dell’asse.
Pur evidenziando la crisi dell’alleanza, Saghieh riconosce la persistenza di un nucleo ideologico all’interno di alcune sue componenti, determinato a proseguire il confronto armato. Tuttavia, l’articolo critica severamente la leadership del fronte, ritenuta priva di un piano d’azione chiaro e incapace di adattarsi a un contesto in continua trasformazione.
In Libano, Hezbollah, pur ribadendo il proprio peso politico e militare, si trova sotto crescenti pressioni interne e internazionali, e sta gradualmente perdendo influenza. Nella Striscia di Gaza, Hamas resta alla guida della resistenza contro Israele, ma è oggetto di crescenti critiche per le gravi conseguenze umanitarie ed economiche del conflitto in corso.
A livello regionale, l’incapacità di costruire un fronte realmente coeso contro Israele, accentua le divisioni e le tensioni tra i vari attori che compongono o sostengono l’asse.
Nel complesso, l’articolo di Saghieh restituisce l’immagine di un asse anti-Israele frammentato, impegnato a preservare la propria rilevanza ma sempre più distante dagli obiettivi dichiarati. La discrepanza tra aspirazioni ideologiche e risultati tangibili mette in luce, secondo l’autore, la necessità di un ripensamento strutturale e strategico. In assenza di tale revisione, avverte, il rischio è un ulteriore deterioramento del contesto regionale, già segnato da conflitti prolungati e assenza di soluzioni condivise.