La posizione saudita in merito a un’eliminazione di Khamenei

di Redazione ETI
24 Giugno 2025 15:06 Aggiornato: 4 Luglio 2025 14:27

Nel 2019, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha definito la Guida Suprema dell’Iran, Ali Khamenei, «il nuovo Hitler del Medio Oriente». In un’intervista al New York Times, ha infatti dichiarato: «L’Europa ci ha insegnato che la politica di conciliazione non funziona. Non permetteremo che questo ‘Hitler’ iraniano replichi in Medio Oriente quello che è avvenuto in Europa». Da allora, il panorama è mutato profondamente. L’Arabia Saudita ha recentemente inviato un messaggio diretto all’Iran, esortandolo a valutare l’accordo nucleare proposto dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, per scongiurare un attacco israeliano. Il messaggio è stato consegnato dal ministro della Difesa saudita, Khalid bin Salman, durante una visita a Teheran il 18 aprile, dove ha incontrato Khamenei.

Riyad teme che un’azione militare israeliana contro l’Iran, con un possibile coinvolgimento statunitense, la esponga a ritorsioni iraniane. Queste potrebbero manifestarsi attraverso missili balistici, droni, attacchi degli Houthi nello Yemen o danni alle infrastrutture strategiche saudite, come gli impianti petroliferi e le rotte marittime nello Stretto di Hormuz e a Bab al-Mandab. Secondo alti funzionari della sicurezza israeliana, l’Arabia Saudita ha compiuto un cambiamento strategico nella sua posizione verso lo storico rivale iraniano: l’obiettivo è ora salvaguardare il futuro economico del regno e prevenire conflitti militari che ne compromettano la stabilità.

Il 20 giugno, il giornalista saudita Abd al-Rahman al-Rashed, figura di spicco nel mondo arabo sunnita moderato, ha pubblicato un editoriale sul quotidiano Asharq al-Awsat, intitolato “Eliminazione della Guida Suprema – Un’idea folle”. Fonti della sicurezza israeliana ritengono che l’articolo rifletta la posizione della famiglia reale saudita. Nel testo, al-Rashed si oppone fermamente all’ipotesi che Israele possa assassinare Khamenei nel conflitto in corso, argomentando da prospettive strategiche, storiche e religiose. La Guida Suprema iraniana non è un semplice obiettivo militare, ma un simbolo religioso e spirituale, paragonabile a un santo, per cui la sua eliminazione rischierebbe di scatenare vendette religiose e conflitti sanguinosi. Il giornalista cita l’esempio degli Stati Uniti, che durante la Seconda Guerra Mondiale hanno evitato di colpire l’imperatore giapponese Hirohito, nonostante il suo ruolo nell’attacco a Pearl Harbor, per ragioni politiche e culturali, e richiama anche l’esecuzione di Saddam Hussein durante l’Eid al-Adha, un errore strategico che ha approfondito le divisioni con i sunniti in Iraq, alimentando un’instabilità ancora oggi presente in Iraq.

E sebbene Israele abbia dimostrato di poter eliminare figure come Hassan Nasrallah, al-Rashed, l’analisi del giornalista saudita sottolinea una differenza sostanziale: Khamenei non è solo un leader politico o militare, ma una figura centrale nel sistema iraniano, dotata di un’autorità che potrebbe persino favorire un clima di riconciliazione nazionale, come già avvenuto con Khomeini – il predecessore di Khamenei e il padre della Rivoluzione Islamica – alla fine della guerra Iran-Iraq nel 1988. L’editoriale di al-Rashed invita quindi a non cedere all’euforia del potere, né alle illusioni di vittorie militari effimere che poi generano un odio duraturo, ma propone una lotta ponderata, usando la minaccia della forza per ottenere una soluzione politica ma evitando un’escalation da cui sia impossibile poi tornare indietro. Una soluzione politica che, secondo al-Rashed, placherebbe le tensioni e porterebbe benefici a tutte le parti: Israele, Stati Uniti e Iran.

Abd al-Rahman al-Rashed, editore del canale Al-Arabiya ed ex direttore di Asharq al-Awsat, è una delle voci più autorevoli del mondo arabo saudita moderato ed è considerato vicino alla famiglia reale. Il suo editoriale riflette una tendenza emergente nel discorso politico arabo, in particolare tra i sunniti pragmatici: pur approvando, indirettamente, la distruzione delle infrastrutture militari e nucleari iraniane, vuole mettere in guardia da un’escalation su vasta scala con l’Iran, evidenziando come la via politico-diplomatica sia l’unica percorribile per stabilizzare finalmente il Medio Oriente.


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