La partita a scacchi di Abbas per dichiarare lo Stato palestinese all’Onu

Mahmud Abbas
Photo: foto di archivio, Christoph Soeder/dpa via Ansa.
Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha ricevuto ieri Hussein al-Sheikh, vice del presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas, a Riyadh. Fonti dell’Anp hanno affermato che l’incontro ha riguardato le misure adottate dall’amministrazione Trump contro l’Anp stessa e il rifiuto del governo americano di concedere visti d’ingresso negli Stati Uniti alla delegazione di Abbas – senza i quali non potranno partecipare all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite tra poche settimane – al fine di evitare a Abbas di dichiarare la creazione della nazione sovrana palestinese in sede Onu.
Da diversi mesi, Arabia Saudita e Francia guidano l’iniziativa volta a convocare una conferenza internazionale durante l’Assemblea generale dell’Onu a New York il mese prossimo, allo scopo di dichiarare uno Stato palestinese. Secondo fonti dell’Autorità Nazionale Palestinese, al-Sheikh è stato inviato in Arabia Saudita da Abbas per discutere col principe ereditario di come aggirare la decisione dell’amministrazione Trump. E ci sono diverse idee su come farlo: spostare le discussioni dell’Assemblea Generale da New York a Ginevra, o addirittura dichiarare lo Stato palestinese a Ramallah – in modo simbolico (e teatrale) – sulla tomba di Yasser Arafat, la figura che per i palestinesi è un “padre della patria” (una figura che è considerata l’equivalente palestinese della somma di Garibaldi, Cavour e Mazzini). Ma per adesso non è stata ancora presa alcuna decisione.
Alti funzionari dell’Autorità Palestinese dicono che l’Anp spera di raggiungere un’intesa con Donald Trump e convincerlo a concedere i visti ad Abbas e alla sua delegazione. Ma, secondo quanto hanno dichiarato al quotidiano Asharq Al-Awsat, il punto fermo della trattativa resta in ogni caso il fatto che l’Anp voglia dichiarare la sovranità palestinese. Ma per Abbas è una trattativa in salita. Alti funzionari dell’Autorità Nazionale Palestinese affermano che siano in corso importanti «consultazioni interne, nonché con i Paesi della regione», e sarebbero in corso colloqui con gli americani, parallelamente ai colloqui con influenti paesi arabi e occidentali, con l’obiettivo di convincere Washington a tornare sui suoi passi. Per Abbas, l’ideale sarebbe raggiungere un’intesa con gli americani, che stanno apertamente manifestando scarsa simpatia verso di lui e l’Anp. Fallito questo tentativo, si potranno prendere in considerazione altre misure, affermano le stesse fonti dell’Autorità Palestinese, sentite da Epoch Israele.
In alternativa, potrebbe essere spostare la riunione dell’Assemblea Generale a Ginevra – come accadde con Yasser Arafat nel 1988 – oppure mantenere la riunione a New York senza Abbas, causando maggiore imbarazzo a Trump, che potrebbe pronunciare il proprio discorso in videoconferenza o farlo pronunciare a un suo rappresentante.
Alti funzionari dell’Autorità Palestinese dicono che l’Anp spera di raggiungere un’intesa con Donald Trump e convincerlo a concedere i visti ad Abbas e alla sua delegazione. Ma, secondo quanto hanno dichiarato al quotidiano Asharq Al-Awsat, il punto fermo della trattativa resta in ogni caso il fatto che l’Anp voglia dichiarare la sovranità palestinese. Ma per Abbas è una trattativa in salita. Alti funzionari dell’Autorità Nazionale Palestinese affermano che siano in corso importanti «consultazioni interne, nonché con i Paesi della regione», e sarebbero in corso colloqui con gli americani, parallelamente ai colloqui con influenti paesi arabi e occidentali, con l’obiettivo di convincere Washington a tornare sui suoi passi. Per Abbas, l’ideale sarebbe raggiungere un’intesa con gli americani, che stanno apertamente manifestando scarsa simpatia verso di lui e l’Anp. Fallito questo tentativo, si potranno prendere in considerazione altre misure, affermano le stesse fonti dell’Autorità Palestinese, sentite da Epoch Israele.
In alternativa, potrebbe essere spostare la riunione dell’Assemblea Generale a Ginevra – come accadde con Yasser Arafat nel 1988 – oppure mantenere la riunione a New York senza Abbas, causando maggiore imbarazzo a Trump, che potrebbe pronunciare il proprio discorso in videoconferenza o farlo pronunciare a un suo rappresentante.
La decisione americana contro Abbas è arrivata contemporaneamente al sostegno dell’amministrazione a possibili misure israeliane contro l’Autorità Nazionale Palestinese, come l’applicazione della sovranità israeliana a parti della Giudea e della Samaria, l’avanzamento della costruzione nell’area di Ma’ale Adumim denominata 1E, la possibile evacuazione di Khan al-Ahmar, la confisca di ulteriori fondi palestinesi e i progressi sul piano “Emirato di Hebron” in risposta all’ondata internazionale favorevole al riconoscimento dello Stato palestinese.
Le politiche israeliane previste in Giudea e Samaria sono viste dall’Anp come una mossa drastica, concepita non solo per eliminare l’idea di uno Stato palestinese, ma anche per indebolire significativamente l’Anp stessa e frammentare la società palestinese. La dirigenza palestinese teme che azioni dirette degli Stati Uniti contro l’Anp e il loro appoggio a Israele possano in ultima analisi portare al collasso della Palestina. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha commentato la decisione di Trump di sospendere il rilascio di visti per gli Stati Uniti ai titolari di passaporto palestinese dichiarando: «A nome dello Stato di Israele, ringrazio il presidente Trump e il Segretario di Stato Rubio per la loro chiarezza morale. Negare i visti a chi glorifica il terrorismo non è una punizione: è giustizia. Non ci sono ricompense per il terrorismo né per la barbarie».
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