Il piano di Tony Blair per Gaza

di Redazione ETI/Epoch Israele
20 Settembre 2025 15:37 Aggiornato: 20 Settembre 2025 17:58

Il quotidiano saudita pubblicato a Londra Asharq Al-Awsat ha pubblicato questa mattina che l’ex primo ministro britannico Tony Blair ha incontrato il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas ad Amman, lo scorso luglio, per discutere del “giorno dopo” della guerra nella Striscia di Gaza. Blair avrebbe formulato un piano in base al quale un’autorità politica internazionale temporanea e una forza di sicurezza multinazionale sarebbero istituite accanto alle forze locali, fino al trasferimento della responsabilità all’Autorità Nazionale Palestinese. Il piano non prevede l’emigrazione degli abitanti di Gaza, ma anzi il mantenimento del diritto al ritorno alle proprie case.
Sempre secondo Asharq Al-Awsat, quattro fonti informate hanno indicato che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump avrebbe autorizzato Tony Blair a mobilitare il sostegno regionale e internazionale.

Il piano pubblicato da Asharq Al-Awsat descrive l’istituzione della “Gaza International Transitional Authority” tramite una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che fungerà da «autorità politica e giuridica suprema nella Striscia di Gaza durante il periodo di transizione».

L’Autorità sarà guidata da un Consiglio composto da sette a dieci membri, tra cui almeno un rappresentante palestinese (un uomo d’affari o un militare), un alto funzionario delle Nazioni Unite, personalità internazionali con esperienza dirigenziale o finanziaria e una significativa rappresentanza di Statia musulmani per rafforzare la legittimità a livello mediorientale. Il Consiglio sarà autorizzato a prendere decisioni vincolanti, approvare leggi e nomine e fornire orientamenti strategici. Riferirà al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Il presidente del Consiglio sarà eletto tramite accordo internazionale, ne gestirà le attività politiche ed esterne e si coordinerà con l’Autorità Palestinese. Al suo fianco ci saranno un Segretariato strategico composto da circa 25 membri, un’unità di protezione militare speciale composta fa forze internazionali (arabe incluse), nonché un Segretariato esecutivo che fungerà da organo direttivo e che supervisionerà un Comitato tecnocratico palestinese indipendente, che gestirà effettivamente Gaza. Le aree di responsabilità del Consiglio saranno: aiuti umanitari, riabilitazione, legislazione e giustizia, sicurezza e coordinamento con l’Autorità Palestinese.
Contemporaneamente, il piano dell’ex primo ministro britannico prevederebbe la nomina di un rappresentante del coordinamento per conto dell’Autorità Palestinese, il cui compito sia quello di garantire che le decisioni dell’autorità internazionale siano il più possibile coordinate con le decisioni dell’Autorità Palestinese, nell’ambito di un processo di unificazione di tutti i territori palestinesi sotto il suo controllo.

Il piano prevede poi l’istituzione di un’Autorità per la Promozione degli Investimenti e lo Sviluppo Economico e di un’autorità separata per la distribuzione dei sussidi governativi. Mentre la Gaza International Transitional Authority avrebbe il controllo sulle autorità locali di Gaza che forniscono servizi alla popolazione, una forza di polizia imparziale che garantisca l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini, un ramo giudiziario (presieduto da un giudice arabo) che supervisioni i tribunali e la pubblica accusa.
La polizia sarà supportata da una forza multinazionale, che lavorerà per proteggere i confini, impedire il ritorno delle milizie armate e garantire il regolare svolgimento delle operazioni umanitarie e di ricostruzione.

Quanto al costo, il budget ammonterebbe a 90 milioni di dollari il primo anno, 135 il secondo e 164 il terzo.

Il piano sarebbe già noto Ramallah (il centro decisionale politico dell’Autorità Palestinese) ma non sarebbe stato ancora approvato, perché sembra che  l’Autorità Nazionale Palestinese voglia l’esclusiva sul controllo di Gaza. Secondo alcune fonti citate da Asharq Al-Awsat, la priorità ora sarebbe aprire la strada alla creazione di un futuro Stato palestinese in Giudea e Samaria, a Gaza e a Gerusalemme Est. Inoltre, l’iniziativa avrebbe incontrato difficoltà a seguito del rifiuto degli Stati Uniti di concedere visti d’ingresso ad alti funzionari dell’Autorità Nazionale Palestinese e dell’attacco israeliano a Doha del 9 settembre, che ha decimato la dirigenza di Hamas. Sembra anche che Blair abbia cercato di convincere Hamas, attraverso contatti in Egitto e Qatar, a non ostacolare l’iniziativa.

Il piano si contrappone al suggerimento di Trump di far lasciare Gaza ai palestinesi e istituire un’unità per i diritti di proprietà per garantire che qualsiasi partenza volontaria non violi il diritto al ritorno o al mantenimento delle proprietà. Una fonte vicina alle trattative ha dichiarato a Epoch Israele: «Noi non abbiamo alcun piano per espellere gli abitanti di Gaza, Gaza appartiene al popolo di Gaza». Allo stesso tempo, il piano afferma esplicitamente la necessità di «smobilitazione, disarmo e reintegrazione», il che sembra significare che Hamas potrebbe continuare a esistere, ma come entità disarmata. Eventualità, questa, a cui il governo israeliano non darà mai il proprio assenso, visto che ha fatto dell’eliminazione (anche fisica) di Hamas un proprio punto fermo.

Il piano, che risulta non piacere all’Autorità Nazionale Palestinese, assegna a quest’ultima un ruolo coordinato ma limitato all’interno di un’altra struttura (la Gaza International Transitional Authority) richiedendo al contempo profonde riforme istituzionali. Ma solo per un periodo di tempo limitato: al termine del processo di rifondazione di Gaza, tutti i territori palestinesi dovrebbero tornare a essere governati dall’Autorità Nazionale Palestinese. Il problema è che anche questa è un’idea a cui Benjamin Netanyahu si è sempre opposto, il che solleva dubbi sulla volontà di Israele di accettare l’iniziativa. Tuttavia, sempre secondo Asharq Al-Awsat, Tony Blair avrebbe avuto un dialogo intenso anche con Israele, per cui in questo senso l’ultima parola potrebbe, forse, non essere detta. Come dire: un’Autorità Palestinese riformata e rifondata, ossia depurata dalle contiguità col terrorismo di Hamas o islamico in generale, potrebbe essere difficile da digerire per Gerusalemme, ma comunque digeribile. Mentre rispetto alla decisione che Hamas vada totalmente annientata, non sembra esserci la minima possibilità di marcia indietro. D’altra parte, secondo alcune fonti politiche di Epoch, Israele si opporrà in modo inamovibile a qualsiasi coinvolgimento dell’Autorità Palestinese nell’amministrazione della Striscia, all’indomani della fine della guerra.